Civile

Vittime delle Torri Gemelle: nessuna immunità per gli Stati responsabili

La Corte di cassazione (ordinanza n.39391/2021) ha chiarito la portata di una sentenza del giudice americano in favore delle vittime dell'attentato

di Pietro Alessio Palumbo

L'immunità di uno Stato straniero dalla giurisdizione secondo le norme di diritto interno protegge pur sempre la funzione, non anche comportamenti che non attengono all'esercizio tipico della potestà di governo; e richiede il riscontro di un nesso di non estraneità all'esercizio legittimo della suddetta potestà col fine di non rendere sproporzionato il sacrificio del concorrente diritto di accesso a un giudice. Su queste coordinate ermeneutiche la Corte di Cassazione (ordiananza n.39391/2021) ha chiarito che la sentenza del giudice americano, che in favore dei familiari delle vittime del terribile attentato delle Torri Gemelle di New York del 2001 ha condannato uno Stato estero e gli afferenti enti e soggetti statali al risarcimento dei danni quale corresponsabili del fatto, è riconoscibile secondo il nostro paradigma di diritto internazionale privato. E ciò poiché a ben vedere quel giudice avrebbe potuto conoscere della causa anche secondo i principi della competenza giurisdizionale, propri dell'ordinamento italiano.

La verifica della compatibilità

In sede di riconoscimento dell'efficacia del provvedimento giurisdizionale estero, la verifica della compatibilità con i principi di ordine pubblico deve riguardare esclusivamente gli effetti che l'atto è destinato a produrre nell'ordinamento, e non è consentito alcun sindacato sulla correttezza giuridica della soluzione adottata dall'autorità estera; essendo escluso il controllo contenutistico sul provvedimento di cui si chiede il
riconoscimento. Non può dirsi che una disposizione di condanna al risarcimento dei danni in favore delle vittime di un attentato terroristico, sebbene basata su un regime attenuato dell'onere della prova, produca effetti incompatibili con l'ordine pubblico; salva la più complessa questione dell'eventualità del danno punitivo.

Il Foreign sovereign immunities act

La legislazione americana ha inteso derogare al principio di immunità giurisdizionale degli Stati sovrani introducendo il Foreign sovereign immunities act (Fsia); nel caso concreto applicato dalla Corte federale di New York. Invero il Fsia fornisce una precisa eccezione alla regola generale d'immunità degli Stati in caso di atti di terrorismo (cd. terrorism exception), ove lo Stato straniero risulti designato come sponsor del terrorismo al tempo in cui il fatto è stato commesso. Nella vicenda la Corte d'appello ha ritenuto che la designazione unilaterale da parte degli Stati Uniti di quattro Stati ritenuti a propria discrezione e senza reciprocità, sponsor del terrorismo (Iran, Sudan, Siria e Corea del Nord) contravviene ai più elementari principi dell'ordinamento italiano; determinando una inconcepibile presunzione assoluta di colpevolezza dei suddetti Stati nei giudizi di danni promossi dai soli cittadini americani, in violazione del principio di eguaglianza. Inoltre l'introduzione da parte del Fsia di una specifica causale per l'azione di danni in favore degli americani possiede l'effetto di porre una delimitazione all'accesso alla giurisdizione americana da parte dei cittadini di diversa nazionalità, in contrasto con l'ordine pubblico internazionale. Infine per la Corte d’appello, il Fsia, operando mediante presunzioni assolute, consentirebbe di giudicare senza ricostruzione del nesso di causalità, che in Italia è invece fondamento della responsabilità civile.

La ricostruzione (parziale) della Corte d’appello

Ebbene nella vicenda la Suprema Corte ha evidenziato che la ricostruzione operata dalla Corte d'appello è (solo) parziale, perché omette di considerare che la normativa americana Fsia è una legge di radicamento della giurisdizione per il caso di danni dovuti a morte o lesioni a seguito di atti di terrorismo. Il Fsia risale alla metà degli anni '70 del secolo scorso e limita il ruolo dell'esecutivo nelle cause contro governi ed enti governativi stranieri. In pratica preclude al Dipartimento di stato americano di prendere decisioni sull'immunità statale. Sul piano dei rapporti col concetto di immunità, il Fsia codifica la teoria restrittiva dell'immunità, facendo propri i criteri che sia il diritto internazionale, sia la giurisprudenza interna della maggior parte degli Stati occidentali hanno sviluppato nell'applicazione di tale sistema.

