Civile

Esecuzione civile: inappellabile la sentenza del giudice di pace in caso di violazione dell'articolo 553 del Cpc

Per la Cassazione la sentenza n. 27384 presenta aspetti interessanti in relazione a decisioni rese dal giudice di pace in cause di valore non eccedente i millecento euro

di Mario Finocchiaro

«L’articolo 339, comma 3, Cpc, nel prevedere che le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità sono appellabili per violazione delle norme sul procedimento, identifica le regole del processo che disciplinano il giudizio di cognizione dinanzi al giudice di pace - siano essere le regole specifiche stabilite per tale giudizio [articoli 311-322 Cpc] o le regole tratte dall’ordinario procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica, in quanto applicabili per disciplinare, iure procedendo, il procedimento dinanzi al giudice di pace per tutto ciò che non è regolato nel predetto titolo [articolo 311 Cpc] - e non anche quelle relative ad altri procedimenti, utilizzate dal giudice di pace per la formulazione del proprio giudizio sulla fondatezza della domanda». Questo principio è stato affermato dai giudici della terza sezione con l’ordinanza 19 settembre 2022 n. 27384 (Presidente De Stefano).

La spiegazione del principio affermato dalla Suprema corte

 In buona sostanza, in applicazione del principio che precede la Suprema corte ha escluso che, nella specie, la sentenza del giudice di pace fosse suscettibile di appello per avere la stessa violato l’articolo 553 Cpc che pur avendo natura di norma processuale non aveva svolto, in concreto, tale funzione in quanto era stata presa in considerazione del giudicante al diverso fine di statuire sulla sussistenza o meno del diritto soggettivo sostanziale azionato in giudizio e, quindi, in funzione della decisione di merito sulla domanda proposta.

I precedenti i materia di decisioni dei giudici di pace

In termini generali, le sentenze rese dal giudice di pace in cause di valore non eccedente i millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi mediante moduli o formulari di cui all'articolo 1342 del Cc, sono da considerare sempre pronunciate secondo equità, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Cpc. Ne consegue che il tribunale, in sede di appello avverso sentenza del giudice di pace, pronunciata in controversia di valore inferiore al suddetto limite, è tenuto a verificare, in base all'articolo 339, comma 3, del Cpc, come sostituito dall'articolo 1 del Dlgs 2 febbraio 2006 n. 40, soltanto l'inosservanza delle norme sul procedimento, di quelle costituzionali e comunitarie e dei principi regolatori della materia, che non possono essere violati nemmeno in un giudizio di equità, Cassazione, ordinanze 19 gennaio 2021, n. 769; 24 febbraio 2015, n. 3715; 3 aprile 2012, n. 5287, la Suprema corte che ha escluso la deducibilità in appello della violazione dell'articolo 2697 del Cc sull'onere della prova contro la sentenza pronunciata dal giudice di pace secondo equità, trattandosi di regola di diritto sostanziale che dà luogo ad un error in iudicando, nonché sentenza, 13 marzo 2017, n. 6387, in lanuovaproceduracivile.com., 2017.

Analogamente, le sentenze del giudice di pace (rese in sede di opposizione all'esecuzione, pur dopo l'abrogazione del divieto di appellabilità), se pronunciate, in ragione del valore della lite, secondo equità necessaria, sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principî regolatori della materia, ossia con motivi limitati, Cassazione, sentenza 24 settembre 2019, n. 23623, in , in «Rivista esecuzione forzata», 2020, p. 125, con nota di Morotti M., «Impugnazione delle sentenze rese secondo equità necessaria nel giudizio di opposizione all’esecuzione».

Con riferimento a casi di specie si è precisato, in giurisprudenza:

- l'articolo 91 Cpc è norma processuale che il giudice di pace è tenuto ad applicare anche quando decide secondo equità e la cui inosservanza può essere motivo di appello ai sensi dell'articolo 339, comma 3, Cpc, costituendo violazione delle norme sul procedimento, Cassazione, ordinanza 14 gennaio 2022, n. 1108;

- il motivo di appello con cui si censuri la sentenza del giudice di pace, adìto per una controversia il cui valore non ecceda millecento euro, relativamente alla valutazione di attendibilità e sufficienza probatoria delle circostanze riferite da un teste, è ammissibile, nel regime successivo alla novella dell'articolo 339, comma 3, Cpc, soltanto ove si deduca il superamento dei limiti costituiti dalle norme costituzionali e dai principi informatori della materia, tra i quali si colloca il principio che affida al giudice il potere di valutare la rilevanza della prova, Cassazione, ordinanza 29 dicembre 2017, n. 31152, che ha confermato la decisione di merito, che aveva ritenuto inammissibile il motivo di gravame con cui l'appellante, denunziando la violazione di norme sul procedimento - e, in particolare, degli articolo 115 e 116 Cpc - aveva censurato la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni rese da un teste escusso dal giudice di pace;

Per il rilievo che nel caso di sentenza emessa dal giudice di pace secondo equità, la circostanza che il tribunale, adìto quale giudice d'appello, abbia mancato di rilevare l'inammissibilità del gravame, giacché proposto per motivi esorbitanti quelli deducibili ai sensi dell'articolo 339, comma 3, Cpc, come sostituito dall'articolo 1 del Dlgs 2 febbraio 2006 n. 40, non esclude che, proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello, lo stesso debba necessariamente dedurre l'inosservanza delle norme sul procedimento, ovvero delle norme costituzionali o comunitarie, o dei principi regolatori della materia, pena la sua inammissibilità ex articolo 339, comma 3, e 360, comma 2, n. 3, Cassazione, ordinanza 13 marzo 2013, n. 6410.

Per i giudici di merito, nel senso che non esclude la inappellabilità della sentenza del giudice di pace, resa secondo equità, la circostanza che l’appellante denunzi la violazione dell’articolo 111 della Costituzione e degli articoli 115 e 132 Cpc qualora il motivo realizza un tentativo di rivestire in tal modo quella che è semplicemente una critica alla valutazione delle prove offerte dal primo giudice, Tribunale di Milano, sentenza 13 aprile 2021, in lanuovaproceduracivile.com., 2021.

Nel senso che avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace nell'ambito della sua giurisdizione equitativa necessaria, l'appello a motivi limitati, previsto dal comma 3 dell'articolo 339 Cpc, è l'unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso, anche in relazione a motivi attinenti alla giurisdizione, alla violazione di norme sulla competenza ed al difetto di motivazione; ne consegue che è manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale dell'articolo 339, comma 3, Cpc, nel testo novellato dal Dlgs 2 febbraio 2006 n. 40 del 2006, per violazione dell'articolo 111, comma 7, della Costituzione, prospettato sotto il profilo che tra i motivi di appello avverso le sentenze secondo equità del giudice di pace non rientrerebbero quelli anzidetti, giacché esso si fonda su un erroneo presupposto interpretativo, dovendosi ritenere tali motivi ricompresi nella formula generale della violazione di norme sul procedimento, con conseguente sottrazione della sentenza al ricorso straordinario, in quanto sentenza altrimenti impugnabile, Cassazione, ordinanza 13 marzo 2013, n. 6410.

Con riguardo alla disciplina previgente, nel senso che la sentenza del giudice di pace, pronunciata a norma del citato articolo 113, comma 2, Cpc, non è impugnabile con ricorso per cassazione per violazione dell'articolo 112 Cpc sotto il profilo che il giudicante avrebbe fatto applicazione di una norma di legge non invocata dalla controparte, Cassazione, sentenza 25 febbraio 2005, n. 4079

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©