Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:
1. Separazione con addebito ed affido esclusivo al genitore affidatario
2. Separazione, accordi negoziali ed inadempimento reciproco
3. Trust e benefici prima casa
4. Riconciliazione e domanda di divorzio
5. Separazione con addebito e condotte violente del coniuge
6. Stepchild adoption e aggiunta del cognome della madre adottante
7. Successione, azienda e decadenza dal beneficio di inventario
8. Divorzio e presupposti per l'attribuzione di quota del Tfr
9. Presupposti per la nomina dell'Amministratore di sostegno


1. SEPARAZIONE E AFFIDO ESCLUSIVO – Affido esclusivo se il padre manifesta carenza o inidoneità educativa (Cc, articoli 151 e 337-quater)
Se risulta nel padre una marcata "condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell'affidamento in concreto pregiudizievole per il minore" è opportuno rimettere al genitore affidatario ex articolo 337-quater comma III c.c anche l'esercizio in via esclusiva della responsabilità genitoriale, con riguardo alle questioni fondamentali (salute, educazione, istruzione, residenza abituale).
Tribunale Vercelli, sentenza, 12 settembre 2022, n. 395 – Pres. Tamagnone, Giud. Rel. Padalino

2. SEPARAZIONE E ACCORDI NEGOZIALI – Iniquo che una parte possa avvantaggiarsi dell'adempimento dell'altra, senza farsi carico dell'adempimento di obbligazioni di segno contrario (Cc, articoli 1362 e 1363)
E' iniquo che una parte possa avvantaggiarsi dell'adempimento dell'altra in ordine ad obbligazioni a sé favorevoli, senza al contempo doversi far carico dell'adempimento di obbligazioni di segno contrario.
Nel caso in esame il marito aveva proposto opposizione avverso il decreto, con il quale gli era stato ingiunto il pagamento in favore della ex moglie della somma capitale di Euro 23.324,58, oltre oneri e accessori corrispondente al 50% della somma che l'ingiungente era stata condannata a pagare ad una società per opere eseguite sulla ex casa familiare intestata in nuda proprietà a due dei tre figli e in usufrutto al figlio minore
Il marito deduceva che la casa coniugale era stata assegnata alla moglie in sede di separazione personale poi concessa in locazione a terzi, incassando i relativi canoni destinati a saldare il debito che sarebbe eventualmente sorto a conclusione del contenzioso giudiziario.
Secondo il Tribunale non rilevava l'incontestato inadempimento di cui si era reso responsabile il marito in relazione a quanto previsto nel verbale della separazione e precisamente al rimborso della metà di quanto complessivamente corrisposto dalla moglie ad una società, dal momento che anche la stessa si era resa, a sua volta, inadempiente in ordine alle obbligazioni a suo carico contenute nello stesso verbale, trattandosi di pattuizioni sinallagmaticamente tra di loro reciprocamente condizionate.
Tribunale Vicenza, sezione I, sentenza, 25 luglio 2022, n. 1356 – Giud. Lamagna

3. TRUST E BENEFICI PRIMA CASA - Il conferimento della nuda proprietà nel trust non integra, appunto, un atto traslativo (Dpr 131/1966, articolo 1 della tariffa allegata)
Il conferimento di un diritto in trust non comporta un atto di disposizione in senso proprio, non integrando con riguardo alla declaratoria di decadenza dei benefici fiscali riguardanti la prima casa, il presupposto di "atto traslativo a titolo oneroso o gratuito", compiuto prima del termine quinquennale previsto alla nota II-bis dell'articolo 1 della tariffa allegata al Dpr n. 131/1986. Pertanto, la circostanza che, nel caso di specie, le parti si siano riservate l'usufrutto ed abbiano mantenuto la residenza nell'immobile oggetto della segregazione rimane assorbita dalla preminente ragione che il conferimento della nuda proprietà nel trust non integra, appunto, un atto traslativo nei sensi sopraindicati.

