Civile

Abi, legittima la nomina degli arbitri nella controversia tra banca e cliente

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, adita per regolamento di competenza, con la sentenza n. 24462 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

Associazione bancaria italiana (Abi) legittimamente in campo nell'arbitrato tra una banca ed un suo cliente se la clausola compromissoria che affida al suo Presidente la nomina del Collegio è stata voluta da entrambe le parti. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, adita per regolamento di competenza, con la sentenza n. 24462 depositata oggi. Respinto dunque il ricorso di una Srl, secondo la quale invece tale metodo non garantiva "imparzialità e indipendenza e terzietà degli arbitri", contro il Monte dei Paschi di Siena.

Al centro della controversia la richiesta da parte della società cliente di dichiarare la illiceità di un interest rate swap stipulato nel 2002 per illiceità della causa e violazione dei canoni di correttezza e buona fede (oltre alla richiesta di risarcimento del danno). Chiamata in giudizio, Mps aveva dedotto l'incompetenza del giudice, richiamando l'accordo che prevedeva la devoluzione delle controversie ad un collegio arbitrale, ed il Tribunale di Bari gli aveva dato ragione dichiarando la propria incompetenza.

Proposto ricorso, la Cassazione l'ha respinto chiarendo che non è estensibile, come invece richiesto dalla ricorrente, all'arbitrato di diritto comune la disciplina speciale dettata per l'arbitrato societario (art. 34 del Dlgs 5/2003) che risulta "indubbiamente più rigorosa disponendo a pena di nullità, che, nel caso in cui la designazione sia demandata ad un terzo, quest'ultimo debba essere un soggetto estraneo alla società".

Secondo la dottrina prevalente, l'ambito applicativo di tale disposizione risulta infatti circoscritto alle clausole compromissorie inserite negli atti costitutivi o negli statuti delle società, restando conseguentemente esclusa la possibilità di estenderla, anche in via analogica, agli arbitrati nascenti da compromesso o alle clausole compromissorie contenute in atti successivi alla costituzione della società.

"Se è vero, peraltro, prosegue la decisione, che la ragione dell'indicato rafforzamento delle garanzie di terzietà ed imparzialità degli arbitri, derivante dalla previsione della necessità che la loro nomina, se demandata ad un terzo, sia affidata ad un soggetto estraneo alla società, consiste nell'esigenza di tutelare la posizione di coloro i quali non abbiano partecipato alla stipulazione della clausola compromissoria, deve allora escludersi la possibilità di ravvisare nella norma in esame l'espressione di un principio generale applicabile anche all'arbitrato disciplinato dal c.p.p., nell'ambito del quale tale connotato di estraneità normalmente non ricorre, per avere tutti i litiganti contribuito alla determinazione delle modalità di nomina degli arbitri, ivi compresa l'individuazione del terzo al quale sia stato eventualmente conferito il relativo po tere".

In tal senso depone anche la considerazione che, nel procedere alla riforma della disciplina dell'arbitrato di diritto comune, "in epoca successiva all'entrata in vigore di quella dell'arbitrato societario, il Dlgs n. 40 del 2006 non ha riprodotto la disposizione dettata dall'art. 34, comma secondo, del d.lgs. n. 5 del 2003, ma si è limitato a ribadire, all'art. 21, che ha riformulato l'art. 809 cod. proc. civ., che «la convenzione d'arbitrato deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli», senza nulla disporre in ordine all'individuazione del soggetto cui può essere affidata la nomina, se non che, in mancanza della stessa, vi provvede il presidente del tribunale (art. 810 cod. proc. civ)".

"Se davvero - argomenta la sentenza - il legislatore avesse inteso consacrare nell'art. 34, secondo comma, cit. un principio generale applicabile a qualsiasi forma di arbitrato, non avrebbe potuto trovare una migliore occasione per estenderlo espressamente a quello di diritto comune, in tal modo dissipando ogni incertezza in ordine al suo ambito di operatività".

In definitiva, per la Cassazione "deve escludersi che l'attribuzione del potere di nomina degli arbitri al Presidente dell'ABI, prevista dalla clausola compromissoria contenuta nell'accordo stipulato tra le parti, ne comporti la nullità, in considerazione dell'appartenenza della resistente alla medesima Associazione rappresentata dal soggetto cui è affidata la designazione". "La riconducibilità del meccanismo di nomina alla volontà di entrambi i contraenti, che hanno concordemente provveduto all'individuazione dell'organo cui è attribuito il predetto potere – conclude la Cassazione -, esclude infatti la possibilità di ravvisarvi un'alterazione della posizione di parità dei contendenti in riferimento alla designazione degli arbitri, il cui eventuale difetto d'imparzialità, derivante dalla lamentata comunanza d'interessi tra la resistente e l'organo cui è affidata la nomina, potrà essere fatto valere, ove concretamente prospettabile nei confronti dei soggetti prescelti, soltanto mediante la proposizione dell'istanza di ricusazione".

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