Civile

Imposta sugli intrattenimenti (ISI), per la mancanza del presupposto impositivo onere probatorio in capo al contribuente

In presenza di locali che organizzano attività di intrattenimento musicali e/o danzanti, come per le discoteche, l'esclusione dall'ISI (imposta sugli intrattenimenti) spetta a condizione che il soggetto che la invochi dimostri la mancanza del presupposto impositivo: esecuzione musicale dal vivo - non - inferiore al 50% dell'orario complessivo di apertura al pubblico

di Leonardo Maria Galieni*

In presenza di locali che organizzano attività di intrattenimento musicali e/o danzanti , come per le discoteche, l'esclusione dall'ISI (imposta sugli intrattenimenti) spetta a condizione che il soggetto che la invochi dimostri la mancanza del presupposto impositivo: esecuzione musicale dal vivo - non - inferiore al 50% dell'orario complessivo di apertura al pubblico.

Ed è da tale convincimento che la S.C., con pronuncia n. 36494, Sez. V, del 13.12.2022 , nell'avallare il decisum espresso dai Giudici di secondo grado, ha ritenuto che la Società contribuente, a fronte degli elementi presuntivi raccolti dai verbalizzanti della SIAE in sede di accesso, non avrebbe dimostrato la sussistenza dei presupposti che legittimano la deroga al normale regime impositivo.

Per quanto noto, la vicenda prende le mosse da ben 2 avvisi di accertamento con cui l'A.E., nel recepire i rilievi elevati nel giugno 2011 dalla SIAE su una Società del settore dell'entertainment, contestava alla stessa lo svolgimento di attività di intrattenimento per i P.I. 2008-2009, con conseguente recupero a tassazione dell'ISI (imposta sugli intrattenimenti).

Dopo che le doglianze di Parte avevano trovato accoglimento in primo grado, il verdetto d'appello ribaltava le sorti del giudizio.

Invero, ad avviso dei Giudici, era la Società che avrebbe dovuto dimostrare l'assenza dei presupposti del normale regime impositivo, id est che la musica dal vivo non fosse inferiore al 50% dell'orario complessivo di apertura al pubblico; tanto più, allorché in sede di accesso risultavano essere impiegate soltanto apparecchiature meccaniche.

A fronte di tale esito, la contribuente ricorreva dunque per Cassazione lamentando:
• l'erroneo riparto dell'onere probatorio ex art. 2697 c.c., ancor più manifesto giacché l'Ufficio si era basato su una presunzione semplice riconducibile ad annualità (2011) diversa da quelle di causa (2008-2009);
• la violazione dell'art. 401 della Dir. IVA, tanto da aver sollecitato un rinvio pregiudiziale alla C.G.U.E. nonché il limite del divieto di doppia imposizione ISI/IVA.

Quanto al primo profilo i Giudici di legittimità, nel valorizzare come:
• non vi fosse musica dal vivo al momento dell'accesso;
• non fosse stata esibita documentazione relativa al pagamento di artisti per esibizioni dal vivo;
•la strumentazione musicale rinvenuta fosse di tipo meccanico,
hanno concluso per la piena sussistenza del presupposto impositivo ISI, in assenza di adeguata prova contraria da parte della ricorrente.

Quanto al secondo profilo, dopo aver ripercorso i tratti distintivi e qualificanti delle due imposte, hanno parimenti ritenuto infondata la doglianza sollevata tenendo conto del fatto che l'ISI, diversamente dall'IVA, non si applica su ciascuna fase del processo produttivo in quanto riscossa annualmente sul totale degli introiti realizzati e pure al netto dell'imposta sul valore aggiunto.

Di lì, l'insussistenza della ipotizzata doppia imposizione.

Orbene, esaminando il tenore della pronuncia, appare manifesto come la S.C. abbia sposato quella che è una tendenza oramai assodata in presenza di un regime agevolativo, e cioè il ribaltamento dell'onere della prova sul contribuente a fronte di mere e semplici presunzioni e/o elementi addotti dall'Ufficio.

Peccato che, per quanto si proverà ad illustrare, non essendo nella fattispecie al cospetto di un regime agevolativo, bensì di un regime "ordinario" , l'onere probatorio sarebbe dovuto spettare in prima battuta sull'A.F e non in capo al contribuente come affermato dai Giudici di legittimità.

