Civile

Notifiche non andata a buon fine per fatto non imputabile al notificante, la Cassazione interviene sulla vexata quaestio

Nota a Corte di Cassazione, Sez. III Civile, Ordinanza 18 ottobre 2022, n. 30492

di Antonio Onofrio Campione*

La sentenza n. 30492 emessa dalla III Sezione Civile della Corte di Cassazione in data 18 ottobre 2022 interviene autorevolmente sulla rimessione in termini nel caso di notifica dell'impugnazione non andata a buon fine conosciuta dalla parte impugnante dopo la scadenza dei termini per proporre il gravame.

Il caso standard è quello del mutamento per qualsiasi ragione del domicilio della parte che riceve l'impugnazione che non viene comunicato alla Cancelleria e induce il notificante a indirizzare l'atto presso il domicilio non più attuale.

• Come si deve comportare in questo caso la parte che deve introdurre un'impugnazione?

La questione non è stata semplice né univoca fino a questa pronuncia della Suprema Corte.
La giurisprudenza aveva inizialmente affermato che nel caso di omessa tempestiva notifica la rimessione in termini era possibile – in esecuzione del dettato dell'art. 153 c.p.c. – solo qualora la parte notificane fosse incorsa in errore scusabile.

Era pertanto questo il primo vaglio che doveva compiere il giudice chiamato a decidere sulla rimessione in termini: elemento che doveva fin dal principio fare deporre per la necessità che fosse il Giudice a concedere tale rimessione con suo provvedimento.

Nella fattispecie considerata dalla sentenza annotata, il caso era quello, più ricorrente, del mutamento di studio eletto quale domicilio fino alla scadenza dei termini per proporre impugnazione che non veniva comunicato alla Cancelleria del Giudice a quo.

La giurisprudenza di legittimità aveva distinto tra il mutamento del domicilio dell'avvocato difensore e quello dell'avvocato mero domiciliatario di un collega basato in un foro appartenente a un diverso distretto della Corte di Appello.

Nel primo caso l'errore non era scusabile in quanto la parte notificante avrebbe potuto agevolmente trovare il nuovo domicilio, mentre nel secondo caso esso era scusabile proprio per la difficoltà di reperire con certezza tale informazione – non sempre gli albi sono aggiornati e comunque c'è sempre a monte un obbligo dell'avvocato di comunicare tempestivamente il nuovo domicilio.

Già, per inciso, si ritiene errato questo distinguo, in quanto la comunicazione del mutamento del domicilio eletto risponde all'osservanza delle norme processuali e di quelle, non meno importanti, della deontologia professionale, sicché non può darsi un pregiudizio alla parte che subisce la mancanza della sua controparte.

Superato questo primo vaglio, la questione si è arenata sulle modalità di rimessione in termini, emergendo un orientamento, che non si esita a definire bizzarro, secondo il quale l'avvocato avrebbe dovuto rimettersi in termini da sé, notificando nuovamente l'atto nell'osservanza del termine previsto dall'art. 325 c.p.c. e – chissà perché – dimidiato (iniziato con Cassazione SS.UU. n. 17352/2009 ).

In realtà, successivamente a questa sentenza, come detto piuttosto strana, sono state emesse alcune pronunce che non imponevano alla parte di notificare autonomamente ma prescrivano soltanto una tempestiva attivazione (e pluribus: Cassazione n. 15056/2018 ).

Questa impostazione non appare corretta: intanto perché l'avvocato si dovrebbe giudicare sulla scusabilità del proprio errore e già questo profilo appare dirimente; inoltre perché l'ufficiale giudiziario notoriamente rifiuta atti fuori termine e chiede un provvedimento di rimessione in termini da parte del Giudice; infine – ma questa osservazione è davvero dirimente – perché il testo dell'art. 153 c.p.c. subordina espressamente la rimessione in termini al provvedimento del giudice.

Non vanno infine sottaciuti i problemi derivanti dal caso – non infrequente – nel quale la nuova notifica non possa che avvenire senza rispettare il termine a comparire: infatti l'avvocato non può modificare la data apposta nell'atto perché si tratterebbe di un nuovo atto e non può notificare un atto senza rispettare i termini perché dovrebbe chiedere una nuova rimessione in termini al Giudice!

Malgrado tutti questi impedimenti oggettivamente dirimenti, la giurisprudenza che si era formata sul punto chiedeva che l'avvocato riprendesse da sé il procedimento di notifica invece che chiedere al Giudice la rimessione in termini.

La sentenza annotata pone fine alla questione, affermando che l'unico modo per notificare validamente un atto fuori termine consiste nella richiesta di un provvedimento giudiziale di rimessione in termini e nella sua emissione dopo la verifica del giudice sulla sussistenza del presupposto della scusabilità dell'errore.

Come detto, non era possibile affermare diversamente: la rimessione in termini presuppone un vaglio positivo di scusabilità dell'errore, che deve essere compiuto dal giudice senza l'erronea applicazione di meccanismi automatici che non possono fare giustizia nel caso concreto, così come prevede del resto l'art. 153 c.p.c., la cui formulazione non residua alcuna diversa interpretazione.

Superato questo vaglio, sarà sempre il giudice ad autorizzare una nuova notifica con termine perentorio per l'incombente ovvero a fissare una nuova udienza nel caso in cui la nuova notifica non consenta di rispettare i termini fissati dalla norma processuale.

Resta da dire che la sanatoria della notifica deve diventare regola nel caso in cui il notificante sia esente da colpa, situazione alla quale spesso corrisponde una colpa altrui, in adempimento del principio costituzionale del giusto processo sancito dall'art. 111 della Costituzione, un corollario del quale è certamente la necessità che il giudice renda una decisione nel merito e non nel rito.

In attesa di una riforma codicistica in tal senso, per queste fattispecie, non infrequenti, che specifichi il caso generale disciplinato dall'art. 153 c.p.c., tuttavia già abbastanza chiaro, soccorre la sentenza annotata, che chiarisce nel giusto senso quale sia il procedimento da seguire nel caso di notifiche non andata a buon fine per fatto non imputabile al notificante.

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*A cura di Antonio Onofrio Campione, Avvocato Cassazionista

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