Penale

Esposizioni professionali e responsabilità penale. Successione dei garanti e valutazione del nesso causale

Con la pronuncia n. 34341/2020, la Suprema Corte di Cassazione torna ad occuparsi della riconducibilità causale delle morti da mesotelioma ed asbestosi alle emissioni di fibre di amianto sul luogo di lavoro

di Mattia Miglio


Nella vicenda al vaglio della Corte, ai due imputati - entrambi ex dirigenti presso lo stabilimento ove si era verificata la diffusione delle polveri sottili di amianto - venivano contestati plurimi omicidi colposi non solo in danno di ex dipendenti dello stabilimento stesso, ma anche in pregiudizio di persone estranee alle lavorazioni che avevano comunque avuto contatti con particelle di amianto provenienti dal luogo di lavoro o che risidevano nei pressi dello stabilimento stesso.

Nell'annullare la sentenza della Corte d'Appello, la Suprema Corte si occupa, in via preliminare, di circoscrivere l'arco temporale in cui si estende la posizione di garanzia dei due imputati: uno di essi aveva infatti rivestito la qualifica di Amministratore Delegato nel periodo compreso tra il 1981 e il 1985 (nel periodo antecedente e successivo aveva ricoperto - all'interno del gruppo - cariche apicali ma sprovviste di concreti poteri decisionali), mentre l'altro imputato aveva ricoperto la carica di direttore di stabilimento tra il 1981 e il 1985 e la carica di consigliere privo di poteri decisionali successivamente al 1985.

Ciò posto, la Suprema Corte delimita la posizione di garanzia per entrambi gli imputati nel solo quadriennio 1981-1985, sull'assunto per cui tale obbligo opera solo per l'ipotesi in cui ai vertici aziendali vengano effettivamente attribuiti poteri gestionali in materia di sicurezza sul lavoro, non essendo sufficiente la mera e formale attribuzione di una carica apicale.
In ossequio alle indicazioni fornite da Cass. 55005/2017, la Corte precisa infatti che "il mero riferimento al suo inserimento nel board societario non é appagante, a considerare che, sebbene sia vero che possono assumere posizioni di garanzia anche i componenti del comitato esecutivo (c.d. board) di una società, tali posizioni sono condizionate al fatto che sia ravvisabile la loro reale partecipazione ai processi decisori, cioé la loro ingerenza nelle scelte decisionali e nell'ambito operativo della società, con particolare riferimento alle condizioni di igiene e sicurezza del lavoro (cfr., condivisibilnnente, Sez. 4, n. 55005 del 10/11/2017, Pesenti e altri, Rv. 271719: fattispecie in cui é stata confermata la sentenza che aveva assolto i componenti del comitato esecutivo di una società dal reato di omicidio colposo ai danni di lavoratori esposti ad amianto, sia perché il comitato non si era mai riunito, sia perché attribuzioni e poteri erano stati "di fatto, in modo sostanziale" delegati all'amministratore delegato e a determinati soggetti non componenti del comitato esecutivo né membri del consiglio d'amministrazione)" (p. 12).

Circoscritta così l'operatività della posizione di garanzia al periodo sopra indicato, la Corte esamina il meccanismo della patogenesi del mesotelioma (sui casi di asbestosi, si tornerà più avanti, cfr. par. 4).

In via preliminare, la Cassazione sgombera subito il campo da un possibile equivoco.
Non è in discussione la riconducibilità delle morti da mesotelioma alle polveri da amianto (si legge infatti "dando per scontato che tutte le vittime abbiano contratto il mesotelioma pleurico a causa delle polveri di amianto disperse nello (o dallo) stabilimento", p. 19); piuttosto occorre valutare se vi sia una correlazione "tra tale riferibilità causale e quanto accaduto nel periodo in cui gli imputati ricoprirono la posizione di garanti, a fronte del succedersi di posizioni di garanzia in costanza di esposizione delle vittime all'amianto" (p. 12).

Nel fornire risposta a tale quesito, la Suprema Corte prende spunto dalle conclusioni raggiunte dalla III Consessus Conference, secondo cui il meccanismo patogenetico del mesotelioma si compone di fasi distinte: "quella della c.d. induzione (a sua volta distinta in iniziazione e promozione) in cui ogni successiva esposizione é rilevante sul piano causale ai fini del prodursi del mesotelioma pleurico maligno; e la fase della c.d. progressione, o latenza in cui il processo carcinogenetico é irreversibile e ogni successiva esposizione all'amianto é ormai irrilevante. Lo spartiacque fra le due fasi - ossia il momento in cui termina la fase dell'induzione e quello dopo il quale si colloca la fase della progressione o latenza clinica - é costituito dal c.d failure time, che segna il momento a partire dal quale le ulteriori esposizioni all'amianto sono prive di rilevanza causale" (p. 13).

