Famiglia

Assegno di natalità anche all'extracomunitario che sia solo di passaggio in Italia

I Supremi giudici hanno ricordato che è preminente, in tale misura, la finalità di tutela del minore

di Giampaolo Piagnerelli

L'extracomunitario può ottenere l'assegno di natalità anche se privo del permesso di soggiorno di lungo periodo e si trovi in Italia solo di passaggio. Lo chiarisce la Cassazione con ordinanza n. 9305/23 .

L'appello dell'Inps

Il ricorrente in Cassazione (Inps) lamenta che la Corte territoriale, in violazione delle norme in materia, abbia concesso l'assegno di natalità a un extracomunitario, pur sprovvisto del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo, così come prescritto dalla legge. Il ricorrente ha rilevato come all'Inps non si possa imputare alcuna condotta antigiuridica per aver applicato la normativa nazionale, che attribuisce all'assegno di natalità la mera finalità d'incentivare la natalità sul territorio nazionale, senza assicurare la sopravvivenza in relazione ai bisogni essenziali. L'attribuzione dell'assegno anche a chi si trovi transitoriamente sul territorio della Repubblica non sarebbe coerente con la finalità del beneficio, ragionevolmente riconosciuto solo a chi possa vantare una presenza stabile in Italia. Anche il diritto – prosegue l'appellante - dell'Unione europea demanderebbe agli Stati la facoltà di organizzare nella maniera più appropriata i rispettivi regimi di sicurezza sociale e di escludere dall'applicazione del principio di parità di trattamento i cittadini di Paesi terzi che non siano soggiornanti di lungo periodo.

La risposta della Cassazione

A fronte di questa contestazione da parte dell'Inps, la Cassazione ha ricordato che la Consulta (sentenza n. 54/2022) ha affermato che la disciplina dell'assegno di natalità confligge con gli articoli 3, 31 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, «nella parte in cui esclude dalla concessione dell'assegno di natalità i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi nello Stato a fini lavorativi a norma del diritto dell'Unione o nazionale e i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi a fini diversi dall'attività lavorativa a norma del diritto dell'Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (Ce) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi. La pronuncia richiamata ha puntualizzato che l'assegno di natalità sovviene «a una peculiare situazione di bisogno», in quanto tende «a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (articolo 3, secondo comma, della Costituzione)». Il riconoscimento di tale prestazione rappresenta «attuazione dell'articolo 31 della Costituzione, che impegna la Repubblica ad agevolare con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose, e a proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo».

La tutela del minore

È preminente, in tale misura, la finalità di tutela del minore. Si legge nella sentenza che si rivela dunque irragionevole e discriminatoria la scelta d'imporre la titolarità di un permesso di soggiorno in corso di validità da almeno cinque anni, il possesso di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale, la disponibilità di un alloggio idoneo, «requisiti privi di ogni attinenza con lo stato di bisogno che le prestazioni in esame si prefiggono di fronteggiare». I requisiti selettivi tipizzati dalla legge eccedono «la pur legittima finalità di accordare i benefici dello stato sociale a coloro che vantino un soggiorno regolare e non episodico sul territorio della nazione» e finiscono con il pregiudicare «proprio i lavoratori che versano in condizioni di bisogno più pressante».

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