Civile

I regali tra fidanzati fatti "a promessa di matrimonio" sono vere e proprie donazioni

È proprio il mancato verificarsi del matrimonio che rende, invece, restituibili i beni donati dalle parti durante il fidanzamento quale presupposto in vista di un matrimonio che non è stato poi contratto

di Valeria Cianciolo

I doni tra fidanzati, di cui all'articolo 80 del Cc, non essendo equiparabili né alle liberalità in occasione di servizi, né alle donazioni fatte in segno tangibile di speciale riconoscenza per i servizi resi in precedenza dal donatario, né alle liberalità d'uso, costituiscono vere e proprie donazioni, come tali soggette ai requisiti di sostanza e di forma previsti dal codice, e possono essere integrati anche da donazioni immobiliari, comprese quelle indirette. Lo afferma la Cassazione con l'ordinanza 25 ottobre 2021 n. 29980.

La Suprema corte precisa anche che ai fini dell'azione restitutoria, occorre accertare sempre e soltanto che i doni siano stati fatti "a causa della promessa di matrimonio", e che si giustifichino per il sol fatto anzidetto, al punto da non trovare altra plausibile giustificazione al di fuori di questo. Tale circostanza opera nel contesto di una presupposizione, sicché ove sia accertato il sopravvenuto venir meno della causa donandi (in caso di donazione indiretta immobiliare fatta in previsione di un futuro matrimonio poi non celebrato) si determina la caducazione dell'attribuzione patrimoniale al donatario senza incidenza, invece, sull'efficacia del rapporto fra il venditore e il donante, il quale per effetto di retrocessione viene ad assumere la qualità di effettivo acquirente.

Il caso
Caio conveniva Tizia e Mevio poiché, a seguito di un anteriore preliminare, era intervenuta tra i convenuti, la compravendita di un appartamento che era però da qualificare come donazione indiretta da parte dell'attore nei confronti della convenuta Tizia, connessa alla promessa di matrimonio con la stessa scambiata. Poiché la promessa non era andata a buon fine, malgrado l'avvenuta fissazione della data delle nozze, l'attore chiedeva la revoca dell'atto ai sensi dell'articolo 80 del Cc. Il tribunale respingeva la domanda poiché l'articolo 80 del Cc riguarda i doni e suppone una fattispecie di liberalità d'uso (articolo 770 del Cc), non necessitante di forma solenne; va escluso che nell'alveo della norma possano rientrare gli immobili, anche nell'ottica della donazione indiretta, perché la donazione immobiliare, alla quale gli articoli 782 e 783 del Cc riservano la forma pubblica, non può esser considerata, in base alla consuetudine sociale, una liberalità d'uso.

Le decisioni
La Corte d'Appello confermava la sentenza di primo grado.
La Cassazione nel cassare la sentenza, ha affermato invece, che: "Non può validarsi l'affermazione della corte territoriale che ha ritenuto impossibile far rientrare nell'alveo dell'art. 80 le donazioni (dirette o indirette) immobiliari perché non costituenti liberalità d'uso. Considerare infatti semplici liberalità d'uso le donazioni tra fidanzati comporterebbe - come già sottolineato - un'interpretazione estremamente riduttiva del diritto alla restituzione dei doni sancita dall'art. 80 cod. civ., a fronte invece dell'essere la ratio della restituzione non correlata, in detta norma, al semplice valore dei beni donati, quanto piuttosto alla eliminazione di tutti i possibili segni di un rapporto che non è giunto a compimento, e che è opportuno rimuovere per quanto possibile."

La promessa di matrimonio e la donazione obnuziale
Il nostro codice civile dedica solo tre soli articoli alla promessa di matrimonio racchiusi all'interno del capo I titolo VI del libro I del cod. civ. La riforma del diritto di famiglia del 1975 non ha modificato lo scheletro normativo dell'istituto salvo che per l'età, sul presupposto che le norme per la loro elasticità potessero ugualmente applicarsi a un costume profondamente mutato rispetto al 1939, data di entrata in vigore del libro primo. Il legislatore dell'epoca, superando le concezioni adottate dal concilio di Trento e quelle applicate in altri ordinamenti di tradizione non romanista, preferì porre come elemento basilare dell'istituto l'assoluto rispetto della libertà matrimoniale secondo il noto brocardo: antiquitus placuit libera matrimonia esse. Sicché l'ordinamento oltre a richiedere un limitato spatium deliberandi per le necessarie formalità preliminari al matrimonio matrimonio (pubblicazioni art. 93 e ss.; eventuali opposizioni (art. 102 e ss. cod. civ.), garantisce la piena libertà di non adempiere la promessa di matrimonio che è una promessa, non è fonte di obbligazione e non può essere pertanto in alcun modo coartata.
La disciplina della promessa riguarda la restituzione dei doni e il risarcimento dei danni per il comportamento contrario alla buona fede che trova altresì riscontro nella sanzione prevista dall'articolo 139 del Cc a carico del coniuge che pur conoscendo la causa di nullità non la esterna all'altro.

