Civile

La nozione di costruzione è unica e non può subire deroghe da norme secondarie

di Mario Finocchiaro

La nozione di costruzione, agli effetti dell'articolo 873 del Cc è unica e non può subire deroghe, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, da parte delle norme secondarie, in quanto il rinvio contenuto nella seconda parte del suddetto articolo ai regolamenti locali è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una distanza maggiore. Pertanto, chiarisce la sentenza n. 5163 del 2015 della Cassazione, è illegittima - e va dunque disapplicata - la norma tecnica di attuazione del Piano Regolatore Generale del comune di Pergine Valsugana in materia di distanze delle costruzioni dal confine, sia nella sua formulazione vigente, secondo cui i muri di contenimento con altezza inferiore a m 1,50 a sostegno di terrapieni o rampe fino a 45° possono essere costruiti nel solo rispetto delle distanze previste dal codice civile, sia nella sua formulazione anteriore, in base alla quale i muri con altezza inferiore a m 1,50, a sostegno di terrapieni o rampe, fino a 45° (pendenza 100%) non costituiscono costruzione e, pertanto, non debbono rispettare le distanze dai confini.

La nozione di costruzione - Come osservato in motivazione, nella pronunzia in rassegna, costituisce ius receptum, nella giurisprudenza di legittimità, sia il principio secondo cui ai fini della disciplina sulle distanze legali, è “costruzione” qualsiasi opera stabilmente infissa al suolo che, per solidità, struttura e sporgenza dal terreno, possa creare quelle intercapedini dannose che la legge, stabilendo la distanza minima tra le costruzioni, intende evitare, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata (ad esempio, Cassazione, ordinanza 12 marzo 2014 n. 5753; sentenze 17 dicembre 2013 n. 23189; 20 ottobre 2011 n. 15972), sia l'affermazione che il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non può considerarsi “costruzione” agli effetti della disciplina di cui all'articolo 873 del Cc per la parte che adempie alla sua specifica funzione, e, quindi, dalle fondamenta al livello del fondo superiore, qualunque sia l'altezza della parete naturale o della scarpata o del terrapieno cui aderisce, impedendone lo smottamento; la parte del muro che si innalza oltre il piano del fondo sovrastante, invece, in quanto priva della funzione di conservazione dello stato dei luoghi, è soggetta alla disciplina giuridica propria delle sue oggettive caratteristiche di costruzione in senso tecnico giuridico, e alla medesima disciplina devono ritenersi soggetti, perché costruzioni nel senso sopra specificato, il terrapieno e il relativo muro di contenimento elevati a opera dell'uomo per creare un dislivello artificiale o per accentuare il naturale dislivello esistente (Cassazione, sentenze 10 gennaio 2006 n. 145, nonché 22 gennaio 2010 n. 1217, secondo cui il muro di contenimento tra due fondi posti a livelli differenti, qualora il dislivello derivi dall'opera dell'uomo o il naturale preesistente dislivello sia stato artificialmente accentuato, deve considerarsi costruzione a tutti gli effetti e soggetta, pertanto, agli obblighi delle distanze previste dall'articolo 873 del Cc e dalle eventuali norme integrative).

Sulla prima parte della massima e, in particolare, per il rilievo che l'articolo 873 del Cc, mentre, da una parte, affida unicamente al codice civile la definizione di costruzione, dall'altra prevede che i regolamenti locali possano (unicamente) stabilire distanze maggiori, tra le costruzioni, con la conseguenza che eventuali definizioni di costruzione, contenute in tali regolamenti sono illegittime e devono essere disapplicate, sostanzialmente nello stesso senso cfr. Cassazione, sentenza 7 ottobre 2005 n. 19530 secondo cui la nozione di costruzione, agli effetti dell'articolo 873 del Cc, è unica e non può subire deroghe, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, da parte delle norme secondarie, in quanto il rinvio contenuto nella seconda parte del suddetto articolo ai regolamenti locali è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una “distanza maggiore” (e che, in applicazione di tale principio, ha cassato la sentenza del giudice di merito che, sulla base di una disposizione del regolamento edilizio comunale, aveva negato la qualità di costruzione ad un determinato manufatto).

Corte di cassazione - Sezione II civile - Sentenza 16 marzo 2015 n. 5163

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