Penale

Pedopornografia, le S.U. delimitano il concetto di "utilizzazione" del minore

Per la Cassazione, sentenza n. 4616 depositata oggi, non hanno rilevanza penale le condotte prive di offensività

di Francesco Machina Grifeo

Focus delle Sezioni unite sul concetto di "utilizzazione" del minore nella realizzazione di materiale pedopornografico. Secondo la sentenza n. 4616 depositata oggi "si ha utilizzazione del minore allorquando, all'esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell'età, maturità, esperienza, stato di dipendenza del minore, si appalesino forme di coercizione o di condizionamento della volontà del minore stesso, restando escluse dalla rilevanza penale solo condotte realmente prive di offensività rispetto all'integrità psico-fisica dello stesso".

Sulla base di questo principio di diritto la Suprema corte ha assolto un uomo condannato ex articolo 600-ter (Pornografia minorile), primo comma n. 1, cod. pen. ritenendo che il fatto non sussiste. L'articolo così recita: "È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque: 1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico; [...]".

La condanna era derivata dal fatto che l'imputato, maggiorenne, era stato ritenuto colpevole di aver utilizzato la minore, all'epoca quindicenne, con la quale aveva una relazione intima, per la produzione di materiale pornografico. Secondo il G.u.p. di Roma tali condotte integravano anche i reati di cui all'art. 600-ter, quarto comma e 600-quater, cod. pen., a causa dell'invio del materiale nuovo fidanzato della ragazza ma li aveva ritenuti assorbiti nell'art. 600-ter, primo comma, cod. pen. La Corte di appello aveva poi confermato la decisione considerando non rilevante, e comunque non scriminante, che la minore, secondo quanto dalla stessa dichiarato innanzi al G.U.P., avesse acconsentito sia alla realizzazione delle immagini sia all'invio.

Di diverso avviso le S.U. che al termine di una lunga disamina affermano che la sentenza del G.U.P. si è limitata ad escludere "in via di principio l'efficacia scriminante o esimente del consenso della minore alla realizzazione del materiale in contestazione senza, quindi, alcun ulteriore approfondimento sulle modalità di esso e sul contesto in cui è maturato". La Corte di appello, nel rigettare l'impugnazione, ha continuato "a non confrontarsi con le deduzioni del ricorrente che facevano leva sulla assenza di fattori condizionanti la volontà della minore, sicuramente consenziente alla realizzazione del materiale; con la riconducibilità del fatto all'autonomia sessuale della coppia; con il fatto che il materiale era stato realizzato nell'ambito di un rapporto sentimentale ancora perdurante".

La Corte di merito, prosegue la sentenza, non ha neppure ritenuto necessario procedere all'audizione della giovane "per chiarire le circostanze in cui è maturata la decisione di realizzare il materiale erotico". Ma si è limitata a svolgere "considerazioni di principio" e a richiamare decisioni di legittimità "sulla mancanza di efficacia scriminante del consenso della minore", al contrario "ritenendo di per sé sintomo di fragilità della minore la predisposizione alla realizzazione e divulgazione del materiale pornografico".

Per la Suprema corte, dunque, la sentenza si pone in evidente contrasto con i principi già affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 52815 del 2018 e con quelli in precedenza sviluppati non avendo proceduto a verifiche di sorta, in ordine ai profili indicati. In quella decisione le S.U. hanno infatti affermato che: "Il discrimine fra il penalmente rilevante e il penalmente irrilevante … non è il consenso del minore in quanto tale, ma la configurabilità dell'utilizzazione". Ed il termine - "utilizzando" - contenuto nell'articolo 600 ter comma 1 codice penale che ha sostituito il termine "sfruttare" chiarisce che l'assoggettamento del minore non deve essere necessariamente determinato da finalità di lucro, tuttavia richiede pur sempre piano concettuale la verifica condizione di asservimento per un vantaggio altrui.

Mentre per quanto riguarda l'invio dei file al nuovo fidanzato, la Corte ha ribadito che "la diffusione verso terzi del materiale pornografico realizzato con un minore degli anni diciotto integra il reato di cui all'art. 600-ter, terzo e quarto comma, cod. pen. ed il minore non può prestare consenso ad essa". Ma in questo caso il reato è stato giudicato prescritto.

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