Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:
1.Assegno divorzile, necessità del sostegno e onere della prova
2.Limiti e presupposti del mantenimento del figlio maggiorenne
3.Fondo patrimoniale e nullità del processo per mancata notifica dell'azione revocatoria al coniuge
4.Divorzio, svolgimento da parte della moglie di attività professionale prima del parto e successiva ripresa in forma part time e in ruolo meno qualificato
5.Separazione, pattuizioni economiche anteriori all'omologa ed efficacia obbligatoria
6.Eredità e pagamento degli oneri condominiali
7.Controversia fra eredi accettanti ed accettanti con beneficio di inventario
8.Esclusione dell'assegno divorzile per mancanza di disparità apprezzabile fra le parti
9.Revoca della donazione per ingratitudine in costanza di maltrattamenti
10.Accordi patrimoniali di separazione omologati, convenzioni successive assunte in sede di divorzio congiunto e omessa riproposizione di obblighi anteriori


1. DIVORZIO - Niente assegno divorzile se non è raggiunta la prova di un sacrificio per la conduzione della vita familiare
(Legge 1 dicembre 1970 n. 898, articolo 5)
In tema di assegno divorzile, il fatto che la richiedente si sia dedicata, durante il lungo matrimonio, alla cura dei figli e alla gestione della famiglia, non è sufficiente per obbligare l'ex marito a versarle il relativo assegno: è infatti, necessaria l'ulteriore prova di avere effettivamente rinunciato a precise e concrete prospettive di lavoro e di carriera.
Tribunale di Fermo, sentenza 3 febbraio 2023 - Pres. Marzialetti; Rel. Taverna

MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI - Mantenimento del figlio. Limiti e presupposti
(Cc, articoli 147, 148, 337-sexies e 337-septies)
Ai fini del riconoscimento dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all'età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo.
Ai figli maggiorenni non è riconosciuto il diritto al mantenimento allorquando si siano già avviati ad un'effettiva attività lavorativa tale da consentir loro una concreta prospettiva d'indipendenza economica.
Nel caso in esame, alla figlia del ricorrente, laureata e specializzata, con uno stipendio di 1100 euro, è stato revocato l'assegno di mantenimento a far data dalla domanda.
La sentenza sposa l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza in tema di mantenimento del figlio maggiorenne (viene citata la nota ordinanza della Cass. Civ., 14 agosto 2020, n. 17183): è ormai un dato acquisito che affinché cessi l'obbligo del mantenimento nei confronti del figlio maggiorenne, non è imprescindibile una situazione di indipendenza economica reale, effettiva ed attuale, essendo invece sufficiente che si siano create le condizioni per il conseguimento, poi, di tale risultato.
Tribunale di Campobasso, sentenza 27 aprile 2023 - Pres. Di Dedda; Rel. Dei Santi

3. FONDO PATRIMONIALE - Fondo patrimoniale e nullità del processo per mancata notifica dell'azione revocatoria al coniuge
(Cc, articoli 168, 170, 2740 e 2901; Cpc, articoli 102, 161 e 292)
In tema di azione revocatoria, la natura reale del vincolo di destinazione impresso dalla costituzione del fondo patrimoniale in vista del soddisfacimento dei bisogni della famiglia e la conseguente necessità che la sentenza faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il fondo è stato costituito comportano che, nel relativo giudizio per la dichiarazione della sua inefficacia, la legittimazione passiva spetta ad entrambi i coniugi, anche se l'atto costitutivo sia stato stipulato da uno solo di essi, spettando ad entrambi, ai sensi dell'art. 168 c.c., la proprietà dei beni che costituiscono oggetto della convenzione.
Nel caso di credito litigioso - comunque idoneo a determinare l'insorgenza della qualità di creditore che abilita all'esperimento dell'azione revocatoria - per stabilire se esso sia o meno sorto anteriormente all'atto di disposizione del patrimonio è necessario fare riferimento alla data del contratto, se di fonte contrattuale, o alla data dell'illecito se si tratta di credito risarcitorio da fatto illecito.
Nel caso di specie, dovendosi l'atto di costituzione del fondo patrimoniale, che è atto a titolo gratuito, collocare in un momento successivo al sorgere del credito della Banca, è sufficiente, ai fini dell'accoglimento della domanda di revocazione, la consapevolezza del pregiudizio (eventus damni) arrecato alle ragioni del creditore (scientia damni) in capo al debitore.
Accolto l'appello e, per l'effetto, dichiarata la nullità della sentenza di primo grado nei confronti di uno dei convenuti rimasti contumaci limitatamente all'azione revocatoria ex art. 2901 c.c. proposta nei suoi confronti dalla Banca creditrice.
Corte d'Appello Catanzaro, sezione II, sentenza 22 marzo 2023 n. 369 – Pres. Ruberto; Rel. Raschellà

