Civile

Comunione dei coniugi, chi ha goduto del bene senza titolo deva pagare un ristoro pro quota

Il comproprietario deve corrispondere agli altri partecipanti alla comunione i frutti civili con decorrenza dalla data in cui allo stesso perviene manifestazione di volontà degli altri di avere un uso turnario o comunque di godere per la loro parte del bene

di Mario Finocchiaro

In materia di comunione del diritto di proprietà, allorché per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non sia possibile un godimento diretto tale da consentire a ciascun partecipante alla comunione di fare parimenti uso della cosa comune, secondo quanto prescrive l'art. 1102 Cc, i comproprietari possono deliberarne l'uso indiretto. In mancanza di deliberazione, prosegue l'ordinanza 18 aprile 2023 n. 10264 della Corte di cassazione, il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l'intero bene da solo senza un titolo che giustificasse l'esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell'utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili con decorrenza dalla data in cui allo stesso perviene manifestazione di volontà degli altri comproprietari di avere un uso turnario o comunque di godere per la loro parte del bene (principio enunciato in motivazione, ai sensi dell'art. 384 Cpc).

La vicenda
Nella specie due coniugi avevano acquistato, in costanza di matrimonio, in regime di comunione legale, un appartamento.
Ancorché fosse stata rigettata la sua domanda di assegnazione della casa coniugale, il marito, sia nel corso della separazione che successivamente, aveva occupato in via esclusiva l'appartamento.
Preso atto di tale utilizzazione, esclusiva, del bene comune da parte di uno dei comproprietari, sia il tribunale che la Corte di appello, hanno condannato il marito al pagamento, in favore della moglie di una somma annua, a titolo di indennità di occupazione dell'immobile, per tutto il periodo, anteriormente allo scioglimento della comunione, in cui il marito aveva goduto in via esclusiva dell'immobile.
Diversamente la S.C. ha ritenuto che il giudice a quo avesse falsamente applicato, per risolvere la questione, invece delle norme sulla comunione, l'art. 1148 Cc che disciplina il caso – diverso – della sorte dei frutti naturali o civili percepiti dal possessore di buona fede il quale debba restituire la cosa al rivendicante.
Per l'effetto ha cassato, con rinvio, la sentenza impugnata enunciando – ai sensi dell'art. 384 Cpc – il principio esposto in massina.

