Società

Il delicato equilibrio tra merger control e "interesse nazionale", spunti dall'analisi della legislazione emergenziale

La normativa in commento riaccende il dibattito in ordine all'opportunità di derogare alle regole in materia di merger control per creare imprese leader a livello nazionale o europeo (i c.d. National o European Champions)

di Edoardo Gambaro*, Massimiliano Pizzonia**


Nel contesto dell'emergenza sanitaria determinata dalla pandemia, il Legislatore italiano ha introdotto due ipotesi di deroga al controllo delle concentrazioni, finalizzate a rimuovere ostacoli alla realizzazione di operazioni di concentrazione che presentino "interesse nazionale".

Prima di procedere all'esame di tali deroghe, è utile premettere che l'art. 25, l. 287/1990 attribuisce al Consiglio dei Ministri la possibilità di determinare, in linea generale e preventiva, i criteri sulla base dei quali "l'Autorità può eccezionalmente autorizzare, per rilevanti interessi generali dell'economia nazionale" operazioni altrimenti vietate. L'AGCM, nell'autorizzare tali operazioni, può eventualmente prescrivere misure idonee a ristabilire le condizioni di concorrenza entro un determinato termine.

L'art. 171, comma 4 del D.L. "Rilancio", che si inserisce nel regime di sostegno alla liquidazione coatta amministrativa (l.c.a.) delle banche di piccole dimensioni, dispone che sono autorizzate in deroga alla legge nazionale antitrust le operazioni di trasferimento a una banca acquirente di attività e passività, di azienda o rami d'azienda nonché di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco (c.d. compendio ceduto) di una banca in l.c.a.

Nel caso, l'operazione si intende autorizzata senza necessità di notifica preventiva e senza che l'Autorità possa imporre eventuali misure correttive. Anche in ragione del carattere permanente della disciplina, l'AGCM, con segnalazione trasmessa al Parlamento, auspicava che la norma venisse rivista prevedendo la previa comunicazione dell'operazione e la possibilità di prescrivere eventuali rimedi, in linea con quanto disposto dall'art. 25, l. 287/1990.

Con l'art. 75 del D.L. "Agosto", poi convertito in legge, il Legislatore, forse recependo i rilievi dell'AGCM al D.L. "Rilancio", introduceva un'ulteriore procedura (temporanea) di autorizzazione delle concentrazioni in deroga, caratterizzata da una struttura maggiormente in linea con lo schema tracciato dall'art. 25 della legge antitrust.

Tale procedura trovava applicazione rispetto alle concentrazioni, notificate all'AGCM prima del 31 dicembre 2020, "riguardanti imprese operanti in mercati caratterizzati dalla presenza di servizi ad alta intensità di manodopera (…), ovvero di interesse economico generale (…), che abbiano registrato perdite di bilancio negli ultimi tre esercizi e che, anche a causa degli effetti derivanti dall'emergenza sanitaria, potrebbero cessare le loro attività", le quali sono ritenute "di rilevante interesse per l'economia nazionale".

In presenza di tali condizioni, l'Autorità non poteva proibire la concentrazione ma solamente autorizzarla imponendo, se del caso, rimedi comportamentali, tenuto conto della sostenibilità complessiva dell'operazione.

La procedura in esame, invece, escludeva la possibilità di imporre i c.d. rimedi strutturali (e.g. cessione di rami d'azienda), normalmente considerati più idonei a limitare gli effetti anticoncorrenziali delle concentrazioni tra imprese concorrenti. Inoltre, erano previsti termini accelerati poiché l'AGCM doveva approvare la concentrazione entro 30 giorni dalla notifica, sentiti il MISE e l'Autorità di regolamentazione del settore, senza poter aprire un'istruttoria volta ad analizzare approfonditamente l'operazione (come solitamente avviene in presenza di merger problematiche).

Un'applicazione della norma in commento si è avuta con l'acquisizione da parte di Poste Italiane del suo principale concorrente, Nexive, autorizzata dall'AGCM con delibera del 22 dicembre 2020.

Ritenuta applicabile la procedura di cui all'art. 75, l'Autorità approvava l'operazione prescrivendo una serie di misure comportamentali finalizzate ad attenuare l'impatto sulla concorrenza nel settore dei servizi postali.