4. DIVORZIO - Svolgimento da parte della moglie di attività professionale anteriormente al parto e successiva ripresa in forma part time e in ruolo meno qualificato
(Legge 1 dicembre 1970 n. 898, articoli 5 e 9)
Secondo la Corte d'Appello di Bologna, è corretta la decisione del Tribunale che ha accertato la disparità delle condizioni economico - reddituali delle parti , individuando l'importo di complessivi 500,00 euro al mese, come idoneo ad assicurare la conservazione di un certo equilibrio nelle condizioni economiche degli ex coniugi, per garantire il rispetto delle legittime aspettative maturate in relazione all'impegno profuso per la famiglia e compensativa (dei sacrifici fatti dal coniuge che ha rinunciato alle proprie occasioni di crescita professionale), attraverso gli indicatori di cui alla prima parte del 6 comma dell'art. 5 l. div., ossia, sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti, sulla durata decennale del matrimonio, sulle potenzialità professionali e patrimoniali.
Nel caso in esame, la moglie laureata in economia, ha fornito la prova documentale della disparità economica, ed ha dimostrato la distribuzione e l'organizzazione dei compiti nella famiglia: il marito era dedito al lavoro, mentre lei, era impegnata all'accudimento della famiglia.
Provata anche la progressione di carriera e dei redditi del marito, avendo egli stesso dichiarato ai Servizi Sociali la propria assenza ed attenzione alla carriera.
Corte d'Appello di Bologna, sentenza 24 novembre 2022 n. 2362 – Pres. Montanari; Rel. Allegra

5. SEPARAZIONE - Pattuizioni economiche anteriori all'omologa non trasfuse nell'accordo omologato ed efficacia obbligatoria
(Cc, articoli 160 e 1322; Cpc, articoli 96, 633, 634, 649, 708 e 710; Legge 1 dicembre 1970 n. 898, articoli 8 e 9)
In tema di separazione consensuale, le pattuizioni convenute dai coniugi anteriormente o contemporaneamente al decreto di omologazione e non trasfuse nell'accordo omologato si configurano come contratti atipici, aventi presupposti e finalità diversi sia dalle convenzioni matrimoniali che dagli atti di liberalità, nonché autonomi rispetto al contenuto tipico del regolamento concordato tra i coniugi, destinato ad acquistare efficacia giuridica soltanto in seguito al provvedimento di omologazione: ad esse, pertanto, può riconoscersi validità solo in quanto, alla stregua di un'indagine ermeneutica condotta nel quadro dei principi stabiliti dagli artt. 1362 e ss. c.c., risultino tali da assicurare una maggiore vantaggiosità all'interesse protetto dalla norma (ad esempio prevedendo una misura dell'assegno di mantenimento superiore a quella sottoposta ad omologazione), ovvero concernano un aspetto non preso in considerazione dall'accordo omologato e sicuramente compatibile con questo, in quanto non modificativo della sua sostanza e dei suoi equilibri, o ancora costituiscano clausole meramente specificative dell'accordo stesso, non essendo altrimenti consentito ai coniugi incidere sull'accordo omologato con soluzioni alternative di cui non sia certa a priori la uguale o migliore rispondenza all'interesse tutelato attraverso il controllo giudiziario di cui all'art. 158 c.c.
In mancanza di tali circostanze, l'accordo transattivo può produrre effetti obbligatori per le parti, anche prima e indipendentemente dal fatto che il suo contenuto sia stato recepito in un provvedimento dell'autorità giudiziaria.
Tribunale di Reggio Emilia, sentenza 22 novembre 2022 n.1218 - Giudice Rago

