Civile

Sulla domanda di protezione umanitaria il tribunale giudica con rito collegiale

La Suprema corte (ordinanza 242) detta un principio applicabile alle domande di protezione umanitaria “sopravvissute” all’abolizione di questo tipo di tutela da parte del decreto Sicurezza (Dl 133/2018)

di Patrizia Maciocchi

Sulla domanda di protezione umanitaria dello straniero la competente sezione specializzata del tribunale giudica in composizione collegiale e pronuncia un decreto non impugnabile ma ricorribile in Cassazione, come previsto dal Dl 13/2017. La Suprema corte (ordinanza 242) detta un principio applicabile alle domande di protezione umanitaria “sopravvissute” all’abolizione di questo tipo di tutela da parte del decreto Sicurezza (Dl 133/2018). E dunque alle istanze che sono arrivate in questura, prima del 5 ottobre 2018, data di entrata in vigore della norma. Un numero consistente se si considera che nel 2017 sono state circa 81 mila. Nello specifico viene analizzato il ricorso di un immigrato che aveva, come accade nella maggior parte dei casi, cumulato più domande. L’obiettivo principale era ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria e, in via subordinata, la protezione umanitaria.

La Suprema corte prende le distanze da alcuni precedenti che, quanto al regime applicabile, facevano un distinguo tra le domande di protezione umanitaria e quelle per il riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria e di impugnazione dei provvedimenti adottati dall’Unità Dublino. Per la Suprema corte un’ingiustificata disparità di trattamento tra chi fa domanda per una delle protezioni maggiori e chi chiede la protezione umanitaria. Lo stesso vale per le impugnazioni: a chi ha agito per lo status di rifugiato e per la protezione sussidiaria sarebbe precluso l’appello che spetterebbe invece per la protezione minore.

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