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Condominio: l'amministratore revocato è tenuto a rendere conto della propria gestione

L'approvazione del bilancio annuale non esclude che il professionista debba dare prova all'assemblea di tutte le somme riscoss

di Mario Finocchiaro

L’amministratore di condominio revocato dall'assemblea o dall'autorità giudiziaria è tenuto, ai sensi dell'articolo 1713 del Cc (norma applicabile per l'assimilabilità
dell'amministratore al mandatario con rappresentanza) a rendere il conto della sua gestione ed a rimettere ai condomini tutto ciò che abbia ricevuto per conto del condominio, vale a dire tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dall'esercizio al quale le somme si riferiscono, atteso che, una volta revocato, il mandatario non ha più titolo per trattenere quanto gli è stato somministrato dal mandante.

L'amministratore revocato, pertanto, dovendo rendere il conto del suo operato, è chiamato a giustificare, attraverso i necessari documenti giustificativi, in che modo abbia svolto la sua opera, mediante la prova di tutti gli elementi di fatto che consentano di individuare e vagliare le modalità con cui l'incarico sia stato eseguito e di stabilire se il suo operato sia stato conforme ai criteri di buona amministrazione. Non opera, infatti, per il periodo susseguente alla revoca ed antecedente alla costituzione di un nuovo incarico (allo stesso soggetto) da parte dell'assemblea, alcuna perpetuatio o prorogatio di poteri in capo all'amministratore di condominio revocato, non potendo ravvisarsi una presumibile volontà conforme dei condomini in tal senso, e piuttosto supponendo la revoca l'esplicitazione di una volontà contraria alla conservazione dei poteri di gestione. Neppure l'amministratore revocato può ritenersi dispensato dal presentare il rendiconto, adducendo che erano stati comunque approvati ì rendiconti relativi agli esercizi precedenti, giacché l'inoppugnabilità conseguita da tali rendiconti non impugnati
non esclude che, estinto il mandato per revoca, l'amministratore debba dare prova delle somme incassate e degli esborsi per l'esercizio corrente. I due principi sono stati affermati dai giudici della seconda sezione con l'ordinanza 8 luglio 2021 n. 19436 - (Pres. Di Virgilio; Rel. Scarpa).

L'analisi dei principi espressi dalla Suprema corte

Per il rilievo che l'obbligo posto a carico del mandatario di rimettere al mandante tutto quello che ha ricevuto a causa del mandato (articolo 1713, comma 1, del Cc) non sorge solo a seguito della conclusione dell'attività gestoria, ma anche quando si accerti l'impossibilità di eseguirla o quando vi sia stata la revoca del mandato, poiché in entrambi questi ultimi casi il mandatario non ha più titolo per trattenere quanto gli è stato somministrato dal mandante, Cassazione, sentenza 11 agosto 2000, n. 10739, in "Giustizia civile", 2001, I, p. 1025, con nota di Costanza M., "La revoca del mandato e i suoi effetti".

Sulla seconda parte della massima, in termini generali, sulla prorogatio dei poteri dell’amministratore del condominio, si è affermato, tra l’altro:

- in tema di condominio negli edifici, la prorogatio imperii dell'amministratore - che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità dell'amministrazione - si applica in ogni caso in cui il condominio rimanga privo dell'opera dell'amministratore e, quindi, non solo nelle ipotesi di scadenza del termine di cui all'articolo 1129, comma 2, del Cc o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o annullamento per illegittimità della delibera di nomina. Ne consegue che l'amministratore condominiale, la cui nomina sia stata dichiarata invalida, continua ad esercitare legittimamente, fino all'avvenuta sostituzione, i poteri di rappresentanza, anche processuale, dei comproprietari, rimanendo l'accertamento di detta prorogatio rimesso al controllo d'ufficio del giudice e non soggetto ad eccezione di parte, in quanto sia inerente alla regolare costituzione del rapporto processuale, Cassazione, sentenza 30 ottobre 2012, n.18660;

- l'istituto della prorogatio imperii è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell'opera dell'amministratore, e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all'articolo 1129, comma 2, del Cc, o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o di annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina. Ne consegue che l'assemblea può validamente essere convocata dall'amministratore la cui nomina sia stata dichiarata illegittima non ostando al riguardo il dettato di cui all'articolo 66, secondo comma, del codice civile, in quanto il potere di convocare l'assemblea, da tale norma attribuito a ciascun condomino, presuppone la mancanza dell'amministratore, che è ipotesi diversa da quella che si verifica nei casi di cessazione per qualsivoglia causa del mandato dell'amministratore o di illegittimità della sua nomina, Cassazione, sentenza 23 gennaio 2007, n. 1405, in "Vita notarile", 2007, p. 702;

- l'amministratore di condominio cessato dalla carica conserva una limitata legittimazione passiva a resistere alle pretese fatte valere nei confronti dell'ente di gestione, in forza di una prorogatio dei poteri che si esaurisce con la nomina del nuovo amministratore. Pertanto, successivamente a tale evento, l'amministratore cessato e sostituito non ha l'obbligo né il potere di costituirsi in giudizio per difetto dell'interesse a contraddire, permanendo a suo carico solo l'obbligo di dare notizia al nuovo amministratore delle pretese azionate in giudizio, mediante comunicazione dell'atto notificato, attesa la conservazione di un dovere di diligenza, anche dopo l'estinzione del mandato, in relazione ai fatti verificatisi nell'epoca di operatività del mandato stesso o comunque ad esso collegabili, Cassazione, ordinanza 4 luglio 2011, n. 14589.

Sull’ultima parte della massima, i rendiconti e la ripartizione delle spese predisposti dall'amministratore del condominio ed approvati validamente dall'assemblea divengono operative in caso di mancata impugnazione della deliberazione di approvazione da parte dei singoli condomini assenti o dissenzienti nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'ultimo comma dell'articolo 1137 del Cc, salve le ipotesi di nullità per violazione di norme inderogabili o per menomazione dei diritti di ciascun condomino derivanti dall'atto d'acquisto o dalle convenzioni che possono essere fatte valere ai sensi dell'articolo 1418 del Cc, Cassazione, sentenza 31 maggio 1988 n. 3701, in "Archivio locazioni e condominio", 1988, p. 707.

Diversamente, nel senso che per il disposto degli articoli 1135 e 1137 del Cc, la deliberazione dell'assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti, nel termine stabilito dall'articolo 1137, comma 3, del Cc, non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di legittimità, restando esclusa una diversa forma di invalidazione ai sensi dell'art. 1418 Cc, non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera, da considerare, perciò, annullabile, Cassazione, sentenze 4 marzo 2011, n. 5254, in "Archivio locazioni e condominio", 2011, p. 434, con nota di De Tilla M.,La impugnazione della delibera condominiale che approva il rendiconto annuale; 20 aprile 1994,n. 3747.

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