Società

La controllata risponde degli illeciti anticoncorrenziali commessi dalla sola controllante (e viceversa)

La sentenza in commento (Corte Ue, sentenza del 6 ottobre 2021 nella causa C-882/19) da un lato, amplia il novero dei responsabili per gli illeciti anticoncorrenziali, dall'altro, fissa dei limiti per evitare pretese illogiche e arbitrarie

di Emanuele Stabile

"L'articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che la vittima di una pratica anticoncorrenziale di un'impresa può proporre un'azione di risarcimento danni indifferentemente nei confronti di una società madre che è stata sanzionata dalla Commissione europea per tale pratica in una decisione o nei confronti di una società figlia di tale società che non è oggetto di detta decisione qualora esse costituiscano insieme un'unità economica. La società figlia interessata deve poter far valere efficacemente i propri diritti di difesa per dimostrare di non appartenere a tale impresa e, qualora non sia stata adottata alcuna decisione da parte della Commissione ai sensi dell'articolo 101 TFUE, ha anche il diritto di contestare l'esistenza stessa del presunto comportamento illecito. L'articolo 101, paragrafo 1, TFUE, inoltre, osta a una normativa nazionale che prevede la possibilità di imputare la responsabilità del comportamento di una società a un'altra società soltanto nel caso in cui la seconda società controlli la prima società".
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, nella causa C-882/19 con sentenza del 06.10.2021.

La M.B.T.E SL era una società di diritto spagnolo controllata al 100% dalla capogruppo tedesca D. Tra il 1997 e il 1999 la S. SL, altra società di diritto spagnolo, acquistava dalla M.B.T.E SL due autocarri per il tramite del concessionario S.M. SL appartenente al gruppo D. Con Decisione del 2016 la Commissione europea accertava che tra il 1997 e il 2011 D. aveva partecipato, insieme ad altre società, a un cartello determinante l'aumento del prezzo di vendita dei propri beni in violazione dell'art. 101 TFUE. La S. SL citava la M.B.T.E SL davanti al Tribunale del commercio di Barcellona per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al sovrapprezzo pagato a causa del cartello. Il Tribunale respingeva la domanda ritenendo che solo la D. fosse legittimata passiva. L'attrice impugnava la decisione e la Corte provinciale d'Appello di Barcellona sollevava quattro questioni pregiudiziali dinanzi alla Corte di Giustizia UE. Quest'ultima, dunque, ha dovuto stabilire se la responsabilità per le pratiche anticoncorrenziali commesse dalla controllante si estenda alle controllate e viceversa.

L'art. 101 TFUE vieta gli accordi, sotto qualsiasi forma, tra "imprese" aventi per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno e il Regolamento 1/2003 del Consiglio disciplina l'applicazione in concreto del diritto antitrust europeo. L'art. 71 della Legge 15/2007 sulla tutela della concorrenza in Spagna, per quanto qui interessa, inoltre, prevede che "… b) le azioni di un'impresa possono essere imputate anche alle imprese o persone che la controllano, tranne quando il suo comportamento economico non è determinato da nessuna di esse".

Sulle prime tre questioni pregiudiziali riguardanti la responsabilità della controllata per le pratiche anticoncorrenziali commesse dalla controllante, innanzitutto, la sentenza richiama i principi dell'efficacia diretta e dell'effetto utile dell'art. 101 TFUE. Essi legittimano il danneggiato a chiedere il risarcimento dei danni diretti, ossia subiti in prima persona. Tale diritto, inoltre, scoraggia ulteriori infrazioni della norma così prevenendo i danni indiretti recati alla struttura e al funzionamento del mercato.

L'azione risarcitoria, in secondo luogo, deve esercitarsi verso le "imprese". Quest'ultimo concetto non è definito dai trattati, bensì dalla giurisprudenza in tal modo: "… tale unità economica consiste in un'organizzazione unitaria di elementi personali, materiali e immateriali che persegue stabilmente un determinato fine di natura economica, organizzazione che può concorrere alla realizzazione di un'infrazione prevista dall'articolo 101, paragrafo 1, TFUE" (cfr. ex multis sentenza Corte di Giustizia UE del 01.07.2010, C407/08, Knauf Gips/Commissione, EU:C:2010:389). Si tratta di una nozione funzionale basata sull'unitario soggetto economico esercitante attività imprenditoriale piuttosto che sui diversi soggetti giuridici costituenti l'impresa. Tale definizione, peraltro, è recepita dalla Direttiva 2014/104/UE regolante il diritto al risarcimento per violazioni a livello nazionale ed europeo della concorrenza.

La Corte, in terzo luogo, richiama un orientamento giurisprudenziale per cui "il comportamento di una società figlia può essere imputato alla società madre in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale società figlia non determini in modo autonomo, al momento della commissione dell'infrazione, la propria linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società madre … di modo che, in tale situazione, queste ultime fanno parte di una stessa unità economica" (cfr. sentenze Corte di Giustizia UE del 10.09.2009, C97/08 P,  Akzo Nobel e a./Commissione, EU:C:2009:536 e del 27.04.2017, C516/15 P, Akzo Nobel e a./Commissione, EU:C:2017:314).

L'eterodirezione priva la controllata dell'indipendenza necessaria a qualificarla come un soggetto autonomo dalla controllante. Le società, dunque, seppur giuridicamente distinte, sono un unico soggetto economico a cui è imputata l'infrazione.

In virtù di tale orientamento e della suddetta nozione d'impresa, la Corte afferma una responsabilità solidale delle società madre e figlia eterodiretta per gli illeciti commessi da quest'ultima.
A sostegno di tale tesi la sentenza ricorda che né l'art. 23, par. 2, let. a) Regolamento 1/03, né la giurisprudenza hanno mai determinato il soggetto responsabile in via esclusiva dell'illecito anticoncorrenziale. La menzionata conclusione non viola nemmeno il principio della responsabilità personale giacché della sanzione risponde sempre l'unitario soggetto economico che ha commesso l'illecito.

Sulla quarta questione pregiudiziale, ossia la compatibilità con il diritto europeo della disciplina statale che imputi alla sola controllante la responsabilità dei comportamenti della controllata, ma non viceversa, la sentenza si richiama ai suddetti principi per affermarne l'illegittimità.

Ebbene, nel presente caso, la Corte afferma che come la controllante possa rispondere degli illeciti commessi dalla controllata, così valga anche il contrario. D'altronde, una diversa conclusione sarebbe illogica e discriminatoria. Il danneggiato, però, deve provare il legame tra le società e una connessione tra l'attività svolta dalla controllata e l'oggetto dell'infrazione. Per di più, la società figlia, esercitando il proprio ineliminabile diritto di difesa, potrà sempre contestare sia l'appartenenza all'impresa, sia l'infrazione addebitata, purché quest'ultima non sia stata contestata dalla Commissione in una Decisione. Insomma, la sentenza, da un lato, amplia il novero dei responsabili per gli illeciti anticoncorrenziali, dall'altro, fissa dei limiti per evitare pretese illogiche e arbitrarie.

In conclusione, la Corte di Giustizia ritiene che "… nell'ambito di un'azione di risarcimento danni, fondata sull'esistenza di un'infrazione all'articolo 101, paragrafo 1, TFUE, constatata dalla Commissione con una decisione, un'entità giuridica che non sia indicata in tale decisione come autrice dell'infrazione al diritto della concorrenza può nondimeno essere sanzionata per il comportamento illecito di un'altra persona giuridica allorché tali persone giuridiche facciano tutte e due parte della stessa entità economica e formino così un'impresa".

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