Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte depositate nel periodo compreso tra il 27 e il 31 marzo 2023

di Federico Ciaccafava


Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) competenza per valore, domanda giudiziale ed effetti della clausola di contenimento; (ii) giudizio di legittimità e vizio di motivazione apparente della sentenza; (iii) querela di falso, prove della falsità e consulenza tecnica d'ufficio; (iv) morte della parte, giudizio di appello ed interruzione del processo; (v) esecuzione forzata e sospensione del processo; (vi) esecuzione forzata e locazione di bene immobile pignorato da parte del terzo non proprietario; (vii) procedimento monitorio e condizione per la dichiarazione di inefficacia del decreto ingiuntivo; (viii) mediazione obbligatoria e avveramento condizione di procedibilità.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

COMPETENZA – Cassazione n. 8660/2023

Cassando la pronuncia gravata, l'ordinanza consolida il principio a mente del quale in tema di determinazione della competenza, in ipotesi di proposizione cumulativa di più domande, l'affermazione dell'attore di limitare l'ammontare della domanda nei limiti della competenza per valore del giudice adito ha il duplice effetto di radicare la competenza innanzi al predetto giudice e di delimitare in tali limiti l'importo accertabile dalla sentenza, con conseguente nullità della pronuncia per l'ipotesi di superamento del valore determinato per effetto della clausola di contenimento.

IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 8715/2023
La decisione riafferma che ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture.

PROVA CIVILE – Cassazione n. 8718/2023
Enunciando il principio di diritto, la pronuncia, resa in tema di querela di falso, afferma che la richiesta di consulenza tecnica d'ufficio (implicitamente mirata a formare scritture di comparazione) e di valutazione della possibile rilevabilità "ictu oculi" della falsità della sottoscrizione impugnata può ritenersi valida indicazione di prove della falsità e, in quanto tale, comporta l'ammissibilità della querela stessa.

INTERRUZIONE DEL PROCESSO – Cassazione n. 8835/2023
Enunciando il principio di diritto, la sentenza afferma che l'art. 299 c.p.c. è applicabile anche nel giudizio di appello e, la morte della parte che si sia verificata dopo la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ma prima della scadenza del termine per la costituzione comporta l'automatica interruzione del processo, a prescindere sia dalla conoscenza che dell'evento abbiano avuto l'altra parte o il giudice, sia da qualsiasi attività diretta a determinarla, giacché l'effettiva conoscenza dell'evento interruttivo rileva ai soli fini della decorrenza del termine per la riassunzione. Ne consegue che, anche qualora l'evento interruttivo abbia colpito una parte avente la veste di litisconsorte necessario processuale, il giudizio deve essere riassunto o proseguito nel termine di cui all'art. 305 c.p.c. non nelle forme di cui all'art. 331 c.p.c. – operante invece nei casi in cui, a fronte di una pluralità di eredi della parte deceduta, almeno uno di tali eredi si sia già costituito in giudizio – e che il vizio o la mancata tempestiva notificazione dell'atto di riassunzione, volta a garantire il corretto ripristino del contraddittorio, impongono al giudice di ordinarne la rinnovazione in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c. entro un termine perentorio, il cui mancato rispetto determina l'estinzione del giudizio ai sensi del combinato disposto degli artt. 291, ultimo comma, e 307, terzo comma, c.p.c.

ESECUZIONE FORZATA – Cassazione n. 8998/2023
Enunciando il principio di diritto, l'ordinanza afferma che, in tema di sospensione dell'esecuzione forzata, la norma dettata dall'art. 626 c.p.c. – secondo cui in pendenza della sospensione del processo non può compiersi alcun atto esecutivo, salvo che il giudice dell'esecuzione disponga diversamente – si riferisce non a tutti gli atti in genere, ma soltanto a quelli volti alla progressione della procedura, e cioè alla liquidazione dei beni pignorati, o alla distribuzione del ricavato, fermi restando gli atti già compiuti; ne discende che il giudice dell'esecuzione, dopo la sospensione, può adottare atti di natura conservativa o di gestione attiva dei beni pignorati, restando in ogni caso escluso che, qualora i cespiti siano stati locati prima del pignoramento, possa ordinarsi – per effetto della mera sospensione – la restituzione al locatore dei canoni comunque riscossi dal custode giudiziario.