Tra i rimedi imposti all'acquirente figurano, inter alia, (i) l'impegno a mantenere i livelli di servizio applicati ai clienti esistenti per 24 mesi, nonché (ii) obblighi volti a garantire l'accesso dei concorrenti di Poste alla rete infrastrutturale di quest'ultima.

È interessante notare come l'Autorità, anche sulla scorta delle osservazioni trasmesse da concorrenti e clienti, abbia rilevato che l'operazione – in assenza della normativa speciale in commento – non avrebbe potuto essere autorizzata (punto 146 della decisione).

Infatti, a suo dire, essa determinerà l'uscita dal mercato del principale concorrente di Poste, contribuendo a creare una posizione di sostanziale monopolio in una serie di ambiti, quale il settore della corrispondenza per utenti business. Ciò anche in ragione del fatto che la target era l'unica altra impresa dotata di una rete end-to-end sul territorio nazionale.

Parimenti degna di nota appare la velata contestazione dell'AGCM in ordine all'impossibilità di analizzare compiutamente l'efficacia dei rimedi offerti da Poste, risultando tale valutazione "fortemente compromessa dalla mancata previsione di poteri istruttori, oltre che dalla stretta tempistica" (punto 153). Non a caso, nel provvedimento si prospetta la possibilità di un futuro intervento regolamentare finalizzato a consentire una maggiore concorrenza nei servizi postali (punto 157).

La normativa in commento riaccende il dibattito in ordine all'opportunità di derogare alle regole in materia di merger control per creare imprese leader a livello nazionale o europeo (i c.d. National o European Champions).

Non è la prima volta, infatti, che il nostro ordinamento contempla una simile disposizione. Già nel 2008 il Legislatore aveva introdotto una norma di tenore analogo, l'art. 1, comma 10, D.L. 134/2008, tramite il quale veniva esclusa la necessità di autorizzazione antitrust per l'acquisizione da parte di CAI di alcuni beni del gruppo Alitalia e del controllo esclusivo su Air One. Posto che tale operazione aveva creato una posizione di monopolio sulla rotta Linate-Fiumicino, l'AGCM aveva successivamente aperto un'istruttoria di monitoraggio nel 2011, conclusasi con l'ordine di rimuovere tale monopolio (il che è avvenuto con l'assegnazione di slot a easyJet nel 2012).

Tale disposizione era stata ritenuta costituzionalmente conforme con sentenza della Corte Costituzionale n. 270/2010, la quale confermava la possibilità per il Legislatore di disporre l'autorizzazione di concentrazioni "in vista del contemperamento con altri interessi costituzionalmente rilevanti, diversi da quelli inerenti all'assetto concorrenziale del mercato" (nel caso di specie, la necessità di evitare la dissoluzione di un'impresa strategica e garantire la continuità del trasporto aereo).

Deroghe alla normativa antitrust, fondate su ragioni di interesse pubblico, sono previste, secondo varie forme, anche in altri Stati membri UE (quali Paesi Bassi, Francia e Germania). Ad esempio, la legislazione olandese prevede la possibilità per il Governo di "approvare" una concentrazione, sovvertendo l'esito della decisione dell'Autorità nazionale.

Orbene, il Governo dei Paesi Bassi ha recentemente fatto uso di tali poteri per consentire l'acquisizione da parte dell'incumbent del settore postale, PostNL, del principale concorrente, Sandd, precedentemente proibita dall'Autorità. L'overruling del Governo è stato, tuttavia, a sua volta annullato da una Corte nazionale.

Eccezioni simili sono previste anche dalla normativa UE in materia di aiuti di Stato. L'art. 108(2) TFEU attribuisce al Consiglio, previa delibera unanime e su richiesta dello Stato erogatore, il potere di qualificare come "compatibile con il mercato interno" un aiuto di Stato, in deroga a quanto previsto dall'art. 107 TFEU. Si tratta, tuttavia, di una facoltà raramente utilizzata.

Di recente, alcuni Governi europei, capeggiati da Francia e Germania, hanno invocato l'introduzione di modifiche alle merger control rules volte a favorire la creazione di "European Champions", a prescindere dall'impatto sulla concorrenza nel mercato di riferimento.

