Giustizia

«Vanno concentrate le risorse negli uffici con più difficoltà»

Intervista a Giovanni Canzio, presidente emerito della Corte di cassazione

di Giovanni Negri

Gli allarmi sull’improcedibilità sono eccessivi, il modello processuale messo in campo
per evitare che un buon numero di giudizi approdi in appello è efficace.

Però servirà un piano mirato di distribuzione delle risorse. Giovanni Canzio, presidente emerito della Corte di cassazione ed ex presidente della Corte d’appello di Milano e prima
di quella dell’Aquila, fa il punto sulla riforma Cartabia della giustizia penale.

Presidente, due anni in appello e uno in Cassazione, per arrivare alla definizione del procedimento le sembrano un obiettivo realistico o un’amnistia mascherata?

Vorrei ricordare, in generale, che i termini di durata ragionevole sono quelli di derivazione europea, formalizzati con la legge Pinto. Nulla di nuovo, quindi. In Cassazione poi, l’anno di tempo è già oggi ampiamente rispettato, malgrado i circa 50.000 ricorsi che sono depositati ogni anno. I procedimenti si definiscono in media in 180 giorni, anche in 60 giorni se l’imputato è detenuto.

Ma i problemi sembrano riguardare soprattutto le Corti d'appello.

È vero, ma intanto va sottolineato che i due terzi dei distretti già rispettano i termini ragionevoli. Ci sono criticità concentrate in alcuni uffici giudiziari. Che però non sono caratterizzati da situazioni così diverse da altri. È vero che a Napoli c’è una forte concentrazione di criminalità organizzata, però lo stesso si può constatare anche per Palermo. Eppure Napoli è in difficoltà e Palermo no. Non si può però pensare che il deficit di alcuni uffici abbia un effetto trascinamento su tutti gli altri, compromettendo una stagione di riforme che deve avere un certo grado di audacia. Bisogna semmai agire in maniera selettiva e sulla base di analisi scientifiche dei dati disponibili.

In che modo?

La disponibilità di risorse sarà davvero imponente. Dall’ufficio del processo, ai nuovi magistrati e cancellieri, agli incentivi per la digitalizzazione. Bisogna pensare di destinarle non a pioggia, ma concentrandole soprattutto in quegli uffici che i dati segnalano come più critici e sulla base di un puntuale cronoprogramma di eliminazione dell’arretrato. L’obiettivo deve essere la gestione del nuovo secondo le linee della riforma, costruendo nello stesso tempo un efficace piano straordinario per definire lo stock di arretrato che si è accumulato nel tempo.

Le modifiche processuali annunciate le sembrano coerenti con la riduzione del 25% della durata dei procedimenti?

Di certo sono misure importanti e allineate con il modello accusatorio del nostro Codice di procedura penale. Vanno in questa direzione, per esempio, il potenziamento dei riti alternativi, i filtri a maglie strette per il rinvio a giudizio, i controlli del Gip sulle stasi nella fase delle indagini e sulla chiarezza dell’imputazione. Come pure la generale previsione che in appello e Cassazione il rito sarà camerale e la trattazione scritta, salva la diversa richiesta di una parte.

Però si sono perse per strada l'inappellabilità del Pm, ma soprattutto la stretta sui motivi di appello da parte dell’imputato?

La prima, di scarso rilievo statistico, avrebbe verosimilmente alimentato un contenzioso costituzionale. Mentre sulla seconda, va comunque ricordato che la riforma pretende una più elevata professionalità sia degli avvocati sia dei magistrati. Per i primi basta sottolineare l’attenzione che dovranno prestare alla specificità dei motivi di impugnazione e alle richieste di trattazione orale; per i secondi posso ricordare, quanto al pubblico ministero, che le richieste di rinvio a giudizio dovranno essere fondate su una più stringente e qualificata prognosi di condanna dell’imputato.

Servirà anche un monitoraggio sui risultati.

È vero, questo è un Paese che non ha mai voluto sperimentare le riforme. Oggi dobbiamo farlo, anche con coraggio e generosità. Gli emendamenti presentati prevedono, per controllare progressivamente lo stato di attuazione della riforma, che sia istituito un Comitato tecnico-scientifico di monitoraggio.

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