Casi pratici

Procura alle liti: quando opera la sanatoria?

Procura alle liti

di Laura Biarella

la QUESTIONE
È possibile sanare le nullità del mandato difensivo rilasciato ex art. 83 c.p.c.? Il meccanismo di sanatoria si applica anche all'ipotesi in cui il mandato non sia mai stato rilasciato in precedenza? Come funziona la cd. "sanatoria di scopo"?


L'art. 83 c.p.c. prevede che quando la parte sta in giudizio con il ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura. La procura alle liti può essere generale o speciale, e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, oppure in uno degli atti elencati in maniera non tassativa dal terzo comma art. 83 c.p.c.
Si tratta in questa sede di verificare se, in quale modo e con quali effetti, è possibile procedere alla sanatoria della procura nulla.

La sanatoria ex art. 125, comma 2, c.p.c.

Una speciale ipotesi di sanatoria è espressamente disciplinata dall'art. 125, secondo comma, c.p.c., il quale stabilisce che la procura al difensore dell'attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata.
Le particolarità di questo tipo di sanatoria sono due: in primo luogo è applicabile sia all'ipotesi di inesistenza che, a maggior ragione, alle ipotesi di nullità della procura;
in secondo luogo prevede espressamente che la sanatoria operi ex tunc, in quanto il rilascio tardivo rende perfettamente valido l'atto, benché questo sia stato notificato senza procura. L'importante è che la procura venga rilasciata prima della costituzione in giudizio.
A contrariis, si ricava che non è consentito promuovere o resistere in giudizio senza il rilascio di una procura, confidando di depositarla in corso di causa con l'intento di sanare gli atti processuali fino a quel momento compiuti.
è da sottolineare che la norma vale solo per i giudizi che si introducono con citazione, ma non potrà avere alcuna applicazione nei giudizi da introdurre con ricorso, visto che la costituzione si ha con il deposito del ricorso il quale a sua volta precede la notifica.

Le altre ipotesi di sanatoria

In generale si ritiene applicabile alla procura la sanatoria prevista dall'art. 182 c.p.c., vecchia formulazione, espressamente riservata alle ipotesi di difetto di rappresentanza o di autorizzazione, secondo il quale il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, salvo che si sia avverata una decadenza.
In giurisprudenza si è ritenuto applicabile tale istituto, ma solo nei casi di vizi di minore gravità che danno origine a nullità relative.
Ad esempio è stata ritenuta sanabile la nullità derivante dalla illeggibilità della firma di un soggetto, del quale non risulti il nome in calce o a margine dell'atto con il quale sta in giudizio, che dichiari di agire in rappresentanza di una società. In questo caso la controparte ha l'onere di sollevare l'eccezione con la prima difesa, a norma dell'art. 157 c.p.c., facendo così carico alla parte istante d'integrare con la prima replica la lacunosità dell'atto iniziale, mediante chiara e non più rettificabile notizia del nome dell'autore della firma illeggibile (Cass. civ., Sez. III, 22 giugno 2006, n. 14449).
E sanabile è anche la mancanza nella copia notificata del ricorso della sottoscrizione da parte del ricorrente della procura in calce e della relativa sottoscrizione per autentica del difensore (Cass. civ., Sez. lav., 28 dicembre 1999, n. 14637).
Le nullità più rilevanti venivano considerate assolute e perciò insuscettibili di sanatoria. Ad esempio è stato qualificato affetto da nullità assoluta e, perciò insanabile, l'atto di intervento che sia, simultaneamente, mancante sia della procura ad litem, sia della certificazione dell'autografia del difensore, sia della sottoscrizione del difensore medesimo (Cass. civ., Sez. I, 13 gennaio 2010, n. 388).