Tra le proposte contenute nel c.d. manifesto franco-tedesco vi era, ad esempio, quella di introdurre un meccanismo analogo a quello previsto dal citato art. 108(2) TFEU, volto a consentire agli Stati membri, in seconda battuta, di autorizzare una concentrazione che avesse ricevuto un parere contrario della Commissione. Altri Stati membri si sono successivamente uniti alla proposta franco-tedesca, compresa l'Italia.

La previsione di simili deroghe è generalmente avversata dalle Autorità antitrust, come emerge dai citati passaggi della decisione Poste/Nexive nonché dai rilievi mossi dall'AGCM alla procedura di cui al D.L. "Rilancio".

I dirigenti apicali della Commissione europea continuano a ritenere che l'"alleggerimento" del regime di merger control non possa costituire un mezzo idoneo per rafforzare la competitività delle imprese europee. A ciò si aggiunga che il Direttore Generale di DG-COMP ha recentemente rimarcato l'esigenza di applicare il medesimo legal standard all'analisi di qualsiasi concentrazione, così escludendo la possibilità di "favorire" la creazione di European Champions.

Proprio l'inflessibilità della Commissione e delle autorità antitrust nazionali sembra, per il momento, aver arrestato le istanze franco-tedesche. Al riguardo, potrebbe avere influito anche la recente proposta della Commissione di introdurre meccanismi di controllo dei sussidi erogati da Stati extra-UE per evitare distorsioni del level playing field all'interno del mercato unico (v. il White Paper on Foreign Subsidies del 17 giugno 2020).

A ben vedere, la normativa introdotta dal D.L. "Agosto" può essere considerata anche come l'"istituzionalizzazione" della c.d. failing-firm defence, un argomento che le merging parties possono sollevare per sfuggire allo scrutinio dell'Autorità (peraltro invocato da Poste in sede di notifica).

Secondo la prassi della Commissione UE, che in rari casi (Nynas/Shell; Olympic/Aegean II) ha accolto tale difesa, la failing-firm defence trova applicazione, tra l'altro, ove (i) l'impresa acquisita sia destinata ad uscire dal mercato a causa di difficoltà finanziarie e (ii) non vi siano alternative meno restrittive per la concorrenza rispetto alla prospettata acquisizione.

Al ricorrere di tali condizioni, la Commissione può autorizzare anche concentrazioni problematiche a livello antitrust.

La normativa emergenziale di questo periodo sembra recepire tali principi, prevedendo però condizioni meno stringenti. Infatti, il citato art. 75 non richiede la prova dell'assenza di alternative meno restrittive e, di conseguenza, apre alla possibilità di acquisizioni di failing firms da parte di imprese dominanti. Si tratta di una scelta conforme alla ratio della norma che sembra quella di salvaguardare posti di lavoro, anche a prescindere dall'impatto sulla concorrenza (non a caso la deroga si applica a imprese attive in settori "ad alta intensità di manodopera").

Per concludere, la scelta dei Governi nazionali di derogare, in via eccezionale, alle regole in materia di merger control per rafforzare la propria industria o contenere gli effetti di una crisi finanziaria, può apparire plausibile o addirittura opportuna in alcuni casi.

Tuttavia, la ricostituzione di dinamiche concorrenziali in mercati caratterizzati da monopoli o posizioni dominanti, costituiti per effetto di concentrazioni, può essere impresa ardua. Pertanto, fermo restando che il ricorso a tali deroghe dovrebbe essere circoscritto a casi eccezionali, è auspicabile che i mercati interessati siano soggetti a monitoraggio da parte dell'Autorità, di modo da poter valutare la necessità di futuri interventi, anche di natura regolamentare, volti a mitigare l'impatto concorrenziale.

Non è però possibile escludere che un intervento regolamentare ex post possa dare adito ad ulteriori criticità o comunque risultare meno efficace rispetto ai "tradizionali" rimedi strutturali. È innegabile che l'ideazione e implementazione di una misura regolamentare efficace presenti profili di elevata complessità, stante la difficoltà nel prevedere accuratamente lo sviluppo futuro di un mercato, avuto riguardo anche alla continua evoluzione tecnologica di alcuni settori.

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* Edoardo Gambaro, Partner Studio Greenberg Traurig Santa Maria.

** Massimiliano Pizzonia, Associate Studio Greenberg Traurig Santa Maria

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