I principi giurisprudenziali
Alla luce di un primo principio giurisprudenziale, fatto proprio – in sostanza – anche dalla pronunzia in rassegna, l'uso esclusivo del bene comune da parte di uno dei comproprietari, nei limiti di cui all'art. 1102 Cc, non è idoneo a produrre alcun pregiudizio in danno degli altri comproprietari che siano rimasti inerti o abbiano acconsentito a esso in modo certo e inequivoco, essendo l'occupante tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili ricavabili dal godimento indiretto della cosa solo se gli altri partecipanti abbiano manifestato l'intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e non gli sia stato concesso, Cassazione, sentenza 9 febbraio 2015, n. 2423.
Sempre in questo senso, in altre occasioni, si è precisato, peraltro, che, in tanto l'occupante esclusivo è tenuto a corrispondere agli altri proprietari una indennità per il godimento della cosa, in quanto costoro, alternativamente, o hanno formulato richiesta di un uso turnario dell'immobile [ed in tal momento sorge il loro credito], o hanno provato che il comproprietario che ha avuto l'uso esclusivo del bene ne ha tratto anche un vantaggio patrimoniale, Cassazione, sentenze 20 gennaio 2022, n. 1738; 3 dicembre 2010, n. 24647 e 4 dicembre 1991, n. 13036, in Giurisprudenza italiana, 1992, I, 1, c. 1752.
Tale ultima precisazione lascia perplessi, tenuto presente che non pare possa dubitarsi che in caso di godimento, in via esclusiva, di un immobile destinato ad abitazione, da parte di uno dei comproprietario, costui ha un vantaggio patrimoniale (costituito dal mancato pagamento delle quote di canone spettanti agli altri comproprietari).
In una fattispecie del tutto sovraopponibile a quella ora all'attenzione del S.C., infine, si è precisato, in altra occasione, che all'esito dello scioglimento della comunione legale, ciascun coniuge può domandare la divisione del patrimonio comune, da effettuarsi secondo i criteri stabiliti agli artt. 192 e 194 Cc, e il coniuge rimasto nel possesso esclusivo dei beni fruttiferi (nel caso, bene immobile) già appartenenti alla comunione legale è tenuto, in base ai principi generali (art. 820, comma 3, Cc), al pagamento, in favore dell'altro coniuge, del corrispettivo pro quota di tale godimento, quali frutti spettanti ex lege, a prescindere da comportamenti leciti o illeciti altrui. Tali frutti civili si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto (art. 821, comma 3, Cc), a far data dalla domanda di divisione, quale momento d'insorgenza del debito di restituzione (pro quota) del bene medesimo (art. 1148 Cc), Cassazione, sentenza 24 maggio 2005, n. 10896, in Vita notarile, 2005, p. 1524, nonché in Notariato, 2006, p. 404, con nota di Romoli T., Acquisti con denaro personale del coniuge in comunione legale.
Diversamente, secondo altro indirizzo giurisprudenziale, si afferma che in materia di comunione , il comproprietario di un bene fruttifero che ne abbia goduto per l'intero senza un titolo giustificativo - esclusa l'applicabilità dell'art. 1148 Cc, che disciplina il diverso caso della sorte dei frutti naturali o civili percepiti dal possessore di buona fede tenuto a restituire la cosa al rivendicante - deve corrispondere agli altri, quale ristoro per la privazione dell'utilizzazione pro quota del bene comune, i frutti civili, che, identificandosi con il corrispettivo del godimento dell'immobile che si sarebbe potuto concedere a terzi secondo i correnti prezzi di mercato, possono essere individuati, solo in mancanza di altri più idonei criteri di valutazione, nei canoni di locazione percepibili per l'immobile [e, quindi, senza che sia necessaria una espressa richiesta per un godimento turnario del bene], Cassazione, sentenza 5 settembre 2013, n. 20394.
Sempre in questo senso in molteplici occasioni si è affermato che i frutti civili, dovuti dal comproprietario che abbia utilizzato, in via esclusiva, un bene rientrante nella comunione, hanno, ai sensi dell'art. 820, comma 3, Cc, la funzione di corrispettivo del godimento della cosa e possono essere liquidati con riferimento al valore figurativo del canone locativo di mercato, Cassazione, sentenza 5 aprile 2012, n. 5504.
In particolare:
- in tema di uso della cosa comune, sussiste la violazione dei criteri stabiliti dall'art. 1102 Cc in ipotesi di occupazione dell'intero immobile ad opera del comproprietario e la sua destinazione ad utilizzazione personale esclusiva, tale da impedire all'altro comproprietario il godimento dei frutti civili ritraibili dal bene, con conseguente diritto ad una corrispondente indennità, Cassazione, sentenza 30 marzo 2012, n. 5156, che ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la liceità dell'uso esclusivo della casa familiare da parte di un coniuge, protrattosi in seguito alla revoca dell'ordinanza di assegnazione dell'alloggio pronunciata nel corso del giudizio di separazione personale, nonostante il dissenso espresso dall'altro coniuge contitolare;
- il comproprietario che sia risultato assegnatario del bene a seguito del giudizio di primo grado e che, tuttavia, non ne tragga diretto godimento, per non essergli quello rilasciato dal condividente che ne ha abbia la concreta disponibilità, ha diritto a conseguire da quest'ultimo i frutti del bene medesimo, maturati dopo la sentenza di primo grado, considerando che il protrarsi del giudizio in sede di impugnazione - e, con esso, della privazione del godimento del bene, in considerazione della natura costitutiva della sentenza di scioglimento della comunione che, per il prodursi dei suoi effetti, presuppone, anche relativamente al diritto al rilascio del bene, il passaggio in giudicato - non può pregiudicare il diritto dell'avente diritto di pretendere le rendite che gli sono dovute, Cassazione, ordinanza 18 novembre 2021, n. 35210;
- il condividente di un immobile che durante il periodo di comunione abbia goduto del bene in via esclusiva senza un titolo giustificativo, deve corrispondere agli altri i frutti civili, quale ristoro della privazione della utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, con riferimento ai prezzi di mercato correnti dal tempo della stima per la divisione a quello della pronuncia, Cassazione, sentenze 6 aprile 2011, n. 7881 e 2 agosto 1990, n. 7716, in Archivio delle locazioni e del condominio, 1991, p. 72;
- in tema di divisione ereditaria, agli effetti dell'obbligo del condividente di versare agli altri, pro quota, i frutti civili del bene comune goduto in esclusiva durante la comunione, qualora si tratti di immobile soggetto al regime vincolistico della legge 27 luglio 1978, n. 392, il rendimento immobiliare deve essere determinato con riferimento a tale legge, anche quanto alla periodica rivalutazione del canone di locazione, Cassazione, sentenza 29 agosto 2014, n. 18445. Sempre nel senso che il condividente che abbia goduto il bene comune in via esclusiva senza titolo giustificativo, è tenuto alla corresponsione dei frutti civili agli altri condividenti, quale ristoro della privazione del godimento pro quota, Cassazione, sentenza 14 gennaio 2014, n. 640;
- in tema di uso della cosa comune, nell'ipotesi di sottrazione delle facoltà dominicali di godimento e disposizione del bene, è risarcibile, sotto l'aspetto del lucro cessante, non solo il lucro interrotto, ma anche quello impedito nel suo potenziale esplicarsi, ancorché derivabile da un uso della cosa diverso da quello tipico. Tale danno, da ritenersi in re ipsa, ben può essere quantificato in base ai frutti civili che l'autore della violazione abbia tratto dall'uso esclusivo del bene, imprimendo ad esso una destinazione diversa da quella precedente, Cassazione, sentenza 7 agosto 2012, n. 14213.