6. SUCCESSIONE – Eredità e pagamento degli oneri condominiali
(Cc, articoli 486 e 528; Cpc, articolo 295; Cc, articolo 63 disp. attuazione)
L'erede universale, tale nominata in un testamento della condomina morosa defunta, è responsabile per il pagamento delle spese condominiali.
Nessun rilievo ha la pendenza di un giudizio in ordine alla falsità del testamento.
Rigettata pertanto, l'opposizione al decreto ingiuntivo per la riscossione di spese condominiali, proposta da colei che risultava essere stata designata "erede universale" testamentaria della defunta condomina morosa.
NOTA
Cosa fare nel caso in cui penda giudizio sulla validità del testamento che contiene la delazione dell'erede convenuto dall'amministratore per il pagamento degli oneri condominiali del de cuius?
Può essere riconosciuta la sussistenza della pregiudizialità ex art. 295 c.p.c., della causa vertente sull'accertamento della nullità o dell'annullabilità di un testamento rispetto alla causa in cui l'asserito erede testamentario sia convenuto per il pagamento di un debito ereditario, pur in assenza dell'assoluta identità delle parti dei due giudizi, essendo oggetto della causa pregiudiziale il titolo di erede, invece dedotto come qualificazione legittimante della causa petendi esplicitata nella causa pregiudicata.
Tribunale Roma, sezione V, sentenza 29 marzo 2023 n. 5072 - Giudice Zanchetta

7. SUCCESSIONE - Controversia fra eredi accettanti ed accettanti con beneficio di inventario
(Cc, articolo 490)
Colui che accetta l'eredità con beneficio d'inventario, è erede con l'unica rilevante differenza, rispetto all'accettazione pura e semplice, che il patrimonio del defunto è tenuto distinto da quello dell'erede, e che si producono gli effetti conseguenti indicati. L'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, quindi, non determina, di per sé sola, il venir meno della responsabilità patrimoniale dell'erede per i debiti, anche tributari, ma fa solo sorgere il diritto di questo a non rispondere ultra vires hereditatis, ovverossia al di là dei beni lasciati dal de cuius.
La limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti ereditari, derivante dall'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, è opponibile a qualsiasi creditore.
L'erede è tenuto al pagamento solo con i beni ereditari (cum viribus hereditatis): pertanto, succede nei debiti ereditari, ma ne risponde, non solo nei limiti dei beni a lui pervenuti (pro viribus), ma altresì solo con gli stessi (cum viribus) e cioè, non anche con i suoi beni personali.
Tribunale di Modena, sezione I, sentenza 23 gennaio 2023 n. 107 – Giudice Bolondi

8. DIVORZIO – L'assenza di una disparità apprezzabile tra le parti esclude l'assegno divorzile
(Cc, articolo 337-ter; Legge 1 dicembre 1970 n. 898, articolo 5)
Il pregio della pronuncia delle Sezioni Unite del 2018 è quello di aver chiarito che l'assegno divorzile assicura al coniuge economicamente più debole una tutela in chiave perequativa, ogniqualvolta sussista una sensibile disparità di condizioni economico-patrimoniali e al tempo stesso una funzione compensativa, nella misura in cui l'assegno è finalizzato a ristorare il coniuge che abbia sacrificato le proprie ambizioni personali di realizzazione lavorativa in ragione di scelte endo-familiari.
In conclusione, all'assegno divorzile viene attribuita una funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, non finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla gestione del menage familiare e alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale.
Nel caso in esame, dall'esame comparato della situazione economico-patrimoniale delle parti è risultata l'assenza di una disparità apprezzabile tra le parti, tale da escludere che la moglie versi in una condizione deteriore rispetto a quella del marito.
Tribunale di Parma, sezione I, sentenza 18 gennaio 2023 n. 57 – Pres. Sinisi; Rel. Vena

