Immobili

Viola la buona fede il locatore che dopo anni imputa i canoni pagati dal conduttore a deposito cauzionale

Il Tribunale nega la risoluzione per inadempimento. Le parti hanno il dovere di reciproca lealtà anche nell’esecuzione del contratto

di Augusto Cirla

L’obbligo di buona fede costituisce un autonomo dovere giuridico ed è espressione di un generale principio di solidarietà sociale che impone alle parti la reciproca lealtà di condotta anche nell’esecuzione del contratto. La buona fede oggettiva, quale principio generale dell’ordinamento giuridico, trova il suo fondamento nel principio di solidarietà contenuto nell’articolo 1175 del Codice civile.

Condotte non improntate a tali canoni da parte del locatore non possono legittimare la richiesta di risoluzione per inadempimento del conduttore. E così, l’imputare il versamento dei canoni a titolo di deposito cauzionale dopo molti anni dall’inizio del rapporto di locazione «denota un atteggiamento non improntato alla correttezza e alla leale cooperazione tra le parti nell’esecuzione del contratto». Lo ha affermato il Tribunale di Firenze (sentenza 344 del 3 giugno 2021), sottolineando come, anche in caso di diffida ad adempiere, per la risoluzione del contratto per inadempimento di una delle parti, occorre che questo non sia di scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte (articolo 1455 del Codice civile).

La vicenda

Era successo che in relazione ad un contratto di locazione stipulato nel 2013, il locatore nel corso del 2019, ricevuto il pagamento di due mensilità di canone, con lettera di diffida comunicava al conduttore di aver imputato tale versamento a titolo di deposito cauzionale, avvalendosi di una espressa clausola contrattuale che, in deroga all’articolo 1193 del Codice civile, gli attribuiva la facoltà di imputare qualsiasi pagamento del conduttore «ai debiti più antichi, indipendentemente dalle diverse indicazioni del conduttore stesso».

Lamentando inoltre altre plurime inadempienze, quali, oltre il mancato pagamento di due mensilità, anche del conguaglio dovuto a titolo di aggiornamento Istat mai richiesto e della stipulazione delle polizze assicurative previste in contratto, agiva in giudizio per sentir dichiarare la risoluzione in base all’articolo 1454 del Codice civile.

La buona fede

Un locatore che per anni non chiede l’adempimento di determinate obbligazioni previste in contratto tiene un atteggiamento idoneo a ingenerare un affidamento di oggettiva rinuncia del diritto. Il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto si sostanzia invero in un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra. Di conseguenza, il ritardo di una parte nell’esercizio di un diritto può costituire violazione del principio di buona fede qualora, non rispondendo ad alcun circostanziato interesse del suo titolare, si traduca in un danno per la sola controparte.

Si è allora di fronte a un abusivo esercizio del diritto, con la conseguenza che gli atti compiuti non sono stati ritenuti idonei a dichiarare risolto il contratto.

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