Civile

È esente dall’Imu la scuola paritaria con rette irrisorie

di Luigi Lovecchio

L’immobile dove si svolge l’attività di una scuola paritaria, posseduto da un ente morale, è esente da Imu se le rette praticate sono irrisorie. Depone a favore di questa conclusione la circostanza che lo stesso comune eroga annualmente un contributo di ammontare significativo per far fronte alle spese di gestione. Si esprime così la Ctp di Bergamo nella sentenza 485/2018, depositata il 24 settembre scorso. La pronuncia tocca un tema “caldo”, sotto il profilo dell’attualità, dopo che la Corte di Giustizia, con la sentenza C-622/16, ha condannato lo Stato italiano a recuperare l’Ici non versata negli anni pregressi dagli istituti ecclesiastici, in quanto aiuto di Stato illegittimo.

Nel caso specifico, si trattava per l’appunto di un immobile adibito a scuola paritaria gestito da un ente morale che ha avuto il riconoscimento come Ipab dalla Regione Lombardia. Il Comune aveva emesso l’avviso di accertamento pretendendo il pagamento integrale dell’Imu relativa al 2012. In sede di ricorso, l’ente morale evidenziava come l’attività didattica fosse prestata dietro pagamento di una retta mensile di 140 euro. Inoltre, si rilevava che nel corso dello stesso anno 2012 il Comune aveva corrisposto un contributo di 96mila euro in conto spese di esercizio.

Bisogna ricordare che, per prevenire una ulteriore bocciatura da parte della Commissione Ue, nell’Imu è stata introdotta una disciplina specifica che regola l’esenzione degli immobili degli enti non profit, attraverso l’adozione di parametri di origine comunitaria.

È stato previsto, in particolare, che ai fini del riconoscimento dell’esenzione dall’imposta, l’attività svolta dall’ente non commerciale debba essere gratuita o dietro pagamento di corrispettivi simbolici. A questo riguardo, vale evidenziare che nel pensiero degli organi dell’Unione sono simbolici solo gli importi «che coprono una piccola frazione del costo effettivo del servizio». In linea di principio, dunque, non dovrebbe rilevare né se l’attività sia convenzionata con il servizio pubblico (si pensi alle attività sanitarie) né se le tariffe praticate siano o meno in linea con le tasse scolastiche (scuole paritarie). Ciò che conta è che, alla luce di un esame caso per caso, i prezzi applicati dall’ente non profit siano determinati secondo modalità economiche, cioè tendenti alla remunerazione dei fattori produttivi, ovvero, al contrario, siano stabiliti secondo criteri del tutto avulsi dalla logica economica. Nella prima ipotesi, l’esenzione non può essere riconosciuta.

Nel caso deciso dai giudici lombardi, la retta mensile di 140 euro è stata considerata irrisoria, perché non tendente alla remunerazione del costo del servizio. A dimostrazione della non “economicità” della remunerazione, il Collegio ha richiamato il contributo in conto esercizio erogato dal Comune. Il percorso logico seguito appare corretto. In particolare, è condivisibile che la pronuncia non si sia fondata su valutazioni aprioristiche ma su una analisi di merito.

Ctp di Bergamo 485/2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©