9. DONAZIONE – Revoca della donazione per ingratitudine in costanza di maltrattamenti
(Cc, articoli 143, 151, 156, 463, 769, 770, 782, 800, 801 e 805)
La revocazione per ingratitudine può essere disposta (oltre che nelle ipotesi d'indegnità a succedere di cui ai nn. 1, 2 e 3 dell'art. 463 c.c.) quando il donatario si è reso colpevole di ingiuria grave verso il donante, ossia di un comportamento con il quale si rechi all'onore e al decoro del donante un'offesa suscettibile di ledere gravemente il patrimonio morale della persona.
I maltrattamenti sono circostanze atte a giustificare la revocazione per ingratitudine, ai sensi dell'art. 801 c.c., non essendo precluso tale accertamento dal fatto che le circostanze configuranti l'ingratitudine siano avvenuti anteriormente alla donazione e non conosciuti all'epoca dal donante, il quale le ha apprese successivamente.
Nel caso in esame, la moglie in costanza di matrimonio aveva violato il dovere di collaborazione nell'interesse della famiglia, di assistenza morale e materiale e leso i beni e i diritti fondamentali della persona dei due figli del marito, quali la loro incolumità, integrità fisica, morale e sociale.
Confermando la sentenza di primo grado, la Corte d'Appello felsinea ha revocato la donazione relativa alla quota pari ad 1/2 dell'immobile adibito ad abitazione familiare, condannando la convenuta sia alla restituzione dell'immobile sia al pagamento dei frutti percepiti e percipiendi dallo stesso.
Corte d'Appello di Bologna, sezione I, sentenza 13 dicembre 2022 – Pres. Montanari; Rel. Allegra

10. DIVORZIO - Accordi patrimoniali di separazione omologati, convenzioni successive assunte in sede di divorzio congiunto e omessa riproposizione di obblighi anteriori
La remissione del debito, quale atto abdicativo di natura negoziale, esige e postula che il diritto di credito si estingua conformemente alla volontà remissoria e nei limiti da questa fissati, ossia che l'estinzione si verifichi solo se ed in quanto voluta dal creditore con la conseguenza che la volontà di remissione presuppone anche, e in primo luogo, la consapevolezza, nel creditore, dell'esistenza del debito. Peraltro, pur non potendosi presumere, la remissione del debito può ricavarsi anche da una manifestazione tacita di volontà, ma in tal caso è indispensabile che la volontà abdicativa risulti da una serie di circostanze concludenti e non equivoche, assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto di credito.
Sulla base di questo principio, il Tribunale di Parma ha rigettato l'opposizione fatta dall'ex marito avverso il precetto notificatogli, con il quale la ex moglie, aveva preavvisato l'esercizio dell'azione esecutiva per il recupero del credito di € 23.600,00, come rata di un pagamento dovuto in base alle clausole raccolte nelle condizioni di separazione omologate non richiamate in sede di divorzio, se non con la clausola: "dichiarare che tutte le questioni di altra natura patrimoniale pendenti fra i ricorrenti saranno definite in separata sede".
Il marito sosteneva la remissione (successiva) del debito cosa che però, avrebbe preteso la volontà espressa del creditore, ossia della moglie. E' noto il principio secondo cui le rinunzie non si presumono. Pertanto, la remissione del debito deve contenere la manifestazione inequivoca di volontà del creditore volta alla rinuncia della prestazione. In mancanza di una manifestazione espressa, il giudice deve valutare in maniera rigorosa il contenuto della dichiarazione resa dal creditore ed il comportamento da esso tenuto al fine di accertare se possa effettivamente desumersi la sussistenza di univoca volontà di rinuncia.
Tribunale di Parma, sezione II, sentenza 18 maggio 2022 n. 640 - Giudice Vittoria

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