NOTA

Per l'applicazione dell'imposta di donazione, così come di quella proporzionale di registro ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale; nel trust di cui alla legge n. 364 del 1989, di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Aja 1 luglio 1985, un trasferimento così imponibile non è riscontrabile nè nell'atto istitutivo nè nell'atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo.
In tema di "trust", l'imposta sulle successioni e donazioni, prevista dall'articolo 2, comma 47, Dl 3 ottobre 2006, n. 262 (convertito con modificaziono dalla legge n. 286 del 2006) anche per i vincoli di destinazione, è dovuta non al momento della costituzione dell'atto istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri in quanto meramente attuativi degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo, bensì in seguito all'eventuale trasferimento finale del bene al beneficiario, in quanto solo quest'ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell'articolo 53 Cost.
La giurisprudenza, in un primo momento, ha interpretato l'articolo 2, comma 47, della legge n. 262/2006, nel senso che la norma sottolinerebbe «la volontà del legislatore di istituire una vera e propria nuova imposta che colpisce tout court degli atti che costituiscono vincoli di destinazione» (Cass. sez. VI - 5, sent. n. 4482/2016). In questa sentenza venne, sul piano della costituzionalità della norma, affermato che l'atto negoziale istitutivo del vincolo denota una capacità contributiva e giustifica la tassazione a prescindere dalla "identificazione di un qualche "utile" o "vantaggio" percepito da un soggetto e quindi - ad esempio-... (d)alla acquisizione dei beni da parte di un soggetto legittimato ad utilizzarli a proprio esclusivo vantaggio.... L'atto negoziale (istitutivo del vincolo) esprime infatti una capacità contributiva ancorché non determini (o non determini ancora) alcun vantaggio economico diretto per qualcuno. La gran parte della tassazione indiretta colpisce, del resto, la manifestazione di ricchezza e non (necessariamente) l'arricchimento.
Successivamente altre decisioni di legittimità (Cassazione n. 13626/2018; n. 31445/2018; n. 31446/2018; n. 734/2019), pur riconoscendo la non assoggettabilità del trust alla imposta di donazione, hanno operato dei distinguo a seconda delle diverse forme.
L'orientamento al quale la Corte di legittimità è pervenuta, invece, considera tutte le diverse forme di trust, fornendo una soluzione che deve ritenersi applicabile a tutte le diverse forme di manifestazione. In ogni tipologia di trust, dunque, l'imposta proporzionale non andrà anticipata né all'atto istitutivo, né a quello di dotazione, bensì riferita a quello di sua attuazione e compimento mediante trasferimento finale del bene al beneficiario. Dunque, il fatto che il beneficiario sia individuato fin dall'atto istitutivo non spiega l'immediata tassazione proporzionale, posto che la sola designazione, per quanto contestuale e palese (cosiddetto trust 'trasparente'), non equivale in alcun modo a trasferimento immediato e definitivo del bene.
Prendendo atto delle innumerevoli sentenze della Suprema Corte, che hanno stabilito la tassazione fissa per la devoluzione in trust dei beni, l'11 agosto 2021 l'Agenzia delle Entrate ha pubblicato la circolare in bozza per consultazione pubblica con la quale cambia radicalmente opinione.

Commissione tributaria provinciale Firenze, sezione I, sentenza 1 luglio 2022, n. 340 – Pres. Genovese, Rel. Galasso

4. SEPARAZIONE E DIVORZIO - L'intervenuta riconciliazione dei coniugi rende improcedibile la domanda di divorzio (Cc, articolo 157)
Nella disciplina della cessazione degli effetti civili del matrimonio, il pregresso stato di separazione tra i coniugi (concretante un vero e proprio requisito dell'azione, ex articolo 3 n. 2 della legge n. 898 del 1970) può legittimamente dirsi interrotto nel caso in cui si sia concretamente e durevolmente ricostituito il preesistente nucleo familiare nell'insieme dei suoi rapporti materiali e spirituali sì da ridar vita al pregresso vincolo coniugale, e non anche quando il riavvicinamento dei coniugi, pur con la ripresa della convivenza e dei rapporti sessuali, rivesta caratteri di temporaneità ed occasionalità.

