Giustizia

Il Cdm approva Ddl sul femminicidio, è aggravante punibile con ergastolo

Il testo del provvvedimento aumenta anche le pene per maltrattamenti, minacce e revenge porn

“Chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità, è punito con l’ergastolo. Fuori dei casi di cui al primo periodo, si applica l’articolo 575” del codice penale, che prevede una pena non inferiore a 21 anni. Lo si legge nel disegno di legge sull’introduzione del delitto di femminicidio approvato dal Consiglio dei ministri.

Pene aumentano fino al 50% per maltrattamenti

“La pena è aumentata da un terzo alla metà se”, nel caso di maltrattamenti di familiari o conviventi, “il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità”. Questa è un altra delle novità introdotte dal disegno di legge approvato dal Cdm. Negli stessi casi, la pena è aumentata da un terzo a due terzi per quanto riguarda le minacce e il revenge porn. Attualmente i reati di maltrattamenti in famiglia sono puniti con la reclusione da tre a sette anni, pena che aumenta nel caso siano coinvolti minori, donne in stato di gravidanza o disabili.

Pm obbligato a sentire vittima reati codice rosso

Nei casi di codice rosso l’audizione della persona offesa non è più delegabile alla polizia giudiziaria, ma sarà “obbligatoria” per il pubblico ministero. Un’altra norma che riguarda i magistrati è quella che, rafforzando gli oneri formativi, introduce l’obbligo per i magistrati di partecipare ad almeno uno specifico corso tra quelli organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, indipendentemente dalla appartenenza a gruppi o sezioni specializzate in materia e dalle funzioni svolte.

Ampliato diritto vittima violenza a essere informata sul procedimento

Previste aggravanti e aumenti di pena per maltrattamenti in famiglia, lesioni personali, violenza sessuale, atti persecutori (stalking) quando il reato è motivato da odio o discriminazione di genere. Sono alcune delle misure contenute nel ddl che introduce il reato di femminicidio. Nel testo viene ampliato il diritto della vittima a essere informata sul procedimento e sulla richiesta di patteggiamento dell’imputato. Viene inoltre introdotta una maggiore tutela delle vittime nei procedimenti per femminicidio, tentato femminicidio e altri reati di violenza di genere. L’articolo 2, per esempio, apporta alcune modifiche al codice di procedura penale: all’articolo 90-bis, comma 1, dopo la lettera d) è inserita la seguente: “d-bis) al diritto di essere avvisata, quando si procede per taluno dei delitti di cui all’articolo 444, comma 1-quater, della presentazione fuori udienza della richiesta di applicazione della pena di cui all’articolo 444 e della facoltà di presentare memorie e deduzioni in relazione alla richiesta medesima nonché a quella formulata in udienza ai sensi degli articoli 446, comma 2, primo periodo, e 554-ter, comma 2”.

Se concessi benefici a condannato, obbligo comunicazione a vittime

Per i reati di femminicidio, violenza domestica e stalking sono previste misure cautelari più severe, con la possibilità di arresti domiciliari o custodia in carcere in presenza di gravi indizi di colpevolezza.Previsto, inoltre, l’obbligo di comunicazione alle vittime o ai loro familiari “quando al condannato o all’internato sono applicate misure alternative alla detenzione o altri benefici analoghi che comportano l’uscita dall’istituto”.

Fortemente critico l’Organismo congressuale forense

Per l’Ocf il Ddl “prevede tutta una serie di modifiche che hanno un unico denominatore comune, ossia il ricorso al carcere quale panacea dei mali”. “Non può che prendersi le distanze – prosegue la nota dell’Organismo forense - da norme che discriminano in maniera incostituzionale il medesimo delitto in ragione del genere, così come va stigmatizzato l’ennesimo aumento delle pene, l’inclusione tra i reati ostativi dei delitti di maltrattamenti in famiglia e di stalking, l’introduzione di aggravanti, la marginalizzazione dell’accusato nel processo a vantaggio della persona offesa”.

E ancora, per l’Avvocatura in tal modo il diritto penale assume un “volto marcatamente repressivo” ma “la prevenzione e la tutela della vittima non possono essere affidata all’aumento delle pene o a slogan elettorali applicati al diritto penale”. “Peraltro – concludono i legali -, l’inefficacia di tali misure ai fini preventivi è dimostrata dall’aumento dei delitti negli ultimi anni nonostante il c.d Codice Rosso e le altre misure repressive adottate”; l’auspicio dunque è che lo “stesso Governo, il Parlamento e il Presidente della Repubblica pongano rimedio e blocchino la riforma “.

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