Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito 2022/2023 in materia di diritto di famiglia e delle successioni

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022/2023. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:
1. Divorzio e rilevanza degli accordi in sede di separazione consensuale
2. Effetti privativi di aspettative professionali e reddituali e regime probatorio in tema di assegno divorzile
3. Criteri per la determinazione dell'assegno divorzile
4. Addebito della separazione e testimonianza de relato
5. Affidamento superesclusivo
6. Assegno unico universale per i figli
7. Danno da perdita del rapporto parentale
8. Vitalizio assistenziale e rendita vitalizia
9. Mantenimento del minore e tenore di vi
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1. DIVORZIO - Rilevanza degli accordi in sede di separazione consensuale e revoca dell'assegno divorzile (Legge 1 dicembre 1970 n. 898)
L'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge ha natura assistenziale, ma anche perequativo-compensativa, discendente direttamente dal principio costituzionale di solidarietà, che conduce al riconoscimento di un contributo volto non a conseguire l'autosufficienza economica del richiedente sulla base di un parametro astratto, bensì un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella vita familiare in concreto, tenendo conto in particolare delle aspettative professionali sacrificate, fermo restando che la funzione equilibratrice non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.
Corte d'Appello di Bologna, sentenza 10 febbraio 2023 n. 253 – Pres. Fazzini, Cons. est. Donofrio

2. DIVORZIO - Effetti privativi di aspettative professionali e reddituali e regime probatorio in tema di assegno divorzile (Legge 1 dicembre 1970 n. 898)
Il riconoscimento dell'assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa non si fonda sul fatto, in sé, che uno degli ex coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e dei figli, né sull'esistenza in sé di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi - che costituisce solo una precondizione fattuale per l'applicazione dei parametri di cui all'articolo 5, comma 6, essendo invece necessaria un'indagine sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta, seppure condivisa, di colui che chiede l'assegno, di dedicarsi prevalentemente all'attività familiare, la quale assume rilievo nei limiti in cui comporti sacrifici di aspettative professionali e reddituali, la cui prova spetta al richiedente.
Tribunale di Parma, sentenza 18 gennaio 2023 n. 53 – Pres. Rel. Sinisi

3. DIVORZIO – Criteri per la determinazione dell'assegno divorzile (Articoli 2 e 29 della Costituzione; art. 5 della Legge 1 dicembre 1970 n. 898)
Ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile, il Giudice deve comparare, anche d'ufficio, le condizioni economico - patrimoniali delle parti e, qualora risulti che il richiedente è privo di mezzi adeguati o è oggettivamente impossibilitato a procurarseli, dovrà accertare rigorosamente le cause di questa sperequazione alla luce dei parametri indicati. In particolare, il Giudice dovrà valutare se ciò dipenda dal contributo che il richiedente ha apportato al nucleo familiare e alla creazione del patrimonio comune, sacrificando le proprie aspettative personali e professionali in relazione alla sua età e alla durata del matrimonio. All'esito di tali valutazioni dovrà infine quantificare l'assegno divorzile, rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare né all'autosufficienza economica del richiedente, ma assicurando all'avente diritto un livello reddituale adeguato al contributo fornito.
NOTA
Con l'intervento della ormai nota sentenza Cass. civ., SS.UU., 11 luglio 2018, n. 18287 la giurisprudenza è intervenuta dettando i nuovi parametri per la quantificazione dell'assegno divorzile. A tale approdo giurisprudenziale si giunge mossi dall'esigenza di abbandonare il tradizionale criterio attributivo dell'assegno ancorato al criterio del tenore di vita sin dal 1991, e al fine di circoscrivere il principio di autoresponsabilità, come formulato nella sentenza Lamorgese n. 11504/2017 della prima sezione della Suprema Corte che aveva stabilito che se il richiedente è economicamente indipendente o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto» alcun diritto all'assegno di divorzio.
Con le Sezioni Unite, i parametri cui ancorare il giudizio sull'adeguatezza o meno dei mezzi a disposizione del richiedente, vengono individuati all'interno dello stesso articolo 5, comma 6, l. div.. L'assegno divorzile è dovuto sia nel caso in cui l'ex coniuge non sia economicamente autosufficiente sia nel caso in cui il matrimonio ha causato uno spostamento patrimoniale dall'uno all'altro coniuge divenuto ingiustificato ex post: in tal caso, viene riconosciuto un assegno, in funzione compensativo-perequativa.
Ne consegue che l'assegno di divorzio deve essere riconosciuto, non in rapporto al pregresso tenore di vita familiare, ma in misura adeguata anzitutto a garantire, in funzione assistenziale, l'indipendenza o autosufficienza economica dell'ex coniuge, alla durata del matrimonio, nonché alla sua età, secondo un criterio di normalità, avuto riguardo alla concreta situazione del coniuge richiedente nel contesto in cui egli vive. Inoltre, ove ne ricorrano i presupposti e vi sia una specifica prospettazione in tal senso, l'assegno divorzile deve essere adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole, in funzione perequativo-compensativa, del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali (che il coniuge richiedente ha l'onere di dimostrare nel giudizio), al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, rimanendo, in tal caso, assorbito l'eventuale profilo assistenziale (Cass. civ., sez. I, ord. 8 settembre 2021, n. 24250). Più in particolare il giudice deve quantificare l'assegno rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare, ma in misura adeguata a garantire, in funzione assistenziale, l'indipendenza economica del coniuge non autosufficiente, intendendo l'autosufficienza in una accezione non circoscritta alla pura sopravvivenza (Cass. civ., sez. I, ord. 5 agosto 2020, n. 16705).
In ogni caso, ai fini della determinazione dell'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge, deve essere esclusa la rilevanza dell'entità dei patrimoni delle famiglie di appartenenza ovvero del loro apporto economico ai coniugi in quanto trattasi di criterio ulteriore non previsto dall'articolo 5, della legge n. 898/1970 (Cass. civ., sez. VI-1, ord. 24 febbraio 2022, n. 6105).