La valutazione dell'immunità dello Stato straniero

Invero il Fsia, quanto all'ordinamento statunitense, ha ricondotto la valutazione dell'immunità di uno Stato
straniero ai compiti delle autorità giudiziarie interne, anziché alle prerogative dell'esecutivo. La teoria accolta dal Fsia è quella restrittiva dell'immunità, alla quale anche l'ordinamento italiano aderisce, di modo che
uno Stato o un ente statale è immune dalla giurisdizione dei tribunali di un altro Stato solo quanto alle rivendicazioni derivanti da attività politico-governative. Non è immune invece dall'esercizio di tale
giurisdizione in relazione a diritti derivanti da attività esercitate da organismi operanti con atti di carattere privatistico, e non è immune neppure dinanzi alle pretese risarcitorie da delitto, sulle quali l'immunità, da qualunque parte eventualmente eccepita, non è riconoscibile; così come in generale non lo è per l'ordinamento italiano. L'immunità dalla giurisdizione civile degli Stati esteri per atti compiuti dallo Stato nell’esercizio delle funzioni pubbliche costituisce una prerogativa e non un diritto; prerogativa riconosciuta da norme consuetudinarie internazionali la cui operatività è preclusa ove si discuta di crimini che violino norme e valori “universali”; vale a dire di crimini compiuti in violazione di norme internazionali cogenti e lesivi di valori superiori che trascendono gli interessi delle singole comunità statali.

I valori fondamentali di libertà e dignità della persona umana

La norma consuetudinaria di diritto internazionale, che impone agli Stati l'obbligo di astenersi dall'esercitare il potere giurisdizionale per gli atti in esercizio di pubbliche prerogative non ha carattere incondizionato, ma incontra un limite nel riconoscimento del primato assoluto dei valori fondamentali di libertà e dignità della persona umana e, conseguentemente, non può essere invocata in presenza di comportamenti ascritti allo Stato straniero, di tale gravità da configurarsi quali crimini contro l'umanità; in quanto tali, lesivi dei valori generali di rispetto della dignità umana che oltrepassano gli interessi di singole collettività. Il rispetto dei diritti inviolabili della persona umana ha assunto, anche nell'ordinamento internazionale, il valore di principio fondamentale, riducendo la portata e l'ambito di altri principi ai quali tale ordinamento si è tradizionalmente ispirato; e tra questi anche quello del rispetto delle reciproche sovranità, cui si collega il riconoscimento dell'immunità statale dalla giurisdizione civile straniera. Deriva che la norma consuetudinaria di diritto internazionale generalmente riconosciuta, che impone agli Stati l'obbligo di astenersi dall'esercitare il potere giurisdizionale nei confronti degli Stati stranieri per gli atti con a causa funzioni pubbliche,non ha carattere incondizionato quando venga in contrapposizione con il parallelo principio, formatosi nell'ordinamento internazionale, del primato assoluto dei valori fondamentali della libertà e dignità della persona umana. La conseguenza è che allo Stato straniero non è accordata un'immunità totale dalla giurisdizione civile dello Stato territoriale in presenza di comportamenti di tale gravità da configurarsi come autentici delitti universali; i quali superano gli interessi delle singole comunità statali; segnando il punto di rottura dell'esercizio tollerabile di qualsivoglia sovranità.

Giudizio di delibazione: non “il come” ma “il se”

Pertanto secondo la Cassazione ai fini del giudizio di delibazione, la disciplina interna del nostro Paese non richiede affatto che sia vagliato "il come" la sentenza straniera sia giunta ad affermare esistente la giurisdizione sulla domanda in quella sede proposta. Il riconoscimento, richiede di stabilire semplicemente se il giudice che ha pronunciato la sentenza straniera poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell'ordinamento italiano. Ai fini del riconoscimento, non interessa altro che "il se", in casi equivalenti, la giurisdizione possa essere affermata in relazione alla domanda anche secondo le regole e i principi di diritto interno. Da questo punto di vista l'estensione alle fattispecie dei principi della giurisdizione italiana diventa il parametro per il riconoscimento.

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