I poteri del giudice di consentire la sanatoria
Letteralmente l'art. 182 c.p.c., vecchia formulazione, affermava che il giudice ha il potere, e non l'obbligo, di dare un termine alla parte per consentire la regolarizzazione.
E anche la giurisprudenza prevalente riteneva che si trattasse non di obbligo ma di mera facoltà, che il giudice poteva esercitare con grande discrezionalità e senza doversi attenere a parametri ben definiti. Con una netta presa di posizione, la Corte di Cassazione, Sez. Unite, del 19 aprile 2010, n. 9217, pur affrontando il diverso problema delle nullità relative alla capacità processuale della parte, ha invece affermato che l'originaria previsione dell'art. 182 c.p.c., comma 2, secondo cui "il giudice può assegnare alle parti un termine" per la sanatoria, non può essere intesa come riconoscimento di una mera facoltà, svincolata da qualsiasi parametro normativo.
Una tale interpretazione risulterebbe incompatibile con la stessa connotazione della giurisdizione quale sistema di giustizia legale, le cui decisioni sono legittimate esclusivamente dalla conformità a un ordine di norme e di valori precostituito.
Ne deriva che l'intervento del giudice inteso in generale a sanare i vizi di costituzione delle parti è obbligatorio, e va esercitato in qualsiasi fase o grado del giudizio.
A tale decisione ha contribuito, per stessa ammissione della Corte contenuta nella parte motiva della sentenza, il fatto che il nuovo art. 182 c.p.c., per quanto non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, statuisce l'obbligo per il giudice di assegnare un termine per la sanatoria.

L'efficacia della sanatoria
Contrariamente alla fattispecie tipica ex art. 125, secondo comma, c.p.c., l'eventuale sanatoria ha efficacia ex nunc, e quindi rimangono impregiudicate le decadenze già avvenute (v. Cass. civ., Sez. I, 18 aprile 2003, n. 6297).
L'ipotesi di nullità della procura, sanabile ex nunc, non deve essere confusa con la diversa ipotesi in cui una procura è formalmente valida, ma inefficace perché rilasciata da soggetto sfornito di legittimazione processuale, con conseguente possibilità di sanatoria ex tunc (Cass. civ., Sez. III, 15 settembre 2008, n. 23670).

La sanatoria nei giudizi di Cassazione
Prima della riforma, la giurisprudenza era ferma nel ritenere che non potesse essere disposta in Cassazione né la ratifica della procura con atto successivo, perché, diversamente dalle fasi processuali di merito, i poteri rappresentativi devono sussistere al momento del conferimento della procura speciale (Cass. 28 agosto 2007, n. 18132); né potesse operare la sanatoria ex art. 125 c.p.c. (Cass. 22 giugno 1995, n. 7066).
Più recentemente (Sezioni Unite, Ordinanza 9 marzo 2021, n. 6472) è stato invece chiarito che nel giudizio di Cassazione la procura deve essere rilasciata a margine o in calce del controricorso o su foglio separato ma congiunto materialmente ad esso secondo quanto previsto dall'art. 83, comma III, c.p.c., sicché, ove la stessa sia conferita con altre modalità, esorbitanti tale modello legale, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Per l'effetto, la totale mancanza di valida procura non è neppure sanabile ex art. 182 c.p.c., poiché l'art. 365 c.p.c. prescrive l'esistenza di una valida procura speciale come requisito di ammissibilità del ricorso.

