Penale

Traffico di influenze in continuità con il reato di truffa

Con la sentenza n. 28657 i Supremi giudici rigettano la tesi della corte di appello che aveva incasellato la fattispecie nella "Spazzacorrotti"

di Giovanni Negri

C’è continuità normativa tra il vecchio e abrogato millantato credito e la truffa, ma non con il nuovo reato di traffico di influenze. Questa la conclusione della Cassazione con la sentenza n. 28657 della Sesta sezione penale, che ha stabilito l’annullamento della condanna inflitta dalla Corte d’appello di Perugia, dopo riqualificazione dei fatti nell’area del traffico di influenze (articolo 346 bis del Codice penale), a carico di un”facilitatore” che aveva promesso di attivarsi nel garantire a un candidato il passaggio del concorso per entrare nell’Esercito.

Una condotta che i giudici di secondo grado avevano incasellato nella nuova versione del traffico di influenze introdotta a inizio 2019 dalla legge “Spazzacorrotti” e che invece vede ora intervenire la Cassazione per un inquadramento diverso, come truffa. La Corte, per arrivare a questa conclusione, analizza il nuovo reato, sottolineando che si tratta di un delitto che «assume la struttura di un reato-accordo, di una fattispecie plurisoggettiva propria con cui, come detto, si prevengono , sul piano della offensività, attentati al buon andamento e alla imparzialità dei pubblici agenti».

Una forma di tutela avanzata dei beni della legalità e della imparzialità della pubblica amministrazione rispetto a una tipologia criminale non omogenea, con condotte di sfruttamento e vanteria che, per esempio, possono all’estremo riguardare una capacità di influenza che non solo non esiste al momento in cui l’accordo è compiuto, ma che il venditore sa che non potrà mai realizzarsi e che il solo compratore ritiene invece possibile.

Nella riforma del 2019 tutti i partecipanti al patto sono assoggettati a sanzione , facendo assumere al compratore la veste di concorrente. E tuttavia, puntualizza la Cassazione, non è chiaro perchè il privato che dà o promette denaro al “venditore di fumo” solo perchè indotto in errore per effetto della condotta ingannatoria dovrebbe essere considerato compartecipe nello stesso reato e ritenuto responsabile di traffico di influenze illecite.

Per la Cassazione è invece condivisibile la tesi secondo cui la vendita di un’influenza che non esiste e che mai potrà essere esercitata e che determina sul”compratore di fumo” una situazione di errore «che lo induce a compiere un atto di disposizione che altrimenti non avrebbe compiuto continua a palesare una maggiore assonanza contenutistica con il paradigma criminoso della truffa».

Caso diverso da mercanteggiamento di un’influenza reale , proiettata verso un fatto in concreto lesivo dei principi costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione.

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