ESECUZIONE FORZATA – Cassazione n. 8998/2023
Enunciando il principio di diritto, l'ordinanza afferma che, in materia di esecuzione forzata, il contratto di locazione di immobile stipulato – prima o dopo il pignoramento del bene – da parte del terzo non proprietario, che lo detenga, è valido tra le parti, ma è opponibile al creditore pignorante, ai creditori intervenuti, al custode giudiziario ed all'aggiudicatario negli stessi limiti in cui è loro opponibile il titolo della detenzione vantata dal terzo. Pertanto, ove sussista e sia verificata dal giudice dell'esecuzione una tale opponibilità, ferma la legittimazione esclusiva del terzo detentore-locatore, nei rapporti con il conduttore suo avente causa, alla percezione dei canoni che da tale locazione discendono, dal momento del pignoramento il terzo è comunque obbligato al pagamento al custode giudiziario (tanto nel caso che quest'ultimo sia il debitore esecutato quale custode "ex lege", quanto in quello che questi sia stato sostituito dal giudice, rispettivamente ai sensi dell'art. 559, commi 1 e 2, c.p.c.) di una somma periodica per il godimento del bene, a titolo di canone di locazione (ove il terzo detenga il bene in forza di locazione conclusa con il proprietario debitore esecutato) o di indennità di occupazione "sine titulo" (ove egli non vanti titolo opponibile), trattandosi di frutti civili del bene, come tali rientranti nell'oggetto del pignoramento, ex art. 2912 c.c.

PROCEDIMENTO MONITORIO – Cassazione n. 9024/2023
L'ordinanza riafferma che il procedimento per ottenere la declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo, ex art. 188 disp. att. c.p.c., è utilizzabile esclusivamente nelle circoscritte ipotesi di allegata inesistenza o radicale mancanza di notifica — ipotesi questa che ricorre laddove essa sia stata eseguita in luogo o nei confronti di persone non aventi alcuna relazione con il destinatario perché a lui completamente estranee — e non nelle ipotesi di nullità della notifica stessa, né tanto meno per ovviare alla mancanza di una conoscenza effettiva del provvedimento da parte del destinatario.

MEDIAZIONE OBBLIGATORIA – Cassazione n. 9102/2023
Applicando un principio già espresso per la mediazione delegata, l'ordinanza riafferma che anche nella mediazione obbligatoria, ciò che rileva, ai fini della realizzazione della condizione di procedibilità della domanda giudiziale ex art. 5 del D.lgs. n. 28 del 2010, è l'utile esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l'accordo, e non già l'avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal giudice con l'ordinanza che dispone la mediazione.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO

Procedimento civile – Competenza – Per valore – Proposizione cumulativa di più domande – Limitazione delle domande nei limiti della competenza per valore del giudice adito – Conseguenze – Radicamento della competenza per valore – Vincolatività anche per il giudizio di merito – Sussistenza – Condanna per un importo superiore – Ultrapetizione – Configurabilità – Fattispecie relativa ad un giudizio di responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia. (Cc, articoli 2043 e 2051; Cpc, articoli 7 e 112)
In tema di determinazione della competenza, in ipotesi di proposizione cumulativa di più domande, l'affermazione dell'attore di limitare l'ammontare della domanda nei limiti della competenza per valore del giudice adito ha il duplice effetto di radicare la competenza innanzi al predetto giudice e di delimitare in tali limiti l'importo accertabile dalla sentenza, con conseguente nullità della pronuncia per l'ipotesi di superamento del valore determinato per effetto della clausola di contenimento (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso proposto da una amministrazione comunale evocata in giudizio quale custode della strada percorrendo la quale l'attrice aveva subito lesioni in conseguenza di una caduta causata dalla presenza di una buca, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, con pronuncia nel merito di condanna della ricorrente pari al limite massimo della competenza, avendo, nella circostanza, il tribunale, in sede di gravame ed in riforma della pronuncia resa dal giudice di pace, condannato la ricorrente medesima ad un risarcimento di importo superiore al limite valoriale di competenza di quest'ultimo, nonostante nell'atto di citazione originario la parte avesse espressamente richiesto il risarcimento "…nei limiti della competenza del giudice adito…"). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 26 novembre 2021, n. 36897).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 27 marzo 2023 n. 8660 – Presidente Cirillo; Relatore Ambrosi

