Penale

Particolare tenuità del fatto, quel dilemma della “depenalizzazione”

di Alberto Cisterna


Ora che le Camere hanno espresso i pareri prescritti è possibile tentare qualche osservazione sullo schema di decreto legislativo che introduce nel nostro ordinamento la «particolare tenuità del fatto» come causa di esclusione della punibilità. La legge delega 67/2014, in un più ampio orizzonte di deflazione penale sia sul versante penitenziario che su quello processuale, ha ritenuto di dover accogliere le indicazioni di quanti da tempo sostenevano la necessità di un diritto sanzionatorio “minimo” da organizzare - non solo attraverso una contrazione del numero delle fattispecie - ma anche attraverso l'individuazione di un coefficiente significativo di lesione degli interessi tutelati.

Verso l'approvazione definitiva dello schema di decreto legislativo - Prima di esaminare le questioni tecniche legate alle scelte definitive che il legislatore delegato deve affrontare occorre dare un po' di contesto sullo stato dell'iter del provvedimento. Ma andiamo con ordine.
Il 1° dicembre 2014 il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di decreto delegato che recepiva le proposte elaborate dalla Commissione ministeriale presieduta dal professor Francesco Palazzo con l'obiettivo di rivedere il sistema sanzionatorio e dare attuazione alla legge delega 67/2014 in materia di pene detentive non carcerarie e depenalizzazione. Successivamente, così come vuole la legge, lo schema di Dlgs, recante disposizioni in materia di non punibilità per la particolare tenuità del fatto (per il testo si veda atto Camera n. 130), è stato trasmesso dal Governo alle Camere per il parere.
Il 3 febbraio scorso la Commissione giustizia della Camera ha dato il parere sul testo di legge e il giorno successivo, il 4 febbraio, si è espresso anche il Senato (si veda resoconto sommario n. 177). Ebbene, allo stato attuale - prima della pubblicazione in “Gazzetta Ufficiale” - lo schema di Dlgs attende il via libera definitivo del Consiglio dei ministri.

La riduzione dell'area penale e la lesione degli interessi protetti - Ritorniamo ora alle questioni gioco, che non sono di poco conto. Se la riduzione dell'area penale, attraverso la rimodulazione delle norme incriminatrici, è riservata in esclusivo al legislatore ordinario, la ponderazione di un gradiente minimo di lesione degli interessi protetti appartiene necessariamente all'interprete e, quindi, al giudice. La relazione che accompagna lo schema governativo, sia pure ad altri fini, non omette di considerare che già l'ordinamento penale conosce un meccanismo analogo e ricorda che esso si realizza attraverso il giudizio di inoffensività del fatto regolato dall'articolo 49, comma 2, del Cp (il cosiddetto reato impossibile).

Par chiaro che se il giudice può apprezzare l'insussistenza di un'effettiva lesione del bene tutelato (reato impossibile), analoga potestà potrà esercitare in ragione di una valutazione di «particolare tenuità» della condotta colpevole, anche se - è bene chiarire subito - non è questo l'unico parametro che viene in considerazione nel decreto di prossima pubblicazione.

Le polemiche emerse in sede parlamentare - L'ampiezza delle polemiche suscitate dallo schema e il tentativo di smorzarle traspaiono in piena evidenza dal raffronto tra quanto sostenuto dal Governo nella relazione che accompagna il provvedimento e il parere rilasciato dalla Camera dei deputati.
Si legge nel primo atto, senza infingimenti, che « l'istituto realizza quella che è stata efficacemente chiamata “depenalizzazione in concreto”, espungendo dall'area della punibilità quei fatti storici che ne appaiano “immeritevoli”». Nell'atto parlamentare si afferma, viceversa, che «dalle audizioni è emerso univocamente che l'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto non costituisce , neanche indirettamente, una forma di depenalizzazione».

LA PROPOSTA DEL GOVERNO E LE OPZIONI SUL TAPPETO

 

 

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