Ma per comprenderne le ragioni, un breve excursus della disciplina in esame può essere di supporto.

Originariamente, gli introiti da attività di spettacolo erano assoggettati all'omonima imposta di cui al D.P.R. n. 640/1972 per mezzo di una disciplina che non sembrava brillare per chiarezza.

Di lì, con l'avvento del D.Lgs. n. 60/1999, si assiste a una rivisitazione della materia: abrogazione dell'imposta sugli spettacoli, sostituita dall'ISI per dare un quadro normativo più immediato.

Particolare, se non singolare, è la modalità con cui la normativa individua i presupposti d'imposta.

A tale fine, rinvia alle attività elencate nella tariffa ad essa allegata e che si svolgono nel territorio dello Stato le quali ricomprendono: esecuzioni musicali di qualsiasi genere ad esclusione dei concerti e strumentali, e trattenimenti danzanti anche in discoteche e sale da ballo quando l'esecuzione di musica dal vivo di durata inferiore al cinquanta per cento dell'orario complessivo di apertura al pubblico dell'esercizio.

Di talché, è proprio con riferimento a questo gap temporale - così come individuato dal legislatore - che si può stabilire se un'attività del settore sia o meno soggetta all'ISI.
In ragione di ciò, tenendo conto del distinguo rintracciato dalla Prassi (cfr. MEF., Circ. n. 165/2000) tra:
• le attività di intrattenimento, e cioè quelle caratterizzate da un aspetto ludico e che implicano una partecipazione attiva del soggetto all'evento
e
• le attività di spettacolo, invece contraddistinte dalla partecipazione passiva dello spettatore all'evento,
se viene oltrepassata la soglia del 50% di musica dal vivo si avrà attività di spettacolo, soggetta solo ad IVA; diversamente, ove la musica live sia inferiore al 50% (e quindi con musica prettamente da strumentazione meccanica e dj), si avrà attività di intrattenimento, soggetta sia ad IVA (regime speciale o ordinario, su opzione, al 22%) sia ad ISI (16%).

Dunque, in presenza di attività di intrattenimento , si assiste non solo all'applicazione di entrambe le imposte, ma pure sulla medesima base imponibile: il corrispettivo dei singoli titoli di accesso - emessi anche in abbonamento - per l'ingresso o l'occupazione del posto, sia il prezzo comunque pagato per assistere o partecipare agli intrattenimenti ed alle altre attività elencate nella tariffa, al netto dell'imposta sul valore aggiunto e con l'aggiunta di eventuali accessori.

Re melius perpensa, nell'esaminare con "occhio clinico" tale normativa speciale (punto 1 della tariffa allegata), ci si può avvedere come il convincimento cui è approdata la S.C. sconti delle criticità o comunque presenti margini di opinabilità.

Invero, delimitando l'applicazione dell'ISI alle ipotesi in cui la musica dal vivo sia inferiore alla soglia del 50%, appare evidente come non si sia al cospetto di un regime agevolativo - come erroneamente inteso dall'Ufficio, di cui poi ne ha fatto il paio la pronuncia in commento- bensì di un vero e proprio regime fiscale ordinario.

Di conseguenza, è l'Ufficio - quale attore in senso sostanziale - a dover provare la sussistenza del presupposto impositivo ai fini ISI e quindi che la musica dal vivo sia inferiore al 50% della durata complessiva di apertura al pubblico del locale.

Sebbene tale passaggio richieda un'attenta sensibilità giuridica, si segnala come recentemente autorevole giurisprudenza di seconde cure lo abbia colto ravvisando come "non si sia di fronte ad un regime agevolativo, bensì del regime fiscale ordinariamente applicabile e che sia onere dell'Ufficio provare che la musica registrata fosse di durata superiore al 50% dell'orario complessivo di apertura al pubblico del locale durante la serata in quanto tale è il presupposto impositivo" (cfr. C.T.R. Friuli-V. Giulia Trieste, Sez. III, Sent. n. 42 del 28/02/2022).

Di lì, la soluzione cui è approdata la S.C. in tema di onere probatorio appare tutt'altro che "liquida", meritando invece una doverosa riflessione.

Già che si verte in tema di imposta sugli intrattenimenti, l'occasione è propizia per porsi un ulteriore interrogativo: laddove vengano somministrati pasti prima dell'attività di intrattenimento, quale regime impositivo scontano i relativi proventi?

