Civile

La società in house può essere soggetta al fallimento

Nota sulla sentenza della Cassazione civile sez. I, 16.03.2023, n. 7646

di Mirko Martini*

Va confermata l'assoggettabilità delle società in house alla disciplina fallimentare l'art. 1 l. fall., nell'escludere dall'area della concorsualità gli enti pubblici ma non le società pubbliche, esprime la scelta del legislatore di consentire l'esercizio di determinate attività a società di capitali per perseguire l'interesse pubblico, ma ciò comporta che le stesse assumano i rischi connessi alla loro insolvenza.

Questo è il principio affermato dalla Corte di cassazione con ordinanza del 16 marzo 2023 n. 7646.

Preliminarmente, giova soffermarsi sul primo comma dell'art 1 della legge fallimentare, il quale chiarisce che sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale esclusi gli enti pubblici.

Pertanto, la legge fallimentare parrebbe escludere dall'area della concorsualità gli enti pubblici, non anche le società pubbliche, di modo che la scelta del legislatore di consentire l'esercizio di determinate attività a società di capitali, e dunque di perseguire l'interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico, in ogni caso comporta che le società assumano i rischi connessi alla loro insolvenza.

Infatti, secondo la Cassazione n. 22209/2013, si determinerebbe altrimenti la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano in rapporto e si minerebbero le regole della concorrenza, che impongono parità di trattamento tra quanti operano all'interno di uno stesso mercato con identiche forme e medesime modalità.Sul punto è necessario comprendere quando è possibile definire una società in house.

Le società in house sono un modello di impresa pubblica e agiscono secondo un modello di long manus dell'amministrazione pubblica, ovverosia un'estensione tramite la quale produce beni e servizi pubblici.

Per dette società, inoltre, la particolare relazione che lega l'ente societario all'amministrazione pubblica serve unicamente a permettere all'azionista pubblico di svolgere un'influenza dominante sulla società, anche attraverso strumenti derogatori rispetto agli ordinari meccanismi di funzionamento, ma non incide sull'alterità soggettiva dell'ente societario rispetto all'ente pubblico controllante, infatti l'ente societario resta, pur sempre, un centro di imputazione di rapporti e posizioni soggettive autonomo rispetto all'ente pubblico.

La vicenda tra origine dalla sentenza impugnata che il Tribunale di Roma, in esito a un procedimento innestato da una domanda di concordato preventivo con riserva, su istanza della debitrice e con l'adesione del pubblico ministero dichiarò il fallimento della S.p.a.(Omissis), interamente partecipata dall'ente pubblico.

Avverso tale sentenza fu presentato appello, ma la Corte d'appello di Roma ha respinto il reclamo proposto contro la sentenza dichiarativa dal Ministero dello Sviluppo Economico, calibrato sulla natura di società in house providing, che ad avviso del reclamante ne avrebbe escluso la fallibilità.

La Corte d'Appello nella sua decisione ha fatto leva sullo ius superveniens, ossia sul D.Lgs. n. 175/16, art. 14, che espressamente afferma l'assoggettamento delle società pubbliche alle disposizioni sul concordato preventivo e sul fallimento.

Avverso la sentenza della Corte D'Appello di Roma il Ministero dello Sviluppo Economico, al quale la s.p.a. (Omissis), aderisce, propone ricorso in Cassazione con due motivi e il fallimento della s.p.a. (Omissis) reagisce con controricorso.

Il nostro focus sarà incentrato sul primo motivo di impugnazione.

Infatti, è di nostro interesse il primo motivo, con il quale il ricorrente hanno denunciato la violazione o falsa applicazione dell'art. 11 delle disp. gen., nonché del D.Lgs. n. 175/16, art. 14, là dove la corte d'appello ha ritenuto applicabile il D.Lgs. n. 175/16, art. 14 in ragione della pendenza del giudizio fallimentare.

La Corte di Cassazione, con la citata ordinanza del 16 marzo 2023 n. 7646 ha ritenuto non fondati i motivi ed ha dichiarato inammissibili il ricorso principale e quello incidentale.In particolare, il Collegio ha ribadito secondo giurisprudenza costante la società di capitali con partecipazione pubblica non muta la propria natura di soggetto di diritto privato solo perché gli enti pubblici ne posseggano le partecipazioni, in parte o anche del tutto, posto che l'identità dell'azionista non assume alcun rilievo quanto alle vicende della società, che opera nell'esercizio della propria autonomia negoziale, sul quale l'ente pubblico non può incidere mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali.

In particolare, con specifico riguardo alle società in house, neanche il cd. controllo analogo, per mezzo del quale l'azionista pubblico svolge un'influenza dominante sulla società, se del caso attraverso strumenti derogatori rispetto agli ordinari meccanismi di funzionamento, incide sull'alterità soggettiva dell'ente societario nei confronti dell'amministrazione pubblica.

Pertanto, il D.Lgs. n. 175/16, art. 14 esplicita da un lato la riconduzione delle società a partecipazione pubblica all'ordinario regime civilistico, e dall'altro che le società in house sono regolate dalla medesima disciplina che governa, in generale, le società partecipate, e che comprende l'assoggettabilità al fallimento.

In conclusione, non resta che appurare e confermare che tutte le società pubbliche che svolgano attività commerciale, compresa, quindi, (Omissis), quali che siano la composizione del loro capitale sociale, le attività in concreto esercitate, oppure le forme di controllo cui risultano effettivamente sottoposte, restano assoggettate al fallimento, al pari di ogni altro sodalizio nei cui confronti debbano trovare applicazione le norme codicistiche.

* A cura del Dott. Mirko Martini collaboratore di MFlaw Stapa

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