Civile

Dai classici greci uno spunto per superare la crisi

Scopo del presente articolo è quello di riflettere sulle analogie tra le difficoltà che si possono incontrare quando si tenta di individuare opportune strategie aziendali in situazioni complesse e le difficoltà che comporta effettuare una traduzione dal greco antico; contestualmente ci si chiede se una formazione che contempli lo studio di detta lingua classica possa essere di aiuto nel momento in cui si debbano prendere decisioni in contesti difficili, in primis nel caso in cui imprenditori, professionisti e manager siano chiamati a fronteggiare una crisi aziendale

di Paolo Fratini* e Serena Spreca* *

«Quando il sole della cultura è basso, i nani hanno l'aspetto di giganti».

Citare l'aforisma di Karl Kraus consente di inquadrare la situazione di una parte della classe manageriale, imprenditoriale e professionale odierna e - salvo correzioni di rotta- anche futura, che appare inadeguata o comunque in difficoltà a gestire un periodo complesso come quello attuale o, meglio, uno dei tanti periodi problematici cui la storia ci ha abituato.

Se il contesto socio-economico, oggettivamente difficile, richiederebbe un elevato grado di preparazione, è purtroppo proprio quest'ultima spesso a mancare, in uno scenario in cui non è inusuale che le decisioni strategiche siano prese da soggetti non adeguatamente preparati.

Scopo del presente articolo è quello di riflettere sulle analogie tra le difficoltà che si possono incontrare quando si tenta di individuare opportune strategie aziendali in situazioni complesse e le difficoltà che comporta effettuare una traduzione dal greco antico; contestualmente ci si chiede se una formazione che contempli lo studio di detta lingua classica possa essere di aiuto nel momento in cui si debbano prendere decisioni in contesti difficili, in primis nel caso in cui imprenditori, professionisti e manager siano chiamati a fronteggiare una crisi aziendale.

Il momento della crisi, che comunemente si qualifica come divergenza rispetto allo "stato di benessere" e che il legislatore -con riferimento al nuovo codice che stenta, ormai da quasi un quinquennio, a trovare un avvio soddisfacente e una normazione stabile - individua nello "stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l'insolvenza del debitore e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate", impone infatti riflessioni e scelte. Non a caso Albert Einstein ammoniva: «Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. È nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni».

Ma il punto è: come possono essere individuate le soluzioni e i cambiamenti da operare? E ancora: quali sono gli strumenti da utilizzare e quali le capacità necessarie per chi, compatibilmente e coerentemente con il proprio ruolo specifico di imprenditore, manager o professionista, si trovi a gestire una crisi aziendale? Quali le scelte a cui proprio il significato originario della parola crisi rimanda, secondo la definizione proposta dall'Enciclopedia Treccani ("s. f. , dal lat. crisis, gr. κρίσις scelta, decisione, [...], der. di κρίνω distinguere, giudicare")?

Per risolvere un problema - e l'individuazione di una strategia di uscita dalla crisi ne è evidentemente un esempio - bisogna conoscere regole, disporre di strumenti adeguati e, qualora esistano, avere procedure da applicare. Ebbene, la mancanza di procedure standard, ancorché parzialmente differenziate al mutare delle condizioni di partenza e di arrivo, esclude la possibilità di risolvere il problema in modo "matematico" e meccanico; seppure esistano approcci codificati all'individuazione dello stato di crisi aziendale, gli stessi portano a risultati non univoci e talvolta contraddittori, che quindi devono essere valutati in modo circostanziato. Se la semplice individuazione della crisi, nonostante gli importanti studi sui cosiddetti early warning tools, non può ridursi a una semplice scelta degli strumenti da utilizzare e all'applicazione degli stessi (già di per sé da attuare, peraltro, facendo gli opportuni distinguo ovvero caso per caso) in assenza di capacità critica di interpretazione dei risultati, è chiaro come la strategia di turnaround sia assolutamente tutta da "inventare".

In altri termini, se non è possibile applicare meccanicamente un processo per evidenziare lo stato di crisi, figuriamoci se può essere pensata una procedura (o anche più di una) che consenta il superamento della crisi stessa, che ovviamente può essere generata da una pluralità di fattori, esogeni ed endogeni, che in questa sede vengono omessi. La soluzione a un problema di questo tipo può essere dunque trovata ricorrendo a quello che lo psicologo maltese Edward De Bono nel lontano 1967 definiva come lateral thinking, che si contrappone al pensiero verticale/lineare. Nel testo in questione, tra l'altro, si cita la favola di Esopo in cui il corvo assetato trova una brocca e, non riuscendo tuttavia a bere, in quanto il livello dell'acqua all'interno è troppo basso per il suo becco, capisce che per estrarre bisogna prima inserire e inizia a buttare dei sassolini all'interno del recipiente fin quando il contenuto arriva ad essere alla sua portata.

