Famiglia

Cartabia affossa la Pas: «Non riconosciuta dalla comunità scientifica»

Il Ministro della Giustizia al questione time della Camera afferma che di per sé sola non può essere utilizzata

di Francesco Machina Grifeo

La Ministra della Giustizia Marta Cartabia boccia la cd "sindrome da alienazione parentale". Una teoria la cui scientificità è stata più volte messa in discussione ma che ha goduto di una diffusa popolarità nei tribunali italiani, prima di ricevere alcuni pesanti stop dalla Suprema corte. "La Pas - afferma Cartabia rispondendo a due interrogazioni nel corso del question time alla Camera - non è riconosciuta dalla gran parte della comunità scientifica, e la Cassazione la ritiene non utilizzabile di per sé sola, tanto più che in casi di allontanamento occorre accertare sempre le situazioni in concreto, i concreti comportamenti delle parti, usando tutti i mezzi di prova e non basandosi su una teoria a maggior ragione quando è priva di riscontro scientifico".

Cartabia ha poi richiamato una precedente audizione del maggio 2020 in cui il Ministro della Sanità, Roberto Spe ranza, rispondendo a una interrogazione sullo stesso tema aveva affermato che la Pas "non è riconosciuta dalla stragrande maggioranza della comunità scientifica". Ed ha ricordato che la Corte di Cassazione "ribadisce continuamente che non si possono adottare provvedimenti giudiziari basati su soluzioni prive del necessario conforto scientifico che come tali possono produrre danni ancora maggiori rispetto a quelli a cui si vuole rimediare".

Per quanto la Pas si applichi ad entrambi i genitori, secondo le interroganti - Veronica Giannone (Forza Italia) e Rossella Muroni (Misto, FacciamoEco) - essa ha rappresentato, e ancora rappresenta, un impedimento a denunciare per le donne vittime di violenza domestica che rischiano di vedersi sottratti anche i figli a fronte di un atteggiamento di rifiuto nei confronti del padre.

"La scienza e la Cassazione – afferma Muroni - dicono che la sindrome da alienazione parentale non esiste, ma di fatto viene applicata nei tribunali italiani e porta troppo spesso alla separazione dolorosa tra madri e figli. In Italia succede, infatti, che si deliberi per l'affido condiviso prima della conclusione del processo penale, o ancora che di questo non si tenga proprio conto". "Ed è per questo – prosegue - che decine di madri mi hanno detto: 'era meglio non denunciare perché sono meglio le botte che vedermi sottratto mio figlio'".

Con riferimento "all'intreccio tra allontanamento e violenza nei confronti della madre", la Ministra ha ricordato che la riforma del processo civile "rafforza una norma che già esiste ma che è poco utilizzata: è l'articolo 64 del Cpp che prevede il coordinamento tra il giudice penale e quello civile che si occupa del bambino e della tutela che ne consegue".

Riguardo invece alla possibilità di un intervento diretto Cartabia ha ricordato che il ministro della Giustizia "non può mai intervenire sui processi giurisdizionali, sull'attività giurisdizionale, perché c'è il principio costituzionale dell'indipendenza del giudice". Tuttavia, nella riforma del processo civile si prevedono "una serie di innovazioni e di rafforzamenti di tutele proprio in materia di persone, famiglia e minori". "In particolare – spiega Cartabia - si dispone che il consulente tecnico d'ufficio deve attenersi ai protocolli ed alle metodologie riconosciuti dalla comunità scientifica". Del resto, "la regola generale in tema di valutazione della attendibilità delle prove, è che il giudice è sempre tenuto a verificarne il fondamento sul piano scientifico e le risultanze della scienza medica".

Inoltre, ha ricordato, sempre nella delega si prevede l'istituzione dell'albo dei consulenti tecnici d'ufficio con riferimento alla neuropsichiatria infantile, alla psicologia dell'età evolutiva ed alla psicologia giuridica e forense. "Si tratta – ha commentato - di condizioni che tendono ad elevare la qualità dell'accertamento tecnico sulla base di competenze scientifiche ritenute imprescindibili in una materia delicata come quella familiare dove le decisioni giurisdizionali possono produrre conseguenze indelebili in soggetti particolarmente vulnerabili come i minori di età".

"Infine – ha concluso Cartabia tornando al tema della violenza sulle donne - stiamo monitorando con grande attenzione l'applicazione del Codice rosso, attraverso una raccolta dei dati presso tutti i tribunali e abbiamo inviato delle lettere alla Scuola superiore della magistratura per predisporre percorsi specifici formativi su questo punto: corsi dedicati alla violenza di genere e al problema di allontanamento".

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