Ebbene, negli ultimi anni, accade sempre più come locali da ballo (per lo più discoteche), di per sé nati per musica e divertimento, si spingano sempre più nell'offrire anche le cene.
Dinanzi a tale nuovo fenomeno, è sorta dunque l'esigenza di definirne i contorni, special modo sul piano fiscale.

Ebbene, per quanto consta, l'intervento principe sul punto è dato dalla Ris. N. 91/E/2008 con cui l'A.F., in risposta a una serie di quesiti posti dalla SIAE in tema di attività di intrattenimento e spettacolo, ha dato la propria interpretazione anche con riguardo alla classica formula adottata nei locali "cena + ingresso gratuito in disco" .

Orbene, partendo dalle normative di riferimento e tenendo conto che dette somministrazioni avvenivano in locali attigui a quelli in cui si ballava e solo in occasione delle serate organizzate, l'A.E. ha ritenuto che tali prestazioni fossero accessorie a quella di intrattenimento, così da assoggettare anche i corrispettivi derivanti dalla somministrazione delle cene:
-ad ISI in virtù dell'art. 3, c. 2, lett. b), del DPR n. 640 del 1972
e
-all'IVA della prestazione principale in base all'art. 74-quater, c. 6-bis, del D.P.R n. 633/72.
In buona sostanza, poiché solo coloro che avevano cenato potevano accedere gratuitamente alla sala da ballo, mentre gli altri avevano l'obbligo di consumazione, per ciò solo ad avviso del Fisco tali somministrazioni avrebbero costituito prestazione accessoria rispetto a quella principale di intrattenimento, così da condividerne il medesimo regime tributario (IVA e ISI).

A ben vedere, nell'esaminare la fattispecie sotto un'altra lente, ci si accorge come una simile lettura - senz'altro vantaggiosa in termini impositivi per l'A.F. - possa esser non condivisibile.
Ma vediamo il perché.
Se è pur vero che la partecipazione alla cena consente il libero accesso alla serata danzante, è altrettanto vero che l'accesso all'intrattenimento (prestazione principale) è comunque consentito anche a chi non ha fruito della cena.

Quel che si vuole evidenziare è che se l'attività "tipica" da intrattenimento costituisce la prestazione principale, la somministrazione di pasti non assurge a condicio sine qua non per poterne beneficiare e quindi non assume quella natura accessoria nell'accezione recepita ai fini IVA.

Non a caso la C.G.U.E., nel delineare il concetto di accessorietà sulla scorta di un approccio "case by case", ha stabilito che una prestazione x (accessoria) è tale rispetto a quella y (principale) quando esse sono strettamente connesse al punto da formare una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso.

Trasponendo tale definizione alla fattispecie in esame, la somministrazione di pasti non appare quale condizione imprescindibile per poter beneficiare dell'attività di intrattenimento, men che meno costituisce un unicum economico.

D'altronde, alcuni clienti potrebbero godere della cena senza fermarsi per la serata danzante, altri invece potrebbero giungere al termine della cena e, altri ancora fruirne, ma senza con ciò costituire quella condicio obbligatoria-accessoria.

A ragion veduta, il legislatore, nel prevedere all'art. 74-quater, c. 6-bis, che "Ai fini dell'applicazione dell'aliquota IVA, le consumazioni obbligatorie nelle discoteche e sale da ballo si considerano accessorie alle attività di intrattenimento o di spettacolo ivi svolte", ha voluto inquadrare tale vincolo di accessorietà per il caso, e su questo nulla da obiettare, in cui i locali adottano ad esempio la formula "ingresso libero + consumazione obbligatoria" dove il legame di accessorietà è tangibile.

Invero, potendo con tale formula accedere al locale solo dietro il pagamento di una consumazione, è evidente che la consumazione "obbligatoria" sconti il trattamento fiscale previsto per l'attività di intrattenimento (ISI al 16% e IVA al 22%);
il che, per quanto illustrato, a parer di chi scrive è diverso dall'ipotesi della cena, sebbene consumata all'interno di un locale dove poi si svolge attività da intrattenimento, come il classico caso delle discoteche.

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*A cura dell'Avv. Leonardo Maria Galieni, junior lawyer, contenzioso tributario, Studio Tributario Associato Mainardi Tasini - Pesaro

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