In questo quadro l'ordinamento, da un lato, intende garantire la libertà matrimoniale, dall'altro prevede la restituzione dei doni fatti "a causa del promesso matrimonio", nell'ipotesi in cui il matrimonio non viene contratto. La regola del comma primo articolo 80 del Cc è mutuata dal costume che intende eliminare, non tanto l'effettuata attribuzione patrimoniale, quanto i segni di un rapporto, spesso voluto o autorizzato dalle rispettive famiglie, rimasto incompiuto, e del quale è opportuno, per i mancati nubendi, rimuovere tempestivamente ogni traccia al fine di potersi ricostruire un nuovo rapporto senza alcun ricordo di quello precedente. In quest'ambito di rimozione tempestiva e immediata si pone anche il termine di decadenza dell'anno per esercitare l'azione di restituzione che decorre dalla rottura o dalla morte di uno dei promittenti.
Ai fini della proposta azione di restituzione dei regali non serve che la promessa di matrimonio sia esternata mediante una dichiarazione pubblica. L'ordinamento, infatti, non richiede né una particolare forma di promessa, né una pubblicità della promessa effettuata, in quanto con la disposizione dell'articolo 80 del Cc si limita a riconoscere al donante la facoltà di chiedere la restituzione dei doni effettuati "a causa della promessa di matrimonio", cioè, nella presupposizione della celebrazione del futuro matrimonio, per la sola ipotesi che il matrimonio non sia stato contratto e senza alcuna rilevanza della causa del mancato matrimonio. Secondo la giurisprudenza di legittimità, la restituzione dei doni è disciplinata dall'articolo 80 del Cc in relazione a qualsiasi promessa, sia tra persone capaci, sia tra minori non autorizzati, sia se la promessa è vicendevole sia che è unilaterale (Cass. civ., 3 maggio 1983 n. 3015, in Giur. It., 1983, 1, 1370).
Ciò che importa ai fini dell'esercizio dell'azione di restituzione dei doni tra fidanzati è che i doni siano stati fatti "a causa della promessa di matrimonio", ossia, per il solo fatto che tra i due è intercorsa una promessa o un fidanzamento, per cui secondo l'id quod plerumque accidit non troverebbero altra ragionevole spiegazione al di fuori del fidanzamento.

E' interessante notare come nel caso sottoposto al vaglio degli Ermellini, si sia richiamato il concetto di presupposizione che non è altro che un «errore di previsione», una falsa rappresentazione in merito alla persistenza di un fatto (o di una circostanza) esistente al momento della stipulazione, od anche in merito al verificarsi di un (futuro) avvenimento. Come la condizione, anche la presupposizione concerne un «avvenimento futuro ed incerto» e come nella condizione, anche attraverso la presupposizione può darsi ingresso a motivi individuali o ad un piano d'interessi esterno al negozio, fermo restando che nella presupposizione le parti non giungono a subordinare concordemente (sia pure in modo tacito) l'effetto negoziale al verificarsi o meno dell'evento. I doni tra fidanzati non sono equiparabili né alle liberalità in occasione di servizi, né alle donazioni fatte in segno tangibile di speciale riconoscenza per i servizi resi in precedenza dal donatario, né, infine, alle liberalità d'uso (art. 770, 2° co.), ma sono vere e proprie donazioni, come tali soggette ai requisiti di sostanza e di forma previsti dal codice. La modicità del donativo tra fidanzati, da apprezzare oggettivamente in relazione alla capacità economica del donante, fa sì che il trasferimento si perfezioni legittimamente tra soggetti capaci in base alla mera traditio. Le liberalità d'uso, costituite da mance, da regali in occasione di particolari festività, in conformità dell'uso sociale e familiare non comportano problemi di restituzione, proprio per l'uso sociale che hanno e perché difettano della causa relativa alla promessa di matrimonio non realizzatasi.

È proprio il mancato verificarsi del matrimonio che rende, invece, restituibili i beni donati dalle parti durante il fidanzamento quale presupposto in vista di un matrimonio che non è stato poi contratto. L'obbligo alla restituzione dei doni tra fidanzati, se il matrimonio non è stato contratto, incontra i propri limiti solo nella natura dei beni donati, perché consumabili o deteriorabili, o nella dimostrazione che i doni erano dovuti a una causa diversa dalla promessa di matrimonio (come, ad esempio, particolari ricorrenze ovvero motivi di gratitudine).Se come sopra detto, i doni tra fidanzati non sono donativi d'uso, ma vere e proprie donazioni e come tali soggetti a requisiti di sostanza e di forma previsti dal codice conseguentemente, non costituisce dono ai sensi e per gli effetti dell'articolo 80 del Cc la donazione di immobile (cd. donazione indiretta), cosicché, i nubendi che intendono porre in essere una donazione devono utilizzare la forma dell'atto pubblico prevista dall'articolo 785 del Cc.
Infine, occorre necessariamente distinguere le donazioni obnuziali, condizionate alla celebrazione di un determinato e futuro matrimonio, dai doni tra fidanzati fatti a causa della promessa di matrimonio: mentre, infatti, l'articolo 785 del Cc prevede l'inefficacia della donazione fino alla celebrazione delle nozze, l'articolo 80 del Cc presuppone la realizzazione di attribuzioni immediatamente efficaci, tant'è che il secondo comma, nello stabilire che la domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui si è avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti, sottopone a un periodo di decadenza il diritto alla restituzione dei doni.
La donazione obnuziale, essendo un negozio formale e tipico, caratterizzato dall'espressa menzione, nell'atto pubblico, delle finalità dell'attribuzione patrimoniale eseguita da uno degli sposi o da un terzo in riguardo di un futuro, determinato matrimonio, è incompatibile con l'istituto della donazione indiretta, in cui lo spirito di liberalità viene perseguito mediante il compimento di atti diversi da quelli previsti dall'articolo 769 del Cc: la causa negoziale deve risultare dal contesto dell'atto e non può inquadrarsi nell'ambito di una fattispecie indiretta, nella quale la finalità suddetta, ancorché in concreto perseguita, può rilevare solo quale motivo finale degli atti di disposizione patrimoniale fra loro collegati ma non anche quale elemento tipizzante del contratto, chiaramente delineato dal legislatore nei suoi requisiti di forma e di sostanza.

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