Calando tali principi nel caso di specie, il nodo cruciale è quindi stabilire con ragionevole certezza "che il failure time si sarebbe collocato o nel corso del periodo in cui" i due imputati "esercitarono funzioni di garanti, o successivamente a tale periodo" (p. 13).

Per pervenire a tale valutazione, il giudice di merito deve affidarsi a leggi scientifiche e calarle nel caso concreto: quindi, la valutazione della prova scientifica - sul punto, si precisa che "il giudice di merito, tramite una documentata analisi della letteratura scientifica in materia, con l'ausilio di esperti qualificati ed indipendenti, é tenuto a valutare l'attendibilità di una determinata teoria attraverso la rigorosa verifica di una serie di parametri oggettivi, tra cui la validità degli studi che la sorreggono, le basi fattuali su cui gli stessi sono stati condotti, l'ampiezza e la serietà della ricerca, le sue finalità, il grado di consenso che raccoglie nella comunità scientifica e l'autorevolezza e l'indipendenza di chi ha elaborato detta tesi (Sez. 3, Sentenza n. 11451 del 06/11/2018, dep. 2019, Chianura, Rv. 275174; in termini sostanzialmente analoghi Sez. 4, Sentenza n. 22022 del 22/02/2018, Tupini e altri, Rv. 273586)" - deve armonizzarsi e raccordarsi con le conclusioni raggiunte da tempo dalla giurisprudenza di legittimità in tema di nesso causale.

In particolare, il giudice di merito - così si legge nelle motivazioni - è tenuto a porre in essere lo statuto epistemologico indicato dalla fondamentale sentenza Cozzini, "imprescindibile punto di riferimento in subiecta materia" ove "si afferma, in particolare, che l'affermazione del rapporto di causalità tra le violazioni delle norme antinfortunistiche ascrivibili ai datori di lavoro e l'evento- morte (dovuta a mesotelioma pleurico) di un lavoratore reiteratamente esposto, nel corso della sua esperienza lavorativa, all'amianto, sostanza oggettivamente nociva, é condizionata all'accertamento:
(a) se presso la comunità scientifica sia sufficientemente radicata, su solide e obiettive basi, una legge scientifica in ordine all'effetto acceleratore della protrazione dell'esposizione dopo l'iniziazione del processo carcinogenetico;
(b) in caso affermativo, se si sia in presenza di una legge universale o solo probabilistica in senso statistico;
(c) nel caso in cui la generalizzazione esplicativa sia solo probabilistica, se l'effetto acceleratore si sia determinato nel caso concreto, alla luce di definite e significative acquisizioni fattuali;
(d) infine, per ciò che attiene alle condotte anteriori all'iniziazione e che hanno avuto durata inferiore all'arco di tempo compreso tra inizio dell'attività dannosa e l'iniziazione della stessa, se, alla luce del sapere scientifico, possa essere dimostrata una sicura relazione condizionalistica rapportata all'innesco del processo carcinogenetico (Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010, Cozzini e altri, Rv. 248943; tra le tante conformi si veda ad es. Sez. 4, Sentenza n. 18933 del 27/02/2014, Negroni e altri, Rv. 262139)
". (pp. 14-15).

Tale percorso metodologico è stato così chiaramente esplicitato da Autorevole dottrina: "Questa la sostanza dei quesiti: Tu, giudice di merito, devi chiedere al perito se esiste una legge scientifica sufficientemente corroborata che affermi la rilevanza di quelle esposizioni. Se si: è una legge universale o una legge statistica? E se vi è una legge universale o statistica che dica che la rilevanza causale è possibile, cosa è stato accertato nel caso concreto? Abbiamo elementi per ritenere che quella correlazione, affermata a livello generale come possibile, sussista nel caso concreto?" (PULITANO', Personalità della responsabilità: problemi e prospettive, in Riv.It.Dir.Proc.Pen., 2012, pp. 1231 ss.).

Ciò consente al giudice di merito di "acquisire processualmente la certezza (dandone poi adeguatamente conto in motivazione) che, nel periodo di assunzione della posizione di garanzia da parte del soggetto chiamato a rispondere degli esiti letali dell'esposizione, quest'ultima fosse causalmente idonea ai fini della patogenesi e dell'accelerazione del decorso infausto della malattia. Ciò che può avvenire unicamente sulla base di tesi qualificate ed accreditate dalla comunità scientifica, idonee come tali a dare copertura logica all'accertamento processuale; e, ad esempio - nel caso di adesione alla già ricordata teoria dose - correlata e ai risultati della III Consensus - collocando con certezza il c.d. failure time o nel corso del periodo in cui il garante espletava le sue funzioni, o "a valle" di tale periodo" (cfr. p. 16).