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Sentenza –Motivazione apparente – Vizio ex art. 360, n. 5, c.p.c. – Sussistenza – Fondamento – Fattispecie relativa a controversia insorta in materia condominiale. (Cc, articoli 1117 e 1158; Cpc, articoli 112, 132 e 360)
Ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture. A tale ipotesi, deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell'ineludibile attitudine a rendere palese, sia pure in via mediata o indiretta, la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall'effettivo e specifico sindacato sul fatto (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in ambito condominiale, accogliendo il motivo con cui la ricorrente aveva censurato l'operato del giudice di appello per aver negato l'accesso alla prova per testi diretta a provare l'acquisto per usucapione del volume interrato oggetto di lite, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in quanto contenente una motivazione manifestamente inconferente, tanto da doversi considerare inesistente; in particolare, specifica il giudice di legittimità, la sentenza impugnata impinge in un costrutto motivazionale di pura ed evidente apparenza, attraverso il quale il giudice si è illegittimamente sottratto al dovere di spiegare le ragioni, incensurabili in questa sede, ma, tuttavia, pertinenti, della propria decisione, la quale s'impone e giustifica proprio attraverso la piena visibilità del percorso argomentativo, che non può ridursi al nudo atto di libera, anzi arbitraria, manifestazione del volere, avendo il giudice il dovere di indicare gli elementi concludenti da cui ha tratto il proprio convincimento). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 23 maggio 2019, n. 13977; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 3 novembre 2016, n. 22232; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 8 ottobre 2014, n. 21257; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 7 aprile 2014, n. 8053).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 28 marzo 2023 n. 8715 – Presidente Lombardo; Relatore Grasso

Procedimento civile – Prova civile – Falso civile – Querela di falso – Contenuto – Prove della falsità – Acquisizione – Richiesta di consulenza tecnica d'ufficio – Atto di proposizione della querela di falso – Ammissibilità. (Cpc, articolo 221)
In tema di querela di falso, la richiesta di consulenza tecnica d'ufficio (implicitamente mirata a formare scritture di comparazione) e di valutazione della possibile rilevabilità "ictu oculi" della falsità della sottoscrizione impugnata può ritenersi valida indicazione di prove della falsità e, in quanto tale, comporta l'ammissibilità della querela stessa (Nel caso di specie, in applicazione dell'enunciato principio di diritto, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte territoriale aveva confermato in sede di appello la declaratoria di inammissibilità della querela di falso con la quale il ricorrente aveva impugnato la sottoscrizione a lui attribuita apposta su un avviso di ricevimento postale prodotto dall'ente comunale controricorrente nel giudizio innanzi al giudice di pace ed avente ad oggetto la verifica della legittimità del ruolo esattoriale portato da una cartella di pagamento emanata dall'agente per la riscossione relativo alla notificazione di un precedente verbale di accertamento per violazioni previste dal Codice della Strada). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 7 maggio 2018, n. 10874; Cassazione, sezione civile II, sentenza 12 maggio 1980, n. 3131; Cassazione, sezione civile II, sentenza 15 marzo 1974, n. 743).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 28 marzo 2023 n. 8718 – Presidente Bertuzzi; Relatore Carrato