Tribunale Busto Arsizio, Sezione I, sentenza, 10 gennaio 2023, n. 9 - Pres. Paganini, Giud. Rel. Pupa

4. SEPARAZIONE – La domanda di addebito non può reggersi sulle sole dichiarazioni testimoniali rese de relato
(Cc articoli 151 e 316 bis)
La violenza fisica o psichica è sempre causa di addebito e non può essere mai giustificata "venendo in considerazione violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore di esse, e da esonerare il giudice del merito, che abbia accertato siffatti comportamenti, dal dovere di comparare con essi, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze. Infatti tali gravi condotte lesive, traducendosi nell'aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l'incolumità e l'integrità fisica, morale e sociale dell'altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner, sono insuscettibili di essere giustificate come ritorsione e reazione al comportamento di quest'ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere l'addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere.
Pur essendo questo il principio più volte espresso dalla Suprema Corte, il Tribunale di Foggia ha rigettato la domanda di addebito avanzata dalla moglie ritenendo non essere possibile porre a sostegno della stessa, le dichiarazioni testimoniali rese de relato (nel caso in esame rese dal padre e dalla sorella della donna) e che non forniscono la prova del nesso causale tra le asserite condotte e la crisi che verosimilmente era già in atto.
Tribunale di Foggia, Sezione I, sentenza 12 gennaio 2023 - Pres. Buccaro, Giud. Rel. Iavazzo

5. AFFIDAMENTO DEI FIGLI - Affidamento superesclusivo alla madre se il padre è assente (Cc articoli 337 bis e ss.)
Il genitore che non mostra interesse per i propri figli violando sistematicamente gli obblighi di cura e di sostegno, in particolare esercitando in modo discontinuo il diritto di visita e non adempiendo al mantenimento, è escluso dall'affidamento. Il non adempiere al mantenimento, incide in senso negativo sulla vita dei figli, non solo in senso materiale, ma anche sotto il profilo morale, in quanto sintomatico dell'indisponibilità del genitore inadempiente a soddisfare le esigenze di vita dei figli.
NOTA
L'affidamento esclusivo con limitazioni, o super esclusivo estromette completamente un genitore dall'esercizio della responsabilità genitoriale, ferma restando la sua titolarità.
Il Dlgs 28 dicembre 2013 n. 154, attuativo della riforma sullo status unico della filiazione, ha modificato l'affidamento esclusivo, trasformandolo in un istituto più versatile e malleabile rispetto a quello rigido previsto originariamente dalla legge 8 febbraio 2006 n. 54.
L'affidamento esclusivo può essere richiesto al giudice da ciascuno dei genitori in qualunque momento, allegando la contrarietà all'interesse del figlio dell'affidamento condiviso con l'altro genitore; se accoglie la domanda il giudice lo dispone con provvedimento motivato (articolo 337 quater, comma 1 e 2, cod. civ.). È, quindi, un'opzione residuale, condizionata al ricorrere di circostanze particolari, in cui l'affido condiviso sia pregiudizievole all'interesse del figlio.
La dottrina e la giurisprudenza, in mancanza di previsione normativa, hanno elaborato una serie di casi in cui l'affidamento del minore risulterebbe pregiudizievole. In particolare si ritiene che si possa ricorrere a tale scelta: 1) in caso di violenza sui figli; 2) in caso di violenza sul coniuge anche in presenza del figlio o, comunque, di un atteggiamento denigratorio tenuto da uno dei genitori nei confronti dell'altro; 3) se vi sono forti carenze di un genitore sul piano affettivo (violazione degli obblighi di assistenza, irreperibilità del genitore, uso di alcol, di sostanze stupefacenti ecc.); 4) in caso di elevata conflittualità tra i coniugi, tale da pregiudicare il benessere e la salute psico-fisica dei figli.
Nonostante l'affidamento super-esclusivo, il non affidatario rimane titolare della responsabilità genitoriale che si manifesta come diritto-dovere di vigilare sull'istruzione, educazione e condizioni di vita del figlio (articolo 316, comma 5, cod. civ.), con facoltà, ai sensi dell'articolo 337 quater, comma 3, cod. civ., di proporre ricorso al giudice «quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse».

