Civile

Cartelle, la vecchia definizione liti non vale per la decadenza dalle rate

di Andrea Taglioni

La cartella di pagamento con l’iscrizione a ruolo delle somme dovute a seguito della decadenza dalla rateizzazione non può beneficiare della definizione agevolata delle liti ex articolo 6 del Dl 119/2018. In questo caso, il mancato pagamento di alcune rate conseguente alla dilazione degli avvisi bonari determina l’iscrizione a ruolo dell’importo dovuto (oltre che degli interessi e sanzioni), senza che la cartella di pagamento possa costituire il primo atto di conoscenza della pretesa tributaria, e senza che ad essa possa attribuirsi la natura sostanziale di atto impositivo. Ad affermarlo è la Cassazione con l’ordinanza 4854/2023 del 16 febbraio.

La controversia traeva origine dall’impugnazione di una cartella di pagamento relativa all’Ires e all’Iva dichiarata ma non versata per la quale era stata concessa la rateazione venuta meno a causa del mancato pagamento di alcune rate. Con lo stesso atto venivano irrogate anche le sanzioni conseguenti all’ inadempimento.

In attesa del giudizio, il contribuente presentava istanza di definizione della controversia in base all’articolo 6 del Dl 119 del 2018 in relazione alla quale, però, l’amministrazione finanziaria notificava il diniego all’accesso alla sanatoria.

La Cassazione, confermando le sentenze di merito, ha argomentato come nel caso esaminato la cartella esattoriale non si poteva considerare come primo atto di conoscenza della pretesa impositiva avendo, al contrario, il contribuente appreso la nascita dell’obbligazione tributaria mediante gli avvisi bonari.

Infatti, l’atto per il quale il contribuente ha chiesto la definizione, pur trattandosi di una cartella mediante la quale vengono richieste anche le sanzioni, non può beneficiare della definizione agevolata poiché l’applicazione delle sanzioni piene è la diretta conseguenza, prevista dalla legge, della decadenza dalla rateizzazione e non la manifestazione di una diversa e autonoma pretesa tributaria.

Tali principi, tuttavia, enunciati anche in un altro precedente (Cassazione, sentenza 31547/22), non dovrebbero applicarsi all’attuale definizione delle controversie tributarie posto che, rispetto alla precedente normativa, il comma 186 dell’articolo 1 della legge 197/22 non fa alcun riferimento alla tipologia di atto impugnato. Come riportato sulle pagine del «Sole 24 Ore» del 28 gennaio, nella definizione rientrano tutte le controversie in cui è parte l’agenzia delle Entrate e, quindi, indipendentemente dalla natura dell’atto impugnato, possono essere definite non solo le controversie riguardanti atti di natura impositiva, ma anche quelle relativi agli atti meramente riscossivi (circolare 2/E del 2023 paragrafo 4).

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