Immobili

Classificazione catastale dell'immobile e regime impositivo: tra agevolazioni prima casa e normativa IVA

I rapporti tra la classificazione catastale dell'immobile e il regime impositivo: l'acquisto c.d. a prima casa e rivendita infra-quinquennale, la nozione di fabbricato, le conseguenze della classificazione e le caratteristiche dell'immobile agevolabile

di Vincenzo Pappa Monteforte

Con la risposta a interpello numero 753 del 28 ottobre 2021 , l'Agenzia delle Entrate – oltre a soffermarsi sull'atto integrativo per la omessa richiesta, prima facie, delle c.d. agevolazioni prima casa – nel pronunciarsi su un'ipotesi di riacquisto di immobile da adibire ad abitazione principale al fine di evitare la decadenza dalle agevolazioni fruite, fornisce alcune indicazioni sulle caratteristiche del bene che può beneficiare delle medesime.

L'amministrazione finanziaria ribadisce i principi che possono così sintetizzarsi:
a) l'acquisto di un'unità immobiliare classificata nella categoria catastale C/2, ma urbanisticamente in corso di ristrutturazione con cambio di destinazione in civile abitazione in forza di legittimo titolo edilizio, può essere agevolato;
b) l'atto integrativo, "deve redigersi nella stessa forma dell'atto oggetto di integrazione" ed essere registrato in termine fisso, con applicazione dell'imposta di registro in misura fissa e dell'ordinaria imposta di bollo;
c) l'integrazione può riguardare anche l'atto di acquisto di una nuova abitazione dopo l'alienazione della prima casa, che ha già beneficiato della medesima agevolazione.

Le riflessioni che seguono riguardano esclusivamente i rapporti tra classificazione catastale dell'immobile e regime impositivo, evitando - quanto agli altri profili – qualsiasi approfondimento.

• Acquisto c.d. a prima casa e rivendita infra-quinquennale.

Premesso che, nei casi di rivendita infra-quinquennale del cespite, per non perdere le agevolazioni c.d. prima casa è indispensabile procedere "all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale", ai sensi della Nota II-bis, articolo 1, Tariffa, Parte Prima, allegata al d.p.r. 26 aprile 1986 numero 131 – modificata a far data dal 1^ gennaio 2014 - l'agevolazione in parola, prima correlata alle "abitazioni non di lusso", secondo i requisiti fissati nel decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969, è oggi applicabile "se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici)", semprechè ricorrano le altre condizioni di legge.

A dimostrazione della tecnica approssimativa del nostro legislatore, si pensi alla attuale persistente presenza nella normativa IVA del riferimento alle "case di abitazione non di lusso" (disposizione n. 127 undecies, tabella A, parte II, d.p.r. 26 ottobre 1972 numero 633, che stabilisce l'aliquota del 10% per le cessioni di immobili abitativi, in assenza dei requisiti prima casa), circostanza che ha spinto il fisco a "correggere" l'errore attraverso una interpretazione sistematica delle norme (circolare n. 31/E del 30 dicembre 2014, capitolo VI, paragrafo 24.2).

La novellata previsione, pur non potendo trovare applicazione agli atti negoziali anteriori alla data della sua entrata in vigore, può tuttavia spiegare effetti ai fini sanzionatori, in applicazione del principio del favor rei: sulla base della più favorevole disposizione sopravvenuta, la condotta mendace, che prima integrava una violazione fiscale, non costituisce più il presupposto per l'irrogazione della sanzione. Di conseguenza, nell'ipotesi ricordata è dovuta l'imposta ordinaria, ma non l'ulteriore misura punitiva pari al 30% della differenza tra aliquota ordinaria e agevolata (Cass., 11 maggio 2017 n. 11621, confermata – tra altre - da Cass., 26 marzo 2019 n. 8409).

• Nozione di fabbricato e sue declinazioni.