L'indirizzo secondo cui la sanatoria non opera in ipotesi di invalidità della procura
Significativa appare la presa di posizione del collegio della I Sezione Civile della Corte di Cassazione, manifestata nell'Ordinanza 4 marzo 2021, n. 5985. In tale specifica occasione i giudici ermellini hanno affermato che la sanatoria prevista dall'articolo 182, comma II, del codice di rito civile, presupponendo che l'atto di costituzione in giudizio sia stato comunque redatto da un difensore, si applica nelle ipotesi di nullità, bensì non di originaria inesistenza della procura. La norma richiamata, infatti, nel consentire la sanatoria con effetti ex tunc in ipotesi di invalidità della procura, ovvero quando la stessa risulti mancante, presuppone che l'atto di costituzione in giudizio sia stato comunque redatto dal difensore e non trova quindi applicazione nella differente fattispecie in cui l'atto processuale sia stato redatto e proposto personalmente dalla parte (non abilitata nemmeno ai sensi dell'art. 86 c.p.c.) e solo in seguito sia stato ratificato da un difensore al quale la procura sia stata conferita posteriormente alla formulazione dell'atto processuale di riferimento, allorquando il termine perentorio per il suo legittimo compimento sia già spirato, con la conseguente configurazione del corrispondente effetto decadenziale. Nella specifica vicenda la Cassazione si è pronunciata sulla questione della necessità, da parte del curatore fallimentare che intenda proporre l'istanza di fallimento in estensione verso ulteriori soggetti ex articolo 147 della legge Fallimentare, di agire tramite il ministero di un difensore in quanto, diversamente, l'eventuale sentenza dichiarativa di fallimento è affetta da nullità insanabile (si veda Mario Piselli, Guida al Diritto, 1° maggio 2021, n. 17, p. 39-40). Ancor più in dettaglio, la pronuncia è stata resa al termine di un giudizio in cui una società, dichiarata fallita per estensione, aveva proposto reclamo contro tale dichiarazione, eccependo la nullità della decisione per difetto di assistenza tecnica da parte del curatore istante. Il Giudice del reclamo, tuttavia, l'aveva rigettato, rilevando che l'istanza di fallimento può essere presentata anche in proprio, e che l'eventuale difetto di rappresentanza era un vizio sanabile ai sensi del disposto di cui all'articolo 182 c.p.c., e ciò era avvenuto in sede di reclamo dove il curatore era stato assistito da un difensore. La Cassazione ha tuttavia ribaltato la presa di posizione del Giudice del reclamo: in ordine alla necessità per il curatore di munirsi di una difesa tecnica, è stato infatti rilevato che, pur in assenza di un'espressa disposizione di legge che la richieda in modo esplicito, il procedimento per dichiarazione di fallimento non può essere però assimilato in toto al rito ordinario di cognizione. La stessa Cassazione (Cassazione n. 14139/2002) era giunta a condividere la tesi secondo cui i procedimenti di tipo camerale sono assimilabili a quella di cognizione ordinaria quando il legislatore li ha utilizzati per la tutela giurisdizionale dei diritti. Per tale effetto, deve ritenersi applicabile la regola contemplata all'articolo 82, comma III, codice di rito civile, secondo cui innanzi al Tribunale e alla Corte d'appello le parti debbono stare in giudizio con il patrocinio del procuratore. Costituisce unica eccezione a detto principio quello previsto dall'articolo 6 della legge Fallimentare, cioè il fallimento su ricorso del debitore finalizzato al proprio fallimento: in tale specifica ipotesi si è ritenuto che il debitore possa agire senza il ministero del difensore a meno che la sua istanza non confligga con l'intervento di soggetti interessati a escludere la dichiarazione di fallimento, implicando in tal caso la necessità di un contraddittorio (Cassazione n. 20187/2017). I Supremi Giudici, nonostante l'esistenza di un indirizzo secondo cui la sanatoria sarebbe possibile non solo in caso di nullità ma anche di inesistenza della procura ad litem (Cassazione n. 10885/2018), non hanno ritenuto di condividerlo preferendo l'orientamento secondo cui la sanatoria non sarebbe applicabile in difetto di procura (Cassazione, sezioni Unite, n. 10414/2017, n. 24257/2018). L'articolo 182, nel consentire la sanatoria con effetti ex tunc in ipotesi di invalidità della procura, ovvero quando la stessa difetti, presuppone che l'atto di costituzione in giudizio sia stato redatto da un legale e non può trovare applicazione, nel caso come quello trattato dalla Cassazione, ove l'atto sia stato redatto personalmente dalla parte e solo successivamente sia stato ratificato da un difensore al quale la procura è stata rilasciata successivamente alla formulazione dell'atto. Per il disposto dell'articolo 31, comma 3, della legge fallimentare il curatore non può assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano il fallimento. Infine, i giudici ermellini hanno rammentato che il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva non opera nel campo processuale quando la procura alle liti costituisce il presupposto per la valida instaurazione del rapporto processuale: la procura può essere infatti conferita con effetti retroattivi unicamente nei limiti delineati all'articolo 125 del codice di rito civile. Tale disposizione prevede che la procura al difensore possa essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata e sempre che per l'atto di cui trattasi non sia prevista dalla legge la procura speciale, restando esclusa, in questa ipotesi, la possibilità di sanatoria e ratifica (Cassazione n. 13431/2004). Per l'effetto, l'istanza di estensione del fallimento, ex articolo 147, comma 4, della legge Fallimentare, qualora venga proposta personalmente dal curatore rende nulla la sentenza dichiarativa di fallimento successivamente dichiarata. In definitiva, nella stessa occasione (Sez. I Civile, Ordinanza 4 marzo 2021, n. 5985) è stato quindi disposto che il principio secondo il quale gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi), non opera nel campo processuale (ed anche nel processo per la dichiarazione di fallimento), ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi unicamente nei limiti stabiliti dall'art. 125 c.p.c., il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, e sempre che per l'atto di cui trattasi non sia richiesta dalla legge la procura speciale, restando conseguentemente esclusa, in questa ipotesi, la possibilità di sanatoria e ratifica.