Procedimento civile – Interruzione del processo – Morte della parte – Giudizio di appello – Morte della parte successiva alla notifica dell'atto di appello ma anteriore alla scadenza del termine di costituzione – Effetti – Automatica interruzione del processo – Conseguenze – Evento interruttivo riguardante una parte avente la veste di litisconsorte necessario processuale – Riassunzione o prosecuzione – Disciplina applicabile – Individuazione. (Cpc, articoli 102, 103, 291, 299, 305, 307 e 331)
L'articolo 299 cod. proc. civ. è applicabile anche nel giudizio di appello e, la morte della parte che si sia verificata dopo la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ma prima della scadenza del termine per la costituzione comporta l'automatica interruzione del processo, a prescindere sia dalla conoscenza che dell'evento abbiano avuto l'altra parte o il giudice, sia da qualsiasi attività diretta a determinarla, giacché l'effettiva conoscenza dell'evento interruttivo rileva ai soli fini della decorrenza del termine per la riassunzione. Ne consegue che, anche qualora l'evento interruttivo abbia colpito una parte avente la veste di litisconsorte necessario processuale, il giudizio deve essere riassunto o proseguito nel termine di cui all'articolo 305 cod. proc. civ. non nelle forme di cui all'articolo 331 cod. proc. civ. – operante invece nei casi in cui, a fronte di una pluralità di eredi della parte deceduta, almeno uno di tali eredi si sia già costituito in giudizio – e che il vizio o la mancata tempestiva notificazione dell'atto di riassunzione, volta a garantire il corretto ripristino del contraddittorio, impongono al giudice di ordinarne la rinnovazione in applicazione analogica dell'articolo 291 cod. proc. civ. entro un termine perentorio, il cui mancato rispetto determina l'estinzione del giudizio ai sensi del combinato disposto degli articoli 291, ultimo comma, e 307, terzo comma, cod. proc. civ. (Nel caso di specie, enunciando il principio di diritto, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo la corte del merito dichiarato inammissibili sia l'appello principale sia quello incidentale per tardiva integrazione del contradittorio ai sensi dell'articolo 331, comma 2, cod. proc. civ.; tale decisione osserva la pronuncia in esame, si pone in contrasto con il canone enunciato in sede di legittimità per cui, per il principio del giusto processo, a tutela dell'affidamento della parte, il giudice d'appello, che abbia ordinato la rinnovazione della notifica del gravame con prescrizioni rivelatesi erronee, non può dichiarare inammissibile l'impugnazione, ma deve revocare l'ordinanza e concedere nuovo termine di notifica). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 3 febbraio 2021, n. 2526; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 15 dicembre 2020, n. 28447; Cassazione, sezione civile V, sentenza 26 settembre 2018, n. 22944; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 20 aprile 2018, n. 9819; Cassazione, sezione civile II, sentenza 31 luglio 2013, n. 18351; Cassazione, sezione civile II, sentenza 27 gennaio 2011, n. 1900; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 28 giugno 2006, n. 14854; Cassazione, sezione civile II, sentenza 21 febbraio 2006, n. 3725; Cassazione, sezione civile II, sentenza 28 gennaio 1998, n. 842).
Cassazione, sezione II civile, sentenza 29 marzo 2023 n. 8835 – Presidente D'Ascola; Relatore Rolfi

