Penale

Oggi la decisione sulla legittimità del suicidio assistito

di G. Ne.

È attesa per oggi, al termine della camera di consiglio, la decisione della Corte costituzionale sulla legittimità del reato di assistenza al suicidio. Ieri nell’udienza pubblica si sono confrontate ancora una volta le tesi delle parti coinvolte. Innanzitutto i difensori di Marco Cappato, gli avvocati Filomena Gallo e Vittorio Manes; la condotta di Cappato, esponente radicale, ha fatto esplodere il caso, con la scelta prima di aiutare Fabiano Antoniano (Dj Fabo) nel togliersi la vita in Svizzera nel 2017 e dopo di autodenunciarsi davanti ai giudici di Milano. Ed è stata la Corte d’appello di Milano a chiamare in causa la Consulta per verificare la fondatezza dell’esistenza nel nostro Codice penale di una norma che punisce, tra l’altro, allo stesso modo chi istiga al suicidio e chi presta “solo” un aiuto.

La Consulta a ottobre 2018 aveva scelto di prendere tempo in una questione tanto delicata, chiedendo al Parlamento, con 12 mesi di tempo, di battere almeno un colpo. Così non è stato e ora sembrano essere maturi i tempi di una sentenza destinata certo a rappresentare un punto di riferimento non solo giuridico. Tanto da far già scendere in campo, preventivamente, l’Assocazione dei medici cattolici italiani: «Almeno 4mila medici cattolici sono pronti a fare obiezione di coscienza nel caso in cui, a seguito della pronuncia della Consulta, il Parlamento italiano legiferasse a favore del suicidio medicalmente assistito».

I legali di Cappato, preso atto del fallimento delle forze politiche nell’individuare una soluzione, hanno chiesto di dichiarare l’incostituzionalità della norma «anche in nome della tante persone che si trovano nelle condizioni di Fabiano e si recano all’estero per congedarsi dalla vita». Numeri in aumento, visto che sono 761 le persone che, dal 2015, si sono rivolte all’Associazione Luca Coscioni per chiedere informazioni su come ottenere il suicidio assistito all’estero: di queste, almeno 115 si sono poi effettivamente rivolte a cliniche in Svizzera, ma alcuni di questi malati hanno successivamente cambiato idea.

Per l’Avvocatura dello Stato, invece, la questione di incostituzionalità sollevata dalla Corte d’Assise di Milano va giudicata inammissibile perché, come messo in evidenza già un anno fa, spetta al Parlamento trovare un punto di equilibrio tra i tanti interessi in gioco. E anche ieri ha sottolineato l’esigenza di arrivare «a una disciplina generale della materia».

La stessa Consulta, peraltro, nell’ordinanza 207 del 2018 riconobbe l’esemplarità del giudizio: situazioni inimmaginabili all’epoca in cui la norma del Codice penale fu introdotta, «ma portate sotto la sua sfera applicativa dagli sviluppi della scienza medica e della tecnologia, spesso capaci di strappare alla morte pazienti in condizioni estremamente compromesse, ma non di restituire loro una sufficienza di funzioni vitali».

Il riferimento era (ed è), più in particolare, alle ipotesi in cui la persona interessata è, chiarì la Corte, «a) affetta da una patologia irreversibile e (b) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia (c) tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti (d) capace di prendere decisioni libere e consapevoli».

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