Tribunale Trapani, sentenza 4 gennaio 2023, n. 5 – Pres. Rel. Est. Galazzi

6. ASSEGNO UNICO UNIVERSALE PER I FIGLI – Assegno unico per i figli con disabilità a carico (Dlgs 29 dicembre 2021, n. 23 0)
L'assegno unico e universale per i figli a carico è diretto a tutti coloro che esercitano la responsabilità genitoriale a prescindere dalla condizione lavorativa. Tale misura opera secondo un principio selettivo, essendo richiesti requisiti specifici che devono essere posseduti al momento di presentazione della domanda e mantenuti per tutta la durata del beneficio.
Per i figli con disabilità a carico, non sussistono limiti di età.
Nel caso in esame, la ricorrente aveva chiesto l'accertamento del proprio diritto alla percezione degli assegni familiari sulla sua pensione, in relazione alla figlia maggiorenne, con lei convivente e a suo carico in quanto gravemente disabile, con una percentuale riconosciuta di invalidità pari al cento per cento e titolare di indennità di accompagnamento.
NOTA
Il Dlgs 29 dicembre 2021, n. 230 a decorrere dal 1 marzo 2022, ha istituito l'assegno unico e universale per i figli a carico, contemporaneamente abrogando tutte le altre misure previdenziali e assistenziali esistenti
A decorrere dal 1 gennaio 2022 sono stati abrogati: 1) il c.d. premio alla nascita o per l'adozione/affidamento del minore (pari a 800 euro) anche se l'Inps ha accettato le domande per i nati fino al 28 febbraio 2022; 2) il Fondo di sostegno alla natalità; 3) l'assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori, pur riconoscendo le mensilità di gennaio e febbraio 2022.
Con decorrenza 1 marzo 2022 si è anche disposta l'abrogazione dell'assegno per il nucleo familiare. L'assegno unico universale viene considerato compatibile con la fruizione di eventuali altre misure a favore dei figli a carico erogate dalle Regioni, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano e dagli Enti locali, e anche con il reddito di cittadinanza
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Corte dei Conti Piemonte, Sez. giur., sentenza 11 gennaio 2023, n. 2 – Giudice Olessina

7. DANNO DA PERDITA DEL RAPPORTO PARENTALE – Irrilevanza della convivenza per il risarcimento del danno parentale (Cc articoli 2059 e 2727)
Il vincolo di sangue non è un elemento imprescindibile ai fini del riconoscimento del danno da lesione del rapporto parentale, dovendo esso essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con il danneggiato analoga relazione di affetto, di consuetudine di vita e di abitudini.
L'uccisione di una persona fa presumere da sola, ex articolo 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del "quantum debeatur"); in tal caso, grava sul convenuto l'onere di provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo.
NOTA
Sono diversi gli aspetti problematici che insorgono per la quantificazione della liquidazione del danno da perdita parentale. Uno in particolare è dato dall'elemento della coabitazione fra il familiare, che chiede il risarcimento, e la vittima dell'illecito.
Sia la Tabella di Milano che quella di Roma fanno riferimento alla convivenza. Secondo il Tribunale di Roma, il criterio della convivenza si accompagna a quello della composizione del nucleo familiare: si precisa però che il criterio della convivenza è frutto della presunzione per cui il danno risulterebbe tanto maggiore quanto più costante e assidua sia stata la frequentazione fra la vittima e il superstite. Con riferimento poi alla composizione del nucleo familiare, si ritiene vi sia unmaggior danno se il congiunto rimanga solo, privato dell'assistenza morale e materiale che gli derivano dalla convivenza con un'altra persona.
Secondo la Tabella milanese alla convivenza è attribuito un valore autonomo, ma sotto questo indicatore si distinguono due ipotesi, riconoscendosi un punteggio più elevato alla semplice convivenza e un punteggio più basso al caso in cui "vittima primaria e vittima secondaria, pur non essendo conviventi, abitino nello stesso stabile o complesso condominiale".