Procedimento civile – Esecuzione forzata – Sospensione – Art. 626 c.p.c. – Divieto di compimento di atti esecutivi – Portata – Limiti – Atti di natura conservativa o di gestione attiva dei beni pignorati – Adozione da parte del giudice dell'esecuzione – Ammissibilità – Cespiti locati prima del pignoramento – Restituzione al locatore dei canoni comunque riscossi dal custode giudiziario – Configurabilità – Esclusione. (Cc, articoli 820 e 2912; Cpc, articoli 65, 560, 626 e 617)
In tema di sospensione dell'esecuzione forzata, la norma dettata dall'articolo 626 cod. proc. civ. – secondo cui in pendenza della sospensione del processo non può compiersi alcun atto esecutivo, salvo che il giudice dell'esecuzione disponga diversamente – si riferisce non a tutti gli atti in genere, ma soltanto a quelli volti alla progressione della procedura, e cioè alla liquidazione dei beni pignorati, o alla distribuzione del ricavato, fermi restando gli atti già compiuti; ne discende che il giudice dell'esecuzione, dopo la sospensione, può adottare atti di natura conservativa o di gestione attiva dei beni pignorati, restando in ogni caso escluso che, qualora i cespiti siano stati locati prima del pignoramento, possa ordinarsi – per effetto della mera sospensione – la restituzione al locatore dei canoni comunque riscossi dal custode giudiziario (Nel caso di specie, enunciando il principio di diritto, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo ex articolo 384, comma 2, cod. proc. civ., ha accolto l'opposizione ex articolo 617 cod. proc. civ. proposta dal ricorrente, con conseguente annullamento del decreto emesso dal giudice dell'esecuzione in quanto illegittimo). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 24 novembre 1962, n. 3179).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 30 marzo 2023 n. 8998 – Presidente De Stefano; Relatore Saija

Procedimento civile – Esecuzione forzata – Locazione di bene immobile pignorato da parte del terzo non proprietario – Opponibilità – Sussistenza – Pagamento al custode giudiziario di una somma periodica per il godimento del bene a titolo di canone di locazione o di indennità di occupazione "sine titulo" – Fondamento. (Cc, articoli 820 e 2912; Cpc, articoli 65, 559, 560 e 617)
In materia di esecuzione forzata, il contratto di locazione di immobile stipulato – prima o dopo il pignoramento del bene – da parte del terzo non proprietario, che lo detenga, è valido tra le parti, ma è opponibile al creditore pignorante, ai creditori intervenuti, al custode giudiziario ed all'aggiudicatario negli stessi limiti in cui è loro opponibile il titolo della detenzione vantata dal terzo. Pertanto, ove sussista e sia verificata dal giudice dell'esecuzione una tale opponibilità, ferma la legittimazione esclusiva del terzo detentore-locatore, nei rapporti con il conduttore suo avente causa, alla percezione dei canoni che da tale locazione discendono, dal momento del pignoramento il terzo è comunque obbligato al pagamento al custode giudiziario (tanto nel caso che quest'ultimo sia il debitore esecutato quale custode "ex lege", quanto in quello che questi sia stato sostituito dal giudice, rispettivamente ai sensi dell'articolo 559, commi 1 e 2, cod. proc. civ.) di una somma periodica per il godimento del bene, a titolo di canone di locazione (ove il terzo detenga il bene in forza di locazione conclusa con il proprietario debitore esecutato) o di indennità di occupazione "sine titulo" (ove egli non vanti titolo opponibile), trattandosi di frutti civili del bene, come tali rientranti nell'oggetto del pignoramento, ex articolo 2912 cod. civ. (Nel caso di specie, enunciando il principio di diritto, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo ex articolo 384, comma 2, cod. proc. civ., ha accolto l'opposizione ex articolo 617 cod. proc. civ. proposta dal ricorrente, con conseguente annullamento del decreto emesso dal giudice dell'esecuzione in quanto illegittimo). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 27 luglio 2022, n. 23508; Cassazione, sezione civile III, sentenza 28 marzo 2022, n. 9877; Cassazione, sezione civile III, sentenza 14 novembre 2019, n. 29491; Cassazione, sezione civile III, sentenza 18 gennaio 2016, n. 664; Cassazione, sezione civile III, sentenza 18 gennaio 2016, n. 664; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 16 maggio 2013, n. 11830; Cassazione, sezione civile III, sentenza 16 gennaio 2013, n. 924; Cassazione, sezione civile II, sentenza 7 ottobre 1992, n. 11424).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 30 marzo 2023 n. 8998 – Presidente De Stefano; Relatore Saija