L'agenzia delle Entrate ha posto l'accento sul precetto espresso dall'articolo 2645 bis, VI comma, del codice civile: è esistente "l'edificio nel quale sia stato eseguito il rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e sia stata completata la copertura" (risoluzione n. 23/E del 28 gennaio 2009, in una fattispecie relativa alle plusvalenze di cui all'articolo 67, T.U.I.R., sulle quali si tornerà in seguito). E ciò quando, ai sensi dell'articolo 28, r.d.l. 652/1939, l'obbligo di accatastamento sorge solo con riguardo ai beni che sono diventati abitabili o servibili all'uso cui sono destinati, mentre le variazioni vanno denunciate entro 30 giorni dall'esecuzione (articolo 34 quinquies, d.l. 10 gennaio 2006 n. 4, convertito con la L. 9 marzo 2006 n. 80).

Analogamente, alla luce di quanto precisato nella circolare 12/E del 1^ marzo 2007, "il concetto di ultimazione della costruzione o dell'intervento di ripristino dell'immobile . . . deve essere individuato con riferimento al momento in cui l'immobile sia idoneo ad espletare la sua funzione ovvero sia idoneo ad essere destinato al consumo".
Non esistono, infine, documenti di prassi che definiscano il fabbricato in corso di costruzione, la cui nozione si desume a contrario da quella di fabbricato ultimato.

Di grande rilievo rimane la distinzione tra fabbricato abitativo e strumentale, basata – quanto alla disciplina IVA - su un criterio oggettivo, legato alla classificazione catastale dei cespiti, indipendentemente dal loro utilizzo effettivo (risoluzione n. 8/E del 14 gennaio 2014; circolare n. 22/E del 28 giugno 2013; circolare n. 27/E del 4 agosto 2006; in giur., di recente, Cass., ord. 19 giugno 2020 n. 12000). Di conseguenza, sono fabbricati abitativi quelli classificati o classificabili nella categoria catastale "A", con esclusione degli "A/10"; sono strumentali per natura quelli classificati o classificabili nelle categorie catastali "B", "C", "D", "E" e "A/10".

• Conseguenze della classificazione.

Quella che sembra essere una classificazione fine a se stessa, in realtà ha una valenza sostanziale, inequivocabilmente chiara nella normativa IVA.

In essa, stante il disposto normativo di cui all'articolo 10, comma I, numeri 8-bis) e 8-ter), D.P.R. 633/1972, conclamato è il principio generale dell'esenzione IVA (con conseguente ricaduta nell'orbita dell'imposta di registro) per tutte le cessioni di fabbricati (abitativi e/o strumentali per natura), fatte salve le eccezioni di legge:
- IVA obbligatoria per le vendite di immobili ultimati nei cinque anni, oppure che hanno subito sempre nei cinque anni interventi urbanistici di un certo tipo;
- IVA opzionale, sempreché l'opzione – di competenza del soggetto cedente – sia possibile.

La cessione di un fabbricato strumentale sconta IVA + 4% di ipo-catastali (articoli 10, D. Lgs. 347/1990 e 1-bis, Tariffa, allegata al medesimo decreto) + imposta fissa di registro, ma se trattasi di immobile non ultimato fuoriesce dall'ambito di applicazione delle ipo-catastali c.d. rafforzate, con conseguente pagamento – in quanto ancora presente nel circuito produttivo – delle imposte fisse di registro ed ipo-catastali (per interessanti notazioni, studio CNN n. 181-2017/T; contra, di recente, Cass., ord. 17 giugno 2021 n. 17398; Cass., ord. 1 luglio 2020 n. 13404 ).

• Caratteristiche dell'immobile agevolabile.

Il quesito sul quale è chiamata a pronunciarsi con l'interpello in esame l'Agenzia delle Entrate riguarda l'acquisto di un'unità immobiliare classificata come C/2, ma urbanisticamente in corso di ristrutturazione con cambio di destinazione in civile abitazione in forza di legittimo titolo edilizio.

Su una fattispecie analoga era già intervenuta a favore del contribuente la Corte di legittimità, sostenendo che - ai fini della agevolazione c.d. prima casa - "è sufficiente che l'immobile oggetto dell'acquisto possa essere destinato ad abitazione, non essendo richiesto dalla norma che esso sia già adibito a tale funzione al momento dell'acquisto" ( Cass. 7 giugno 2013 n. 14396; Cass. 10 settembre 2004 n. 18300 ).