E fin qui il discorso si è concentrato su strategie volte a risanare e a ristrutturare un'azienda in crisi, su processi nei quali risulta determinante trovare soluzioni congrue a problemi che si manifestano in scenari complessi, soggetti a cambiamenti repentini e talora radicali, in quanto derivanti dalla combinazione di diverse variabili che non di rado dimostrano come per ogni regola esista almeno un'eccezione e come nessun fattore possa mai essere sottovalutato e nulla possa essere dato per scontato, nemmeno quando chi agisce nel contesto può vantare una preparazione adeguata sul piano teorico. Nulla di diverso, tuttavia, in termini di risorse da mettere in campo e di abilità e competenze presupposte da implementare, rispetto a quanto è dato ravvisare, mutatis mutandis, nell'approccio di uno studente liceale a un testo in greco antico, del quale gli venga richiesto di effettuare la traduzione nella propria lingua.

Chiunque frequenti il Liceo Classico deve misurarsi quasi quotidianamente, per cinque anni, con l'esperienza della traduzione, attività oltremodo complessa che è tante cose in una, in quanto comporta una pluralità di operazioni mentali tale da conferire ad essa un'altissima valenza formativa. Una sequela di processi che non possono ovviamente prescindere da solide conoscenze teoriche di tipo grammaticale, che risultano senza dubbio indispensabili, ma non sufficienti, giacché a giocare un ruolo determinante in una versione sono l'analisi circostanziata del testo in ogni sua parte, la ricerca di qualsiasi elemento che possa metterlo in relazione col contesto di riferimento, l'individuazione dei connettivi logici che evidenziano i rapporti reciproci fra le parole e danno un senso al tutto…e, nel caso del greco, assai più che in latino, quale portato dell'alfabeto impiegato, il prestare estrema attenzione alla forma grafica, perché il vocabolario contempla termini omografi che differiscono tra loro per simboletti (i famosi spiriti che accompagnano i vari tipi di accento) apparentemente irrilevanti, ma gravidi di conseguenze sul piano del significato.

E così, in un ambito diverso e solo apparentemente tanto distante da quello economico-aziendale, ci troviamo di nuovo a parlare di contesti problematici, di capacità di analisi intesa come considerazione del singolo elemento unita a uno sguardo contemporaneamente e necessariamente rivolto all'insieme, di processi logico-deduttivi e di abilità previsionale, di un rigore che all'occorrenza sa ammantarsi di flessibilità, nonché di una buona dose di quell'immaginazione cui chi traduce, di fronte ai nodi più spinosi del testo assegnato (assimilabili alla crisi di cui sopra), deve ricorrere al fine di operare la sua scelta.

Tradurre un brano dal greco non significa, quindi, riscriverlo meccanicamente nella lingua d'arrivo. E del resto la ricodificazione è, a dispetto della sua innegabile rilevanza, solo l'ultimo stadio di un lungo processo. Tradurre significa infatti immergersi, armati di pazienza e di tenacia, in un contesto problematico, in un insieme di nodi da sciogliere per approssimazione e in modo graduale, cioè attraverso la formulazione e la verifica di ipotesi successive; significa compiere un percorso ermeneutico-euristico in cui le scelte via via operate devono risultare congrue rispetto all'argomento suggerito dal titolo – mai accessorio e spesso illuminante, in virtù dei rimandi a un orizzonte noto (storico, letterario o culturale in senso più ampio) - e anche reciprocamente coerenti, a tal punto che non è infrequente trovarsi di fronte alla necessità di rivedere radicalmente il frutto di precedenti supposizioni. Ogni studente liceale, anche il più intuitivo e accorto, non potrà negare di aver penato, avendo tra le mani il dizionario di greco, nel trovare ogni volta la chiave interpretativa di un passo, confrontandosi con una sintassi assai meno rigorosa di quella della lingua latina e di conseguenza alquanto insidiosa, con l'estrema e talora fuorviante polisemia di molti vocaboli, con l'imprevedibilità delle soluzioni adottate dall'autore di turno, che rappresentano le immancabili variabili del gioco della traduzione.

Tornando alla risoluzione della crisi aziendale, ci si trova inoltre a dover analizzare una molteplicità di dati che i moderni sistemi di IT sfornano a ciclo continuo. Se fino a qualche decennio fa il principio per cui un dato veniva elaborato purché il relativo costo di elaborazione fosse inferiore al valore informativo dello stesso limitava il numero di informazioni da gestire, oggi il drastico calo del costo di elaborazione dei dati ha aumentato a dismisura la mole con cui dobbiamo giornalmente confrontarci, generando una sorta di overload dell'informazione. Il nostro cervello riceve di conseguenza tantissimi stimoli che impattano negativamente sulla concentrazione e la nostra mente, per adattarsi alla mole di informazioni e per gestirne un numero più elevato possibile, cerca delle scorciatoie, che la psicologia cognitiva divide in due categorie: le euristiche e i bias.

Le euristiche sono scorciatoie, sono cioè strategie efficienti che abbiamo imparato grazie all'esperienza e che ci consentono di gestire le informazioni e i problemi e di prendere decisioni velocemente; i bias cognitivi sono scorciatoie della nostra mente che producono invece distorsioni soggettive della realtà e valutazioni errate, qualificandosi in pratica come "euristiche inefficaci" o "euristiche con errori".

