Civile

Diritto di asilo: vulnerabilità e integrazione elementi chiave nella valutazione

Per la Suprema corte il giudice deve operare un approfondimento sulle effettive condizioni del paese di origine

In tema di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie il giudice deve valutare la condizione di “vulnerabilità” – rappresentata nel caso in questione dalla giovane età del soggetto e dalle violenze subite in Libia – e dal processo di integrazione nel nostro paese, elemento che emerge dalla presenza di un contratto di lavoro. Nella sostanza, la corte territoriale deve confrontare la vita in Italia con i rischi di ritorno nel paese di origine. Lo hanno affermato i giudici della terza sezione della Cassazione con l’ordinanza n. 13171 depositata il 17 maggio scorso.

Per i magistrati di Piazza Cavour, dunque, la corte di merito non ha valutato con attenzione i due elementi rappresentati “dalla vulnerabilità e dall’integrazione nel paese di accoglienza”. Essi non sono stati presi in considerazione in modo corretto: per quanto riguarda la vulnerabilità, “in relazione alla condizione di partenza e di viaggio del richiedente asilo (minore età al momento dell’espatrio e conseguente maggiore fragilità, violenze subite nel paese di transito); in relazione invece all’integrazione (contratto di lavoro), il criterio risulta essere ignorato nelle risultanze processuali.

 La vicenda

Un cittadino del Ghana – secondo il suo racconto - era stato protagonista di un episodio di violenza privata, dopo un litigio con un uomo che aveva visto insieme alla sua fidanzata. Nella fase dell’alterco egli aveva gettato accidentalmente dell’acqua al rivale, che poi si era rilevato dell’acido. Successivamente, per vedetta i familiari della vittima gli avevano incendiato casa e minacciato di morte. Il ricorrente per non rischiare il carcere era scappato dal paese.

Arrivato in Italia il richiedente asilo si era integrato nel nostro paese, tanto che in giudizio per la richiesta di asilo era stato prodotto un regolare contratto di lavoro, che nella sentenza di merito non era stato valutato insieme ad altri elementi.

La posizione della Cassazione

Per i giudici della Suprema corte – ai sensi della normativa dell’immigrazione, in particolare, Tui, articoli 5, comma 6 e 19 – “non sarebbe valutata né la sua condizione di vulnerabilità (per la quale ha indicato, come fattore la sua giovanissima età in cui aveva intrapreso il viaggio, nonché il trattamento caratterizzato da violenza subito durante il transito il Libia) né la sua integrazione nel paese ospitante, attestata anche da un contratto di lavoro prodotto (cfr. pag. 20 e 21 del ricorso) di cui  la sentenza non avrebbe fatto menzione; denuncia altresì l’omessa acquisizione di fonti normative aggiornate sul livello di tutela dei diritti fondamentali nel paese di origine, richiamando le informazioni desumibili dai report di Amnesty International 2017, decisive, in thesi, per una possibile diversa soluzione della controversia”.

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