La sanatoria cd. di scopo: la procura alle liti in formato "Pdf" anziché "P7m"
Nella decisione del 19 febbraio 2021, la Cassazione (si veda Annarita D'Ambrosio, Quotidiano del Condominio, 20 febbraio 2021) ha trattato la questione della notifica dell'atto di citazione e della procura alle liti in formato "Pdf" anziché "P7m", approfondendo la tematica della cosiddetta sanatoria di scopo, quando cioè l'atto, ancorché viziato, sia però stato portato a conoscenza della controparte e dunque abbia mantenuto una certa efficacia. La vicenda afferiva a un atto di citazione in opposizione proposto da una condomina e contestato dal condominio. L'ente eccepiva la nullità dello stesso evidenziando sia l'assenza di una sottoscrizione materiale, sia di una anche solo digitale, atteso che non risultavano neppure depositati gli originali degli atti e dei documenti notificati alla controparte. Per il giudice territoriale non poteva operare l'indirizzo giurisprudenziale il quale ritiene che la trasmissione di un atto da un indirizzo Pec risultante da pubblico registro sopprima ogni incertezza in ordine all'identità della parte. E ciò in quanto innanzi al giudice di pace non risulta ancora attivo il processo civile telematico e, per l'effetto, l'omessa sottoscrizione non consentiva di ritenere validamente formati gli atti. La condomina ha fatto richiamo alla sentenza della Cassazione n. 3805 del 2018, secondo la quale risulta legittima anche la trasmissione del file in formato Pdf, risultando sufficiente che l'attestazione di conformità all'originale telematico sia presente nella documentazione, in modo da sopperire alla carenza di sottoscrizione. Era stato richiamato pure l'articolo 116 del codice di rito civile, in ordine alla sanatoria per il raggiungimento dello scopo, in quanto dell'atto inviato in Pdf il condominio aveva avuto piena contezza. La Cassazione ha quindi ritenuto inammissibili i motivi sollevati, valide invece le ragioni del giudice di appello per il quale la questione non era relativa al formato di invio bensì alla carenza di sottoscrizione analogica: nel procedimento innanzi al giudice di pace, ove non è operativo il processo civile telematico, non è quindi possibile supplire alla carenza di firma mediante l'invio da un indirizzo Pec risultante da pubblici elenchi, in quanto è necessaria l'esistenza e la validità di una firma, anche solo digitale, seguita da un'attestazione di conformità sottoscritta analogicamente. La Cassazione ha quindi rammentato che, come precisato dalle Sezioni unite sentenza n. 22438 del 2018, se il destinatario della notifica a mezzo Pec rimane solo intimato, ovvero disconosca la conformità della copia analogica dell'atto a sanarlo, potrà solo sopraggiungere il deposito dell'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica, firmata in forma analogica (in senso conforme Cassazione n. 19434/2019 e n. 27480/2018, come pure Sezioni unite n. 8321/2019).

Considerazioni conclusive
In giurisprudenza (Cassazione Civ., Sez. II, Ordinanza 8 gennaio 2020, n. 135) prevale il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi), non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall'articolo 125 del codice di rito civile, il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, e sempre che per l'atto di cui trattasi non sia richiesta dalla legge la procura speciale, come nel caso del ricorso per cassazione, restando conseguentemente esclusa, in tale ipotesi, la possibilità di sanatoria e ratifica. Va da ultimo segnalato (Cassazione Civ., Sez. I, Ordinanza 4 marzo 2021, n. 5985) il principio secondo il quale gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi), non opera nel campo processuale (ed anche nel processo per la dichiarazione di fallimento), ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall'art. 125 c.p.c., il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, e sempre che per l'atto di cui trattasi non sia richiesta dalla legge la procura speciale, restando conseguentemente esclusa, in questa ipotesi, la possibilità di sanatoria e ratifica.

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