Occorre quindi imparare ad allenare o comunque riallenare la mente a mantenere un livello di concentrazione che minimizzi i sopracitati bias cognitivi e valorizzi le cosiddette scorciatoie euristiche, sistematizzandole in un quadro complessivo. Coloro che hanno studiato il greco antico probabilmente ricorderanno come il massimo sforzo di concentrazione di cui hanno memoria sia stato appunto richiesto loro da una traduzione.

All'atto di tradurre, infatti, non solo si sono allenati a scoprire il pensiero veicolato dal brano dell'autore di turno, ma per farlo si sono dovuti immedesimare in esso. Appunto l'immedesimazione, cioè il fingere di essere un altro, è uno degli esercizi che vengono svolti per sviluppare il pensiero laterale. Si fatica, certo, a disvelare il pensiero di un autore, ma questo sforzo lo avvicina e ne rende vivo il ricordo nella mente, contribuendo a selezionare nella memoria qualcosa di importante. «Un classico – scriveva del resto Italo Calvino – è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire», in quanto gli antichi ci parlano e ci insegnano ancora e le lingue classiche sono proprio il veicolo per accedere direttamente ai loro testi. Due secoli prima, Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, lamentava: «L'insegnamento del greco e del latino è ormai in disuso in Europa», dimostrando una visione stupefacente per un personaggio, seppure di altissima levatura, cresciuto in una nazione con una breve storia alle spalle; o forse era proprio l'esiguità di un passato significativo alle spalle che lo spingeva a dolersi del fatto che chi invece ne aveva uno di tutto rispetto non lo coltivasse abbastanza...

Tenacia, visione, principi, capacità di gestire travagli interiori unitamente a strumenti adeguati agli scopi da perseguire sono alla base di una reazione consapevole alla crisi.

Esempi eloquenti di tenacia possono essere tratti dai miti che narrano delle gesta degli eroi, ma la perseveranza è innanzi tutto il portato della fatica e del sudore versato per tradurre un brano dal greco. D'altro canto visione, principi, capacità di gestione degli inevitabili travagli interiori connessi a scelte difficili possono essere tratti anch'essi a piene mani dalla copiosa letteratura greca, soprattutto dalla produzione tragica, in cui l'eroe si qualifica come tale quando si trova dinnanzi a un bivio e deve inevitabilmente operare la sua scelta, anche se dolorosa e gravida di conseguenze (si pensi a Oreste che, per ripristinare l'ordine interno alla stirpe compromesso dall'uccisione proditoria del padre Agamennone da parte della moglie e del suo amante, arriva a commettere il matricidio).

La traduzione dal greco è un ineguagliabile esercizio per la mente, prodromico della risoluzione di altri problemi che potranno essere incontrati in contesti diversi, e al tempo stesso rappresenta la chiave di accesso al pensiero di menti eccellenti che hanno meritatamente resistito all'oblio che il passare del tempo comporta, pietre angolari del nostro sapere che continuano a trovare spazio in un mondo bombardato da secoli di "nuove idee" e "nuove visioni". Lo studente liceale, divenuto adulto, a prescindere dagli studi universitari intrapresi e dall'ambito lavorativo in cui si ritrova ad operare, non può in definitiva non riconoscere di essere debitore alle sudate traduzioni dal greco tanto sul piano umano, in virtù della frequentazione del mondo valoriale dei classici e della loro esperienza del mondo, quanto sotto il profilo mentale in termini di capacità di affrontare sfide, governare la complessità, comprendere e interpretare la realtà.

Se per essere un buon meccanico e riparare un'automobile non basta avere un'officina fornita dei più moderni strumenti, ma bisogna comprendere il problema che di volta in volta si ha di fronte e capire come risolverlo, per superare una crisi d'impresa non basta la conoscenza della tecnica aziendale, degli strumenti giuridici individuati dal legislatore, delle norme giuslavoristiche e dei principi di marketing. È necessario comprendere come le variabili aziendali si comporranno nel nuovo scenario che la strategia di turnaround tenta di porre in essere, come affrontare gli aspetti umani e motivazionali dell'imprenditore e dei dipendenti, come reagiranno gli stakeholders in genere ad una manovra di ristrutturazione.

Entrano in gioco quindi esperienza e capacità di scenario. Ma non solo: risultano fondamentali la dedizione e la pazienza, doti necessarie per ricomporre il mosaico azienda, spostandone e togliendone le tessere, integrando il quadro, modificandone la forma e l'accostamento.

Il nuovo infatti quindi si comporrà in un processo intuitivo-iterativo (determinato dalle regole contabili, dai principi del diritto commerciale, dalla strategia industriale) e sarà il risultato di intuizioni, di ipotesi, di conferme e di smentite, che dovrebbero disegnare una nuova realtà caratterizzata da equilibrio economico, patrimoniale e finanziario.

*Professore a contratto università di Perugia- dottore commercialista- membro commissione ciridi impresa e sovraindebitamento UNCC.

** Professoressa di Lingua e cultura latina e Lingua e cultura greca, Docente presso il Liceo Classico "G.C. Tacito" di Terni.

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