NOTA

Ai sensi dell'articolo 157 c.c. i coniugi possono di comune accordo, senza che sia necessario l'intervento del giudice, far cessare gli effetti della sentenza di separazione con un'espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia compatibile con lo stato di separazione. Affinchè operi la riconciliazione, occorre il cosiddetto animus conciliandi, ovvero la volontà dei coniugi, di volere ripristinare il rapporto di coniugio è stata espressa per comportamenti concludenti.
Non sono sufficienti ad integrare la riconciliazione comportamenti quali:
■ saltuari ritorni del marito nel luogo di residenza della moglie;
■ la ripresa sperimentale della convivenza;
■ visite giornaliere al coniuge separato bisognoso di cure;
■ saltuari rapporti sessuali.
Solitamente, il coniuge che intenda provare la riconciliazione, tenta di dimostrare che si sono verificati alcuni dei seguenti fatti: la ripresa non saltuaria della convivenza; che i coniugi abbiano ripreso a svolgere assieme una vita sociale, frequentando parenti ed amici; la ripresa dei rapporti sessuali; lo svolgimento di periodi di vacanza assieme. Tutti atteggiamenti che sono stati tenuti nel caso in esame.

Tribunale di Bergamo, sentenza 13 luglio 2022 n. 1746 – Pres. Marrapodi, Giud. Rel. Costanzo

5. SEPARAZIONE CON ADDEBITO – Ai fini dell'affidamento devono essere presi in considerazione gli episodi di violenza (Cc, articolo 316 bis; Cp, articolo 570)
In tema di addebitabilità della separazione personale, infatti, ove i fatti accertati a carico di un coniuge costituiscano violazione di norme di condotta imperative ed inderogabili, e si traducano nell'aggressione a diritti fondamentali della persona, quali l'incolumità e l'integrità fisica, oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner, si ravvisano elementi di per sé sufficienti per l'accoglimento della domanda.
Posto che l'articolo 31 della 'Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica', cosiddetta Convenzione di Istanbul, ratificata dall'Italia con la legge del 27 giugno 2013, n. 77 (in vigore nell'agosto 2014), dispone che «al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, devono essere presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della Convenzione», le condotte qualificabili come atti di violenza domestica devono essere considerate ai fini della determinazione del regime di affidamento esclusivo.
Tribunale di Terni, sentenza 27 maggio 2022 n. 448 – Pres. Rel. Velletti

6. STEPCHILD ADOPTION E COGNOME. Al minore viene attribuito anche il cognome della madre adottante (Cc, articoli 74, 299 e 300; legge 184/1983, articoli 27, 44 lettera d) e 55; legge 20 maggio 2016, n. 76)
In tema di adozione in casi particolari, l'articolo 44, comma 1, lettera d), della legge n. 183 del 1994, integra una clausola di chiusura del sistema, intesa a consentire l'adozione tutte le volte in cui è necessario salvaguardare la continuità affettiva ed educativa della relazione tra adottante ed adottando, come elemento caratterizzante del concreto interesse del minore a vedere riconosciuti i legami sviluppatisi con altri soggetti che se ne prendono cura, con l'unica previsione della "condicio legis" della «constatata impossibilità di affidamento preadottivo», che va intesa, in coerenza con lo stato dell'evoluzione del sistema della tutela dei minori e dei rapporti di filiazione biologica ed adottiva, come impossibilità "di diritto" di procedere all'affidamento preadottivo e non di impossibilità "di fatto", derivante da una situazione di abbandono (o di semi abbandono) del minore in senso tecnico-giuridico. La mancata specificazione di requisiti soggettivi di adottante ed adottando, inoltre, implica che l'accesso a tale forma di adozione non legittimante è consentito alle persone singole ed alle coppie di fatto, senza che l'esame delle condizioni e dei requisiti imposti dalla legge, sia in astratto (l'impossibilità dell'affidamento preadottivo) che in concreto (l'indagine sull'interesse del minore), possa svolgersi dando rilievo, anche indirettamente, all'orientamento sessuale del richiedente ed alla conseguente relazione da questo stabilita con il proprio "partner".
Posto che la condizione giuridica del minore adottato in casi particolari deve essere equiparata allo status di figlio minore e che non sussistono ragioni che giustifichino il mancato instaurarsi di rapporti civili "tra l'adottato e i parenti dell'adottante", conseguentemente, l'adottante trasmette il suo cognome all'adottato che vien in tal caso posposto a quello già esistente.
Nel caso in esame, la ricorrente aveva chiesto che non fosse aggiunto il cognome della compagna adottante a quello già portato dal minore adottato, in modo da salvaguardare l'identità del minore.
Tale richiesta è stata rigettata dal Tribunale per i minorenni.
Nel richiamare il principio espresso nella nota sentenza della Cassazione 22 giugno 2016 n. 12962, il Tribunale per i minorenni veneziano ha condiviso l'interpretazione estensiva data dalla giurisprudenza, al requisito previsto dall' articolo 44, lettera d) della legge 184/1983, ("impossibilità di affidamento preadottivo"), in base alla quale devono ritenersi ricomprese nella previsione normativa tutte le ipotesi in cui, pur in difetto di uno stato di abbandono, sussista in concreto l'interesse del minore a vedere riconosciuti i legami affettivi sviluppatisi con altri soggetti, che se ne prendano cura.
Tribunale per i Minorenni di Venezia, sentenza 22 settembre 2022 – Pres. Rossi, Giud. Rel. Moretti