Considerazioni finali
Oltre le considerazioni che precedono, infine, preme sottolineare che la pronunzia di merito è censurabile anche sotto altro profilo e, in particolare, nella parte in cui ha disposto [in primo grado, con sentenza del 2016] il pagamento in favore dell'attrice dell'importo di euro …. annui, oltre rivalutazione ISTAT dal febbraio 2007 fino allo scioglimento della comunione tra le parti sull'immobile in questione.
Tale affermazione, infatti, prescinde totalmente dal non equivoco disposto dell'art. 191, comma 2, Cc (inserito, con decorrenza dal 26 maggio 2015, dall'art. 2, legge 6 maggio 2015, n. 55 ed applicabile anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 55 del 2015 [26 maggio 2015] anche nei casi in cui il procedimento di separazione che ne costituisce il presupposto risulti ancora pendente alla medesima data) secondo cui nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati.
In pratica, pertanto, i giudici del merito hanno emesso una pronunzia impossibile.
Il comunista che aveva goduto l'immobile in via esclusiva, infatti, avrebbe dovuto, annualmente, corrispondere una somma con decorrenza da una data in cui l'obbligo era già – in forza della stessa pronunzia – cessato.
In realtà l'obbligo in questione, sorto [a mio avviso, alla luce della giurisprudenza ricordata sopra, che la sentenza in commento ha ritenuto di non poter seguire] sin dal momento in cui, per qualsiasi motivo, uno dei coniugi è rimasto l'unico beneficiario della casa coniugale, deve protrarsi non sino al momento dello scioglimento della comunione legale tra i coniugi (a norma dell'art. 191 Cc) ma sino alla concreta divisione dei beni oggetto di comunione, ai sensi dell'art. 194 Cc.

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