Il fisco ha ribadito tale principio, riproponendo argomentazioni rese palesi con la circolare n. 38/E del 12 agosto 2005, in cui si ammetteva l'applicabilità dell'aliquota ridotta anche per i fabbricati in fase di costruzione all'atto dell'acquisto.

Con la risposta a interpello numero 357 del 2019, la stessa amministrazione finanziaria aveva statuito che il fabbricato totalmente o parzialmente inagibile, catastalmente classificato come F/2 (unità collabente), dà luogo ad un'ipotesi di inidoneità assoluta ed oggettiva all'utilizzo abitativo dell'immobile. Quindi, nessuna possibilità dei benefici prima casa, che discendono da una norma agevolativa, "in quanto tale, non . . . suscettibile di interpretazione che ne estenda la portata applicativa ad ipotesi non espressamente contemplate".

La categoria F/2 è riferibile a fabbricati caratterizzati da un notevole livello di degrado che ne determina l'incapacità di produrre ordinariamente un reddito proprio, classificazione questa "durevole" a differenza di quella in F/3 (immobili in corso di costruzione) e in F/4 (immobili in corso di definizione), necessariamente provvisorie, con un "limite temporale" da 6 a 12 mesi (circolare del Territorio n. 4/T del 29 ottobre 2009, paragrafo 3.3).
L'unità collabente – quindi - non è un fabbricato, così come non è un'area fabbricabile fino all'eventuale demolizione, area che neanche può godere delle agevolazioni in discorso, seppur destinata alla realizzazione dell'abitazione (risoluzione numero 44/E del 16 marzo 2004; circolare 31/E del 7 giugno 2010).

Proprio in questi ultimi giorni la Cassazione con l' ordinanza numero 30756 datata 29 ottobre 2021 si è interessata della cessione di aree fabbricabili, seppur sotto il profilo della plusvalenza. Secondo i giudici di legittimità, in ossequio ad un orientamento consolidato, "la disposizione dell'art. 67, comma 1, lett. b), e 68 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, che assoggetta a tassazione, quali «redditi diversi», le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, non è applicabile alle cessioni aventi ad oggetto, non un terreno «suscettibile di utilizzazione edificatoria», ma un terreno sul quale insorge un fabbricato e che, quindi, è da ritenersi già edificato; l'entità sostanziale del fabbricato non può essere mutata in terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e, soprattutto, la cui realizzazione (nel caso di specie, attraverso la demolizione del fabbricato) è futura (rispetto all'atto oggetto di tassazione) eventualmente rimessa alla potestà di soggetto diverso (l'acquirente) da quello interessato all'imposizione fiscale…… Tanto vale anche qualora l'alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e la ricostruzione dell'immobile e, successivamente alla compravendita, l'acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell'istanza, in quanto la ratio ispiratrice della disposizione citata tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un'attività produttiva del proprietario o possessore ma dall'avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica".

Può beneficiare delle agevolazioni prima casa, invece, l'acquisto di un fabbricato rurale, che non costituisca pertinenza di terreno agricolo, semprechè idoneo all'utilizzo residenziale, (circolare 18/E del 29 maggio 2013, paragrafo 3.11.3).

• Riacquisto di immobile da adibire ad abitazione principale per evitare la decadenza dalle agevolazioni fruite.

Secondo la risposta ad interpello in esame - tenuto conto che ai sensi della normativa prima casa, la decadenza dal regime di favore è evitata se il contribuente, entro un anno dall'alienazione dell'immobile agevolato, effettuata prima del decorso del quinquennio, proceda all'acquisto di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale – la decadenza dal beneficio non si verifica anche nel caso in cui il contribuente provveda all'acquisto di un terreno sul quale venga realizzato, entro un anno dalla vendita, un immobile utilizzabile come abitazione principale (risoluzione n. 44/E del 16 marzo 2004, già citata). Quindi, nel termine di un anno, non solo deve essere acquistato il terreno, ma è indispensabile che sullo stesso si realizzi un fabbricato (avente le caratteristiche di legge) da adibire ad abitazione principale (circolare 38/E del 12 agosto 2005, cit.).


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