Civile

Contributi "Impresa SIcura": imponibilità o esenzione?

Riflessioni in ordine al trattamento fiscale del contributo relativo al bando "Impresa SIcura", di cui all'art. 43, 1 co. del Dl. n. 18/2020 (c.d. Cura Italia), mediante il quale sono state rimborsate le spese sostenute per l'acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale (DPI) finalizzati al contrasto del COVID-19

di Federico Lago, Enrico Moia *


Negli scorsi mesi diverse imprese hanno ricevuto da Invitalia il contributo relativo al bando "Impresa SIcura", di cui all'art. 43, 1 co. del Dl. n. 18/2020 (c.d. Cura Italia), mediante il quale venivano rimborsate le spese sostenute per l'acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale (DPI) finalizzati al contrasto del COVID-19. In particolare, sul piano temporale, erano oggetto di ripetizione i costi sostenuti tra il 17 marzo 2020 e la data di effettivo invio della domanda di rimborso (la quale poteva essere trasmessa entro l'11 giugno dello scorso anno). Appare di interesse analizzare la imponibilità dei contributi ricevuti, da parte dei percettori.

In prima battuta è bene premettere che né la norma né il bando in questione forniscono specifiche indicazioni circa il trattamento fiscale cui assoggettare i rimborsi per i DPI.

Tuttavia, con la pubblicazione dei provvedimenti cumulativi di ammissione ai rimborsi, si è segnalato che l'erogazione sarebbe avvenuta "al netto delle ritenute previste dalla vigente normativa ove applicabili", con conseguente possibile chiamata in causa

(i) dell'art. 28, 2 co. del DPR 600/73, il quale, come noto, impone a chi eroga contributi alle imprese l'applicazione di una ritenuta a titolo d'acconto (pari al 4%), nonché

(ii) dell'art. 6, 2 co. del TUIR, con relativa imponibilità ai fini delle imposte dirette di tali somme (se qualificate come "redditi in natura").

La tesi dell'imponibilità, tuttavia, potrebbe trovare un elemento di ostacolo nell'art. 10-bis del Dl. 137/2020 (c.d. Decreto Ristori), il quale letteralmente dispone che: "I contributi e le indennità di qualsiasi natura erogati in via eccezionale a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza, da chiunque erogati e indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione, spettanti ai soggetti esercenti impresa (…) non concorrono alla formazione del reddito imponibile (…)".

Il legislatore, quindi, esprimendosi in termini decisamente estesi, ha optato per una detassazione di tutti i contributi attribuiti alle imprese in ragione dell'epidemia ancora in corso (indipendentemente da natura dell'erogatore e dalle modalità di erogazione).

L'Agenzia delle Entrate, inoltre, per mezzo di due recenti riposte ad Interpello (n° 46 del 19/01/2021 e n° 84 del 3/02/2021) ha fugato legittime perplessità sollevate dai contribuenti (che si chiedevano quale regime – tra tassazione ed esenzione – fosse più opportuno applicare rispetto a determinati contributi emergenziali), proponendo una lettura "ad ampio raggio" della norma agevolativa e precisando che "(…) il legislatore ha voluto riconoscere a tutti i contributi erogati per l'emergenza epidemiologia Covid-19 il regime esentativo previsto espressamente per talune tipologia di aiuti economici (…)" (così la Risposta n. 46).

La prassi ha quindi precisato che – anche in assenza di una previsione normativa ad hoc – i contributi specificatamente correlati al contrasto al COVID-19 non sono imponibili, in forza del citato articolo 10-bis (consentendo di superare possibili criticità interpretative date dalla carenza di plurime disposizioni agevolative, espressamente concepite in funzione di ciascun contributo "anti Covid").

Nel caso di specie, appare ragionevole ritenere (in forza della natura delle spese rimborsate) che i contributi relativi al bando "Impresa SIcura" siano stati riconosciuti in via eccezionale ed in rigorosa dipendenza del Covid-19, con conseguente astratta idoneità a ricadere nell'ambito applicativo del predetto art. 10-bis.

Il richiamo alla prassi, inoltre, sembra fornire un elemento di supporto per smorzare una possibile obiezione di ordine temporale, ossia il fatto che il contributo in oggetto fosse stato introdotto da una normativa antecedente ("Decreto Cura Italia") a quella contenente la previsione agevolativa ("Decreto Ristori"): la Risposta 46/2021, infatti, riconosce l'applicabilità dell'art. 10-bis rispetto ad un altro contributo parimenti riconosciuto sulla base del medesimo "Decreto Cura Italia", sostenendone la non imponibilità ai fini reddituali ed IRAP.

In ogni caso, la complessità del descritto quadro normativo (nel quale l'art. 10-bis si colloca), nonché la varietà delle misure "anti Covid" messe in campo dal legislatore in questi mesi, rende auspicabile l'adozione di ulteriori chiarimenti circa il corretto funzionamento del trattamento fiscale in esame.

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