Professione e Mercato

Intercettazioni, per l’Anm il nodo dell’udienza filtro

di Giovanni Negri

Un apprezzamento nel metodo, visto che il testo del decreto è ancora provvisorio e che si è aperto un confronto preventivo. Ma perplessità nel merito. Ieri al ministero della Giustizia, nel “giro” di consultazioni avviato in vista della redazione del decreto legislativo di riforma della disciplina delle intercettazioni, è stata la volta dell’Anm. I maggiori dubbi dei magistrati riguardano l’introduzione dell’udienza filtro per selezionare le intercettazioni rilevanti da acquisire in dibattimento separandole dal materiale irrilevante che non può essere utilizzato: il timore è che un meccanismo di questo genere possa dilatare i tempi, andando a cozzare con l’esigenza di assicurare una durata ragionevole al processo. Altro punto critico è rappresentato dal divieto di riportare negli atti i virgolettati, da sostituire con i contenuti delle conversazioni. E poi l’utilizzo dei captatori informatici, i cosiddetti trojan, per intercettare gli smartphone nel corso di indagini: la bozza, infatti, lascia inalterate le regole attuali se si procede per i reati di mafia e terrorismo, ma introduce forti limiti negli altri casi.

Ieri è stata la volta anche del Consiglio nazionale forense. In parziale dissenso con Anm, il presidente Andrea Mascherin ha sottolineato come «non si rilevano particolari criticità nell’introduzione della possibilità di richiamo al contenuto invece che al virgolettato, purché si redigano delle linee guida che garantiscano l’omogeneità delle modalità di riassunto sul territorio e che il riassunto stesso sia esauriente, ciò sia nell’interesse dell’accusa che della difesa». Quanto alle osservazioni proposte al ministro, Mascherin ha spiegato di ritenere necessario che all’articolo 103 del codice di procedura penale venga inserito il divieto assoluto di ascolto del difensore: l’interesse alla riservatezza deve prevalere su ogni altra considerazione di carattere investigativo. Soprattutto perché l’ipotesi di utilità e utilizzabilità delle intercettazioni tra difensore e assistito è assolutamente rara e poco probabile.

In alternativa al divieto assoluto di ascolto - ha aggiunto Mascherin - è stata avanzata l’ipotesi di prevedere che il pm, nella sua richiesta di disporre le intercettazioni dell’utenza dell’indagato, debba illustrare i motivi specifici e gli argomenti a sostegno dell’esistenza di un concreto fumus in diritto e in fatto, che giustifichi anche l’ascolto dell’eventuale colloquio tra avvocato e assistito. Il giudice dovrà conseguentemente poi fornire specifica motivazione nell’autorizzare anche l’ascolto di questi colloqui.

E dalla Fnsi ieri è arrivata una lettera del segretario Raffaele Lorusso nella quale da una parte si apre a un confronto che però affronti anche il nodo delle querele temerarie e dall’altra si sottolinea il diritto riconosciuto ai giornalisti a un’informazione non solo su fatti di rilevanza penale.

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