Civile

Leasing risolto prima del fallimento dell'utilizzatore quali sono le conseguenze?

Nota a sentenza della Cassazione civile sez. I, 14/09/2022, n. 27133

di Mirko Martini *

In tema di leasing finanziario, la disciplina di cui all'art. 1, commi 136-140, l. n. 124 del 2017 non ha effetti retroattivi, pertanto, il comma 138 si applica alla risoluzione i cui presupposti si siano verificati dopo l'entrata in vigore della legge stessa. Mentre, per i contratti risolti antecedentemente resta valida la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, con conseguente applicazione analogica dell'art. 1526 c.c. e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita dal fallimento dell'utilizzatore non potendosi applicare l'art. 72 – quater l.fall.

Questo è il principio affermato dalla Corte di cassazione con ordinanza del 14 settembre 2022 n. 27133.

Questa ordinanza ha confermato l'orientamento delle Sezioni Unite, (SS.UU. 2061/2021), ribadendo che in tema di leasing traslativo, nell'ipotesi in cui successivamente alla risoluzione del contratto per inadempimento dell'utilizzatore, intervenga il fallimento di quest'ultimo, il concedente che, in rispetto dell'art 1526 c.c., voglia far valere il credito risarcitorio originato da una clausola penale redatta in suo favore è tenuto a proporre domanda di insinuazione al passivo ex art. 93, l.fall.

In seno a quest'ultima, l'interessato dovrà indicare la somma ricavata dalla dissimile allocazione del bene oggetto del contratto, ovvero, in assenza, allegare una perizia attuale del relativo valore di mercato per consentire al giudice di valutare l'eventuale manifesta eccessività della penale, ai sensi e per gli effetti dell'art,1526, comma 2, c.c.

La vicenda trae origine dall'accoglimento da parte del Tribunale di Lamezia Terme dell'opposizione allo stato passivo del fallimento di Alfa, proposta da Gamma, con riguarda alla domanda di ammissione del credito relativo al contratto di leasing di un capanno, risolto in data anteriore al fallimento, presentata unitamente alla domanda di restituzione dell'immobile, che il giudice delegato aveva respinto.

Infatti il Tribunale, aveva ritenuto inapplicabile l'art 1526 c.c., così come affermato dal giudice delegato, e conseguentemente ha ritenuto necessario l'applicazione dell'art. 72 – quater, l.fall., ammettendo cosi l'intero credito.

A seguito di tale decisione, il fallimento Alfa ha proposto ricorso in cassazione articolando le proprie doglianze in cinque motivi.Il nostro interesse sarà nei confronti di due motivi, ed in particolare quelli che chiedono, la falsa applicazione dell'art 72-quater, l.fall., e la denuncia di falsa applicazione degli artt. 1523 e 1526, per non aver il Tribunale applicato analogicamente al contratto di leasing traslativo, risolto prima del fallimento dell'utilizzatore, l'art. 1526 c.c.

I giudici di legittimità hanno ritenuto i due motivi fondati, stabilendo che la ragione dell'applicazione analogica dell'art. 1526 c.c., risiede nell'esigenza di creare un limite all'autonomia privata nel caso di leasing traslativo.Infatti, la corte ha spiegato che l'obiettivo è quello di evitare l'ingiustificato arricchimento che si verifica nella prassi commerciale in favore del concedente, il quale, sulla base di uno schema negoziale unilateralmente predisposto, acquisisce sia la restituzione del bene, sia la restituzione delle rate riscosse, oltre all'eventuale risarcimento del danno.

La disciplina di un contratto di locazione finanziaria con riferimento all'inadempimento dell'utilizzatore è discorde a seconda che le parti abbiano sottoscritto un leasing di godimento o un leasing traslativo.

Nel primo caso trova applicazione la normativa di cui all'art. 1458 c.c., con la conseguenza che il condente mantiene il diritto di non restituire i canoni percepiti, mentre nel secondo caso si applica il meccanismo di riequilibrio delle prestazioni ex art 1526 c.c. per la vendita con riserva di proprietà, per mantenere saldo l'assetto delle posizioni contrattuale delle parti.In riferimento al leasing traslativo risolto anteriormente alla dichiarazione del fallimento dell'utilizzatore, il patto di deduzione, ovverosia quel patto per il quale deve essere riconosciuto al concedente l'importo complessivo dovuto dall'utilizzatore, a titolo di ratei scaduti e a scadere nonché il prezzo di riscatto del bene, con la maturazione degli interessi è nullo per contrarietà all'ordine pubblico ed in particolare all'art. 1526 c.c.

Sul punto, infatti, interviene l'art. 72 quater. L.fall, che attribuisce al leasing una disciplina unitaria caratterizzata dal consolidamento nel patrimonio del concedente delle rate già pagate e, d'altro lato, dal diritto del concedente ad ottenere la restituzione del bene per realizzarne il valore.

La normativa, inoltre, prevede l'obbligo a carico del concedente di restituire al curatore l'eventuale differenza tra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene rispetto al credito residuo in linea capitale oppure, se la somma realizzata dalla vendita o altra collocazione del bene fosse inferiore al credito residuo, prevede il diritto di insinuarsi allo stato passivo per la differenza.In conclusione, la Corte di cassazione ha ritenuto che il Tribunale di Lamezia Terme non abbia fatto una corretta applicazione della normativa in materia di leasing e ha ribadito che, anche a seguito dell'introduzione nell'ordinamento dell'art. 72-quater, l. fall., non si può ritenere superata la tradizionale distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo e le differenti conseguenze che da essa derivano nell'ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento dell'utilizzatore.

Pertanto, in un contratto di leasing traslativo, risolto prima del fallimento dell'utilizzatore, va applicato analogicamente l'art. 1526, c.c, e non l'art. 72-quater, l. fall.

a cura del Dott. Mirko Martini collaboratore dello Studio Legale MFLaw

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