Civile

La difesa in giudizio non giustifica l'accesso alla posta elettronica del lavoratore

Lo ha chiarito il Garante privacy con il provvedimento n. 8 dell'11 gennaio 2023

di Francesco Machina Grifeo

La posta elettronica del dipendente non può essere saccheggiata da parte dell'azienda per organizzare la propria difesa in giudizio. Il legittimo interesse della società a trattare i dati personali per difendere un proprio diritto in tribunale, infatti, "non può comportare un aprioristico annullamento del diritto alla protezione dei dati personali dei lavoratori". E la violazione è tanto più grave se si considera che il contenuto dei messaggi di posta elettronica - come pure i dati esteriori delle comunicazioni e i file allegati – attiene a forme di corrispondenza "assistite da garanzie di segretezza tutelate anche costituzionalmente, la cui ratio risiede nel proteggere il nucleo essenziale della dignità umana e il pieno sviluppo della personalità nelle formazioni sociali". Infine, un'ulteriore protezione deriva dalle norme penali a tutela dell'inviolabilità dei segreti.

Lo scrive il Garante privacy nel provvedimento n. 8 dell'11 gennaio 2023 con cui ha sanzionato un'azienda che, dopo l'interruzione della collaborazione con un'esponente di una cooperativa, ne aveva mantenuto attivo l'account di posta elettronica, prendendo visione del contenuto e impostando un sistema di inoltro verso un dipendente della società.

La collaboratrice, prima che si definisse il rapporto di lavoro con l'azienda, aveva raccolto, a nome dell'azienda stessa e tramite una casella mail aperta per l'occasione, i riferimenti di potenziali clienti incontrati a una fiera. Secondo l'azienda poi, il successivo tentativo di contattarli a nome della propria cooperativa aveva in seguito portato a un contenzioso giudiziale. Quindi, nel timore di perdere i rapporti coi potenziali clienti, l'azienda non si era limitata a scrivere per spiegare loro che la persona era stata rimossa, ma ne aveva anche visionato le comunicazioni.

Per l'Autorithy è mancato "un idoneo criterio di legittimazione per l'effettuazione del trattamento, sia relativamente all'accesso alle e-mail scambiate durante la collaborazione sia per quanto riguarda la stessa predisposizione di un sistema di inoltro delle comunicazioni ad altro account". "Né – prosegue il Garante - l'esigenza di mantenere i rapporti con i clienti né l'interesse a difendere un proprio diritto in giudizio, infatti, sono elementi tali da configurare, nel caso di specie, un idoneo criterio di legittimazione del trattamento così come posto in essere dalla Società".

In merito poi alla dichiarata esigenza di "non interrompere ex abrupto i contatti con i clienti, secondo l'orientamento consolidato del Garante (tra i più recenti v. Provv. n. 440 del 16 dicembre 2021, doc. web n. 9739653), l'attivazione di un sistema di risposta automatico con l'indicazione di indirizzi alternativi avrebbe realizzato un adeguato bilanciamento degli interessi in gioco.

Non vi era dunque alcuna necessità che il titolare del trattamento prendesse visione delle comunicazioni in entrata sull'account individualizzato assegnato all'interessato. Del resto, il principio di minimizzazione dei dati (art. 5, par. 1, lett. c) del Regolamento) prevede che il titolare del trattamento "deve trattare solo i dati adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati".

In definitiva, la finalità (legittima) di non perdere contatti utili per la propria attività commerciale, quindi, si sarebbe potuta perseguire con "trattamenti meno invasivi e, quindi, conformi alla disciplina di protezione dei dati".

Nel corso del procedimento è inoltre emerso che l'azienda, in quanto titolare del trattamento, non aveva fornito all'interessata né idoneo riscontro alla richiesta di cancellazione della casella e-mail né l'informativa sul trattamento dati. A nulla vale il fatto che il contratto di assunzione non fosse stato ancora firmato. Come ricorda l'Autorità, nell'ambito di trattative precontrattuali, infatti, l'obbligo di informare gli interessati è espressione del principio generale di correttezza.

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