Procedimento civile – Procedimento monitorio – Procedimento per ottenere la declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo – Art. 188 disp. att. c.p.c. – Ammissibilità – Condizioni – Inesistenza o radicale mancanza di notifica – Necessità – Nullità della notifica – Inammissibilità – Rimedi esperibili – Individuazione. (Cpc, articoli 641, 644, 645 e 650; Disp, att. c.p.c., articolo 188)
Il procedimento per ottenere la declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo, ex articolo 188 disp. att. cod. proc. civ., è utilizzabile esclusivamente nelle circoscritte ipotesi di allegata inesistenza o radicale mancanza di notifica — ipotesi questa che ricorre laddove essa sia stata eseguita in luogo o nei confronti di persone non aventi alcuna relazione con il destinatario perché a lui completamente estranee — e non nelle ipotesi di nullità della notifica stessa, né tanto meno per ovviare alla mancanza di una conoscenza effettiva del provvedimento da parte del destinatario. Pertanto, se il decreto è stato notificato, ancorché fuori termine, o la notifica sia affetta da nullità, l'unico rimedio esperibile è l'opposizione ai sensi degli articoli 645 e 650 cod. proc. civ., a seconda dei casi (Nel caso di specie, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, dichiarato l'inammissibilità del ricorso ex articolo 188 disp. att. cod. proc. civ. proposto dalla società controricorrente; nella circostanza, infatti, avendo la società ricorrente, dopo alcuni tentativi di notifica presso il luogo indicato in contratto e presso la sede della società controricorrente indicata sulla visura camerale, non perfezionatisi a causa dell'irreperibilità del destinatario, eseguito, seppure tardivamente, la notifica, la dichiarazione di inefficacia del decreto ingiuntivo risultava emessa in assenza dei presupposti richiesti dalla legge, considerato che, nella scarna motivazione della ordinanza impugnata, il giudice del merito aveva semplicemente rilevato che i precedenti tentativi di notifica non erano andati a buon fine e che la parte notificante non si era attivata prontamente, con gli strumenti a sua disposizione, al fine di notificare il decreto ingiuntivo nel termine di legge). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 14 febbraio 2014, n. 3552; Cassazione, sezione civile I, sentenza 2 aprile 2010, n. 8126).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 30 marzo 2023 n. 9024 – Presidente Scarano; Relatore Condello

Procedimento civile – Procedimento di mediazione – Mediazione obbligatoria – Condizione di procedibilità della domanda giudiziale – Termine di quindici giorni assegnato dal giudice – Irrilevanza – Utile esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione – Rilevanza – Fondamento – Fattispecie relativa a controversia insorta in materia di contratti bancari. (Cpc, articoli 152, 154, 633 e 645; Dlgs 28/2010, articolo 5)
In tema di mediazione obbligatoria, al pari della mediazione delegata dal giudice, ciò che rileva, ai fini della realizzazione della condizione di procedibilità della domanda giudiziale ex articolo 5 del D.lgs. n. 28 del 2010, è l'utile esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l'accordo, e non già l'avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal giudice con l'ordinanza che dispone la mediazione (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso nel quadro di una controversia insorta in materia di contratti bancari, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte del merito, confermando la decisione di primo grado, aveva dichiarato improcedibile l'opposizione aderendo all'impostazione del giudice di prime cure circa la natura perentoria del termine di presentazione della domanda di mediazione desumibile in via interpretativa dallo scopo della ragionevole durata del processo perseguito dalla citata norma; nella circostanza, infatti, pur avendo i ricorrenti, in veste di opponenti, proposto la domanda di mediazione con un ritardo di soli pochi giorni rispetto al termine fissato dal giudice, il procedimento di mediazione si era comunque concluso, pur senza il raggiungimento di un accordo tra le parti, ben quattro mesi prima rispetto alla data fissata per l'udienza di verifica). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 14 dicembre 2021, n. 40035).
Cassazione, sezione I civile, ordinanza 31 marzo 2023 n. 9102 – Presidente De Chiara; Relatore Crolla

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