Civile

Accompagnamento: la Ctu prevale su eventuali certificati prodotti dal paziente

Il vizio è ravvisabile solo in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica

di Giampaolo Piagnerelli

Ai fini del riconoscimento o meno dell'indennità di accompagnamento il giudice può richiamare le conclusioni della Ctu senza necessariamente prendere in considerazione nuove certificazioni mediche prodotte dal paziente. Lo chiarisce la Cassazione con l'ordinanza n.36259/22.

I fatti
Il tribunale di Cosenza ha rigettato il ricorso proposto da un soggetto nei confronti dell'Inps (ex articolo 445 bis del cpc) per l'accertamento del requisito sanitario ai fini del riconoscimento del beneficio dell'indennità di accompagnamento e dell'accertamento dello status di portatore di handicap in situazione di gravità. In definitiva le critiche di nullità della sentenza di merito (mosse dal cittadino) per non aver tenuto conto di certificazioni e della gravità della patologia sofferta, limitandosi a richiamare acriticamente le argomentazioni rese dal Ctu, si sono tradotte secondo i giudici di merito in un mero dissenso diagnostico e non si rivelano idonee a confutare i fatti e le circostanze accertate e valutate dal tribunale. La Cassazione a tal proposito - in linea con i giudici di merito - ricorda quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità. In base a quest'ultima nel giudizio in materia di invalidità, il vizio denunciabile della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è ravvisabile solo in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi. Al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione.

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