Infatti, l'indagine sulla sussistenza del nesso eziologico mai può arrestarsi al livello della causalità generale la quale, a tutto concedere, si limita a indicare l'astratta idoneità di alcuni fattori a cagionare una determinata patologia tumorale. Del resto, la causalità generale trova il suo campo di applicazione solamente nella fase preventiva della cancerogenesi - proprio perché tale relazione causale non può che indicare solamente che una data sostanza è astrattamente in grado di causare una patologia tumorale - e si limita ad indicare i soli comportamenti preventivi da tenere per scongiurare che una determinata popolazione possa contrarre una data patologia tumorale.

Ma tale causalità nulla ci dice circa la ricostruzione del nesso eziologico del singolo tumore che deve essere sottoposto al vaglio dell'organo giudicante secondo i termini e le modalità indicate dalla sentenza Cozzini.

Tornando al caso di specie, la Suprema Corte ritiene che la valutazione operata dai giudici di merito non abbia rispettato pienamente il percorso indicato dalla Cozzini.

Le motivazioni dei giudici di merito (riportate dalla Suprema Corte), da un lato, hanno infatti rilievo cruciale all'attuale incertezza ed indeterminatezza della prima esposizione e del vero periodo di latenza (la sentenza riporta i seguenti passaggi delle sentenza di merito a p. 18: "Sulla "plausibilità" di tale criterio di interpretazione, osserva ancora il Tribunale, anche i consulenti della difesa hanno convenuto, evidenziando però che «la vera questione posta da questa linea di analisi é a questo punto data dall'indeterminatezza della prima esposizione e, soprattutto, del vero periodo di latenza»: questione, quest'ultima, che lo stesso Tribunale indica come quella cruciale, rinviandone però l'esame nell'analisi della causalità particolare, ossia del singolo caso", "«attesa la mancanza, allo stato dell'arte, di una solida spiegazione tossicologica, e l'equivocità o quantomeno la plurivocità del dato epidemiologico, che l'argomento della relazione tra dose di asbesto assorbita e rischio di mesotelioma pleurico non può considerarsi come un campo di indagine chiarito dalla scienza in modo definitivo»" o ancora "«la dicotomia tra la teoria della "trigger dose" (...) e quella del modello multistadio della cancero genesi (...) appare artificiosa. E ciò per il semplice fatto che al momento non si conoscono le precise dinamiche dell'innesco causale. Risulta del tutto arbitrario privilegiare una visione a scapito dell'altra, ben potendo le stesse spiegare "pro quota" una parte delle malattie effettivamente insorte»").

Sennonché, nonostante tali asserzioni, la Corte d'Appello aveva comunque collocato il c.d. failure time 10 anni prima della diagnosi tumorale, sulla scorta di un mero riferimento - privo di argomentazione - richiamato da un consulente tecnico in sede di esame.

Ragion per cui la Suprema Corte censura le conclusioni raggiunte sentenza impugnata in tema di nesso eziologico: si legge infatti che "dando per scontato che tutte le vittime abbiano contratto il mesotelioma pleurico a causa delle polveri di amianto disperse nello (o dallo) stabilimento di omissis (con conseguente esclusione di decorsi causali alternativi), si rileva che l'arco temporale all'interno del quale si colloca, nei singoli casi, l'esposizione all'amianto é in tutti i casi assai ampio, e non é dato determinare con univoca certezza se il periodo 1981/1985 (in cui, secondo quanto si é detto, ambedue gli imputati ricoprirono posizioni di garanzia) abbia o meno trovato collocazione all'interno della fase di induzione delle singole cancerogenesi" (pp. 19-20).

Da ultimo, la Suprema Corte censura anche le conclusioni della Corte d'Appello anche in relazione alla ricostruzione del nesso causale nei casi asbestosi: una ricostruzione del tutto carente, dal momento che i giudici di merito " si sono contentati di correlare la patologia e il conseguente decesso alla loro esposizione all'asbesto presso la Fibronit, ove il omissis (che non aveva mai abitato a omissis e che morì nel 2008) lavorò dal omissis al omissis, e il omissis (che invece vi aveva sempre abitato, a 500 metri di distanza dallo stabilimento, fino alla morte, avvenuta omissis) aveva lavorato dal omissis al omissis. Alcuna indagine risulta operata, né alcuno sforzo argomentativo risulta compiuto nella sentenza impugnata, a proposito della rilevanza eziologica dell'esposizione all'amianto, ai fini del decesso delle due vittime da ultimo menzionate, nel periodo in cui i due ricorrenti rivestirono posizioni di garanzia" (p. 21).

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