7. SUCCESSIONE – Essere titolari di un'azienda non comporta la decadenza dal beneficio di inventario (Cc ,articoli 490, 491, 493, 496 e 500 ; Cpc articolo 749)
L'affitto di azienda, della durata di soli due anni, costituisce un vero e proprio atto di gestione e non di alienazione e consente non solo la prosecuzione dell'attività dell'azienda, ma anche di lucrare i canoni di affitto. La disciplina della eredità beneficiaria comporta l'obbligo per l'erede accettante di amministrare il patrimonio ereditario e di soddisfare con i beni dell'asse i creditori ed i legatari. Egli è obbligato ad utilizzare la diligenza del buon padre di famiglia e risponde esclusivamente per la sola colpa grave, essendo comunque proprietario dei beni: difatti l'accettazione beneficiaria comporta esclusivamente la limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti ereditari intra vires et cum viribus hereditatis.
La dichiarazione di essere unico proprietario dell'azienda commerciale ed oggetto di affitto non comporta alcuna decadenza.
Corte d'Appello Roma, sezione lavoro, sentenza, 19 aprile 2022, n. 1695 – Pres. Garzia, Cons. Rel. Nitto de' Rossi

8. DIVORZIO – Improcedibile la domanda di attribuzione di quota del Tfr se la sentenza non è passata in giudicato (Legge 898/1970, articoli 5, 12-bis)
La domanda ex articolo 12 bis della legge n. 898/1970 è improcedibile, in assenza di uno dei presupposti richiesti dalla legge, ossia il passaggio in giudicato della sentenza che ha riconosciuto alla ricorrente un assegno divorzile, al momento del deposito del ricorso.

NOTA
L'articolo 12- bis della legge sul divorzio 1 dispone al primo comma che "il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza"; il comma 2 della norma precisa poi che "tale percentuale è pari al 40% dell'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio".
Presupposto per l'attribuzione della quota dell'indennità di fine rapporto è la corresponsione dell'assegno di divorzio da parte dell'ex coniuge; legittimato alla domanda non è dunque il coniuge solamente separato.
La titolarità della quota del Tfr è subordinata alla sussistenza di tre presupposti:
– che la domanda relativa all'indennità sia formulata dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio (App. Milano, 4 maggio 1993);
– che il coniuge richiedente non abbia contratto un nuovo matrimonio;
– che sia titolare dell'assegno di divorzio.
In dottrina si sottolinea come non sia necessario il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio per l'attribuzione della quota in questione, "che può avvenire con la citata sentenza, contestualmente all'attribuzione dell'assegno". Altra parte della giurisprudenza di merito, invece, afferma che la domanda volta ad ottenere la quota di Tfr, non sarebbe proponibile nell'ambito del giudizio di scioglimento del matrimonio, presupponendo tale domanda lo stato di divorzio.

T ribunale di Bologna, sentenza 30 giugno 2022 – Pres. Palumbi, Giud. Rel. D'Addabbo

9. AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO – Rigetto dell'istanza per la nomina di AdS se lo stato maniacale regredisce (Cc, articoli 404 e 405; Legge 9 gennaio 2004 n. 6)
In tema di amministrazione di sostegno, nel caso in cui l'interessato sia persona pienamente lucida che rifiuti il consenso o, addirittura, si opponga alla nomina dell'amministratore, e la sua protezione sia già di fatto assicurata dal sistema di deleghe ai servizi sociali, il giudice non può imporre misure restrittive della sua libera determinazione, pena la violazione dei diritti fondamentali della persona, di quello dell'autodeterminazione, e della dignità personale dell'interessato.
Tribunale di Bologna, decreto 11 maggio 2022 – Giudice Tutelare Materia

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