Civile

Onorari, la corretta notifica dell'atto di citazione contro il decreto ingiuntivo sana l'errore sul rito speciale non applicato

La mancata mutazione della procedura rilevata in appello non travolge i risultati del processo svoltosi secondo il rito ordinario

di Paola Rossi

Il riscontro, in sede di appello, dell'erronea trattazione della causa a partire dalla sua introduzione con il rito ordinario anziché con il rito speciale previsto in materia di onorari (articolo 28 della legge 794/1942 e 14 del Dlgs 150/2011) impone al giudice d'appello unicamente di valutare gli effetti sostanziali e processuali della domanda introduttiva secondo le norme del rito seguito, ormai consolidatosi, avendo dunque riguardo alla data di notifica della citazione, senza che sia invalidata l'attività processuale in precedenza compiuta o che venga annullata la sentenza di primo grado. La prima udienza di comparizione delle parti costituisce uno sbarramento per il mutamento del rito, conseguendone la stabilizzazione del rito erroneo.

Il caso
L'opposizione (ex articolo 645 del Cpc) - contro il decreto ingiuntivo ottenuto dall'avvocato per il pagamento dei compensi professionali - promossa con ordinario atto di citazione, anziché con ricorso, era stata utilmente esperita, in quanto notificata correttamente entro il termine di cui all'articolo 641 del codice di procedura civile.

La Cassazione civile - con la sentenza n. 10864/2023 - ha respinto il ricorso di un avvocato che riteneva invalida l'opposizione all'ingiunzione proposta dai propri clienti per violazione dell'articolo 28 della legge 794/1942. Nel caso i clienti avevano contestato non solo l'ammontare del compenso, ma ne avevano contestato la debenza per la difettosa assistenza del professionista prestata in materia di esceuzione di un contratto preliminare.

Il ricorrente lamentava l'ommissione da parte del giudice sulla questione riguardante l'articolo 14 del Dlgs 150/2011, che assoggetta al rito sommario di cognizione le controversie previste dall'articolo 28 della legge 794/1942.

Il ragionamento della Corte
Il riscontro tardivo della erroneità del rito seguito dal giudice di primo grado non può ledere alcun affidamento incolpevole creatosi in capo alla parte sulle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento imperniato anche sul l'an debeatur.
La sentenza impugnata, ora confermata dalla Cassazione, aveva infatti ravvisato la responsabilità risarcitoria dell'avvocato, riconducendo al non corretto adempimento della prestazione professionale l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dai clienti, individuato nell'importo delle spese processuali rimborsate alla controparte.
L'avvocato ricorrente aveva dedotto in appello l'inammissibilità dell'opposizione dei clienti fondata non solo sul quantum oggetto di ingiunzione. Riteneva, infatti, il ricorrente che fosse stato violato l'articolo 28 della legge 794/1942. Ma non è accolta la tesi dei controricorrenti, secondo cui lo stesso avvocato aveva «prestato acquiescenza al rito, nelle cui forme si è svolto tutto il giudizio di primo grado». Infatti, l'acquiescenza è configurabile solo con riguardo al comportamento della parte successivo alla sentenza di primo grado ed anteriore alla proposizione dell'impugnazione.

L'appello proposto dall'avvocato contro la sentenza di primo grado era ammissibile, in quanto, ai fini dell'individuazione del regime impugnatorio del provvedimento che ha deciso una controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove sia frutto di una consapevole scelta da parte di costui, desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento, avendo il primo giudice pacificamente – anche se erroneamente - ritenuto la causa sottratta al rito sommario speciale ex articolo 14 del Dlgs 150/2011.

Inoltre, quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dalle norme previste ad hoc il giudice dispone il mutamento del rito con ordinanza. E gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento. E restano immutate le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento.

Come hanno chiarito le sezioni Unite civili, nei procedimenti disciplinati dal Dlgs 150/2011 per le controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato, anche di opposizione a decreto ingiuntivo, che vanno introdotti con ricorso, ma che siano stati erroneamente promossi con citazione, il giudizio è correttamente instaurato se questa venga notificata tempestivamente producendo di fatto gli specifici effetti sostanziali e processuali, ferme restando decadenze e preclusioni maturate secondo il rito erroneamente prescelto dalla parte, e tale sanatoria si realizza indipendentemente dalla pronunzia dell'ordinanza di mutamento del rito da parte del giudice, che avrebbe dovuto procedervi applicando l'articolo 4 del Dlgs 150/2011.

Conclude la Cassazione facendo rilevare che la disciplina sul mutamento del rito prevista dal suddetto articolo 4 non detremina una regressione del processo a una fase anteriore, non implica valutazione di legittimità degli atti di parte o del giudice adottati sino a quel momento alla stregua delle regole del nuovo rito, e neppure costituisce un presupposto per la salvezza dei relativi effetti, i quali si producono in relazione alle norme del rito iniziale, ma indica solo il discrimine temporale tra l'applicazione delle regole del rito iniziale e quelle del rito da seguire nel prosieguo del giudizio, consentendo alle parti di adeguare le difese alle regole da seguire al momento utile.

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