Corte d'Appello di Campobasso, sentenza, 9 gennaio 2023, n. 9 – Pres. D'Errico, Cons. Rel. Placentino

8. VITALIZIO ASSISTENZIALE – Differenza fra vitalizio assistenziale e rendita vitalizia (Cc articoli 1453, 1872, 1878, 2901)
Il contratto con il quale una parte si obbliga, in corrispettivo (del trasferimento di un bene o) della cessione di un capitale, a fornire all'altra prestazioni alimentari o assistenziali per tutta la durata della vita (cosiddetto vitalizio improprio, o alimentare o di assistenza) va qualificato come negozio atipico, che è solo altamente affine a quello di rendita vitalizia disciplinato dal codice civile, presentando uno schema causale autonomo rispetto a quest'ultimo contratto, in quanto, con esso, un soggetto incapace di provvedere da sè ai propri bisogni essenziali ed esigenze di vita, ottiene in cambio della cessione di un bene o di un capitale, non la semplice dazione periodica di denaro o di cose fungibili, bensì il diretto soddisfacimento, mediante l'attività personale della controparte, di esigenze di varia natura, concernenti vitto , alloggio, pulizia, cure mediche e simili. Ne consegue che all'indicato contratto non sono applicabili le norme della rendita vitalizia che siano incompatibili con le suddette peculiarità, ne' è applicabile, in particolare, l'articolo 1878 cod. civ., il quale - negando ingresso al generale rimedio risolutorio in caso di mancato pagamento di rate o di rendite scadute - esprime una "ratio" non riferibile al negozio atipico di assistenza, nel quale la mancata esecuzione, anche per un breve periodo, delle prestazioni infungibili dedotte in contratto priva il beneficiario di mezzi di sussistenza o dell'assistenza che non potrebbe altrimenti procurarsi, rendendo, così applicabile la disciplina generale della risoluzione per inadempimento di cui all'articolo 1453 cod. civ.
NOTA
Il cosiddetto vitalizio alimentare è un contratto atipico che la giurisprudenza sovrappone con il contratto di mantenimento, utilizzando i due termini come equivalenti. Secondo la dottrina, invece, il vitalizio alimentare è figura autonoma che prevede, dietro il trasferimento di un bene o di un capitale, che il vitaliziante si obblighi nei confronti del vitaliziato, vita natural durante, ad una prestazione di carattere alimentare, avente ad oggetto alloggio, vestiario, vitto, e legata, talvolta, ad uno stato di bisogno dell'alimentato. Il contratto è aleatorio poiché la sua durata è parametrata, generalmente, al tempo di vita dell'alimentato, e quindi, non si è in grado, allora, di conoscere nel quantum le prestazioni che l'alimentante sarà tenuto ad effettuare alla controparte.
Il contratto di rendita vitalizia ha ad oggetto, solitamente, l'alienazione di un bene (o la disposizione di un capitale) in corrispettivo di una prestazione periodica e continuativa in denaro, traendo, poi, beneficio dalle somme ricevute e reimpiegandole a proprio piacimento per assicurarsi, a libero piacimento, il tenore e lo stile di vita desiderato. E' un contratto tipico (articolo 1872 ss. c.c.), svincolato dallo stato di bisogno del vitaliziato ed aleatorio, le cui prestazioni a carico del vitaliziante hanno ad oggetto un dare e sono fungibili.

Tribunale Cassino, Sez. I, sentenza, 6 settembre 2022, n. 1166 – Giudice Lanzetta

9. MANTENIMENTO DEI FIGLI - Mantenimento del minore secondo il tenore di vita corrispondente a quello goduto in precedenza (Cc articoli 337 - bis e 337- quater; Legge 1 dicembre 1970, n. 898)
L'obbligo di mantenimento del minore da parte del genitore non collocatario deve far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione, secondo uno standard di soddisfacimento correlato a quello economico e sociale della famiglia di modo che si possa valutare il tenore di vita corrispondente a quello goduto in precedenza.
Tribunale di Lucca, sentenza 27 luglio 2022 n. 800 – Pres. Rel. Boragine

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