Giustizia

Giudici più professionali e codici da migliorare

In gioco c'è la capacità del sistema di dirimere le controversie dando attuazione al diritto nel caso concreto

di Gaetano Ragucci

La denuncia dello stato della giustizia tributaria contenuta nella Relazione di apertura dell'anno giudiziario mette nella giusta prospettiva un dibattito spesso viziato da premesse unilaterali. A fronte di un elevatissimo gettito erariale incagliato nelle aule di giustizia (nel 2019 il valore complessivo delle liti pendenti ammontava a 40,6 miliardi di euro), capita di leggere anche in documenti ufficiali che la “professionalizzazione” dei giudici renderebbe più efficiente l'esecuzione della pretesa impositiva, contribuendo alla rapida soluzione delle liti, e alla loro prevenzione. Nella realtà, in gioco c'è ben altro, ed è la capacità del sistema di dirimere le controversie dando attuazione al diritto nel caso concreto.

Già nel 2009 la dottrina richiamava l'attenzione sul requisito dell'idoneità professionale come giustificazione del giudice speciale e a composizione mista, poggiandolo sulle basi del pensiero dei costituenti, e della giurisprudenza della Corte costituzionale. «Se l'attività di qualsiasi giudice è volta ad applicare imparzialmente la legge – si diceva –, se i giudici, tutti i giudici, debbono giungere all'adempimento della loro funzione attraverso il proprio esclusivo ragionamento, è di tutta evidenza il ruolo che gioca la preparazione professionale per garantirne l'indipendenza da pressioni esterne, e anche da sollecitazioni interne». Alla base, c'era la garanzia dell'indipendenza, a cui l'articolo 108 della Costituzione si richiama anche per i giudici delle giurisdizioni speciali, e dell'idoneità a svolgere la funzione, che ne è la conseguenza. Ne era nata una proposta che, contemperando i principi costituzionali con l'esigenza di contenere i costi, avrebbe inizialmente interessato le Commissioni Regionali, meno numerose, e filtro di accesso della lite alla Corte di cassazione. Si prospettava così una organizzazione su due livelli: una tradizionale, data dall'attuale struttura e formazione delle Commissioni provinciali; un'altra togata, professionale e a tempo pieno, rappresentata dalle Commissioni regionali
(Marongiu, 2009).

Le osservazioni svolte su questa formula nella Relazione spingono a compiere un passo ulteriore. Essa torna all'attenzione del pubblico sull'assunto che un alto tasso relativo di annullamenti delle sentenze dei giudici di secondo grado non è tollerabile, in un settore divenuto tra i più complessi e impegnativi dell'esperienza giuridica, e fonte di delicatissimi problemi per cittadini, imprese ed erario. Diciamo allora che la professionalità non è un valore assoluto (l'esperienza delle commissioni tributarie, sotto altri aspetti positiva, lo dimostra); e non è neppure solo il corollario dell'indipendenza del Giudice, semplice espressione verbale se disgiunta da un'effettiva esperienza nella materia. La professionalità deve essere anche l'elemento di un più ampio progetto di riforma, che passa attraverso l'eliminazione delle condizioni di incertezza che affligge la materia tributaria: questo progetto è la codificazione. Per Kelsen, la certezza del diritto è un ideale in senso debole, perché va sempre perseguito anche se non è mai pienamente realizzabile. Un passo in questa direzione va perciò compiuto con la codificazione di alcuni ben definiti diritti delle parti del rapporto d'imposta, la cui tutela sia affidata a una magistratura professionale e specializzata. La funzionalità del sistema della giustizia assicurata da un giudice professionale, e la legittimazione riveniente da un codice delle leggi tributarie, sono in fondo facce della stessa medaglia.

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