Società

L’Associazione Temporanea di Imprese per i progetti agrivoltaici, strumento di raccordo tra energia e agricoltura

L’ATI è l’unica figura di associazionismo imprenditoriale espressamente prevista dalla normativa che destina, nell’ambito della “Missione 2” del PNRR, una serie incentivi statali ai progetti agrivoltaici

Con l’introduzione del Decreto legge n. 63/2024 (il c.d. Decreto Agricoltura) il legislatore ha fortemente limitato la possibilità di costruire nuovi impianti fotovoltaici di tipo tradizionale, che prevedono l’installazione dei pannelli direttamente sul terreno, in quanto tali progetti, azzerando totalmente la capacità produttiva del suolo, concorrono a ridurre la superficie agricola complessiva, con potenziale grave danno al settore primario.

Sebbene la normativa in commento limiti la creazione di nuovi impianti di produzione di energia solare su terreni potenzialmente produttivi, fanno eccezione gli impianti cosiddetti “agrivoltaici. Questa tecnologia di accumulo dell’energia solare, infatti, si caratterizza per la presenza di pannelli sollevati dal suolo, ad un’altezza tale da non intralciare le operazioni di coltivazione e/o di allevamento, e di sistemi integrati di monitoraggio della salute delle piante e degli animali.

Per tali ragioni, l’agrivoltaico richiede un livello tecnologico ed una competenza di gestione che solo operatori energetici specializzati possono ragionevolmente fornire.

In tale contesto, l’Associazione Temporanea di Imprese (ATI) sembra rappresentare uno degli strumenti giuridici più idonei a realizzare gli interessi delle imprese coinvolte.

Una prima conferma della bontà dell’istituto, si desume direttamente dalle scelte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica che, con il D.M. 436/2023, ha richiesto proprio tale forma giuridica per consentire agli operatori del settore energetico di accedere a tutta una serie di incentivi statali stanziati per i progetti agrivoltaici.

Con il presente contributo si vuole fornire una rapida ricognizione dell’istituto giuridico in commento, delle agevolazioni previste dal Decreto Ministeriale e delle ragioni per cui, in ogni caso, l’ATI può rappresentare uno strumento flessibile e utile per il settore agrivoltaico.

Cosa si intende per ATI e come si costituisce?

La necessità di prevedere forme di collaborazione tra imprese risale agli anni settanta del novecento. La sempre maggiore complessità dei processi industriali rendeva complesso per la singola impresa gestire ogni aspetto dell’esecuzione di un’opera in completa autonomia.

La risposta del legislatore a queste istanze è stata l’introduzione, tra le altre, della figura dell’ATI, mediante la legge n. 584/1977. Attualmente la figura è disciplinata negli articoli 65 e seguenti del d. lgs. 31 marzo 2023 n. 36 (Codice dei contratti pubblici).

Dal punto di vista organizzativo, l’ATI si sostanzia in una collaborazione c.d. “orizzontale, in cui i soggetti collaborano nel medesimo processo produttivo (realizzando una differenza quantitativa nell’output), ovvero “verticale”, per processi produttivi diversi e per prestazioni identificabili e scorporabili, solitamente differenziando la prestazione principale oggetto dell’appalto dalle prestazioni secondarie. Nell’ATI “verticale la capogruppo assume anche la responsabilità dell’opera nei confronti della stazione appaltante.

La struttura giuridica, d’altro canto, ricalca la figura generale del mandato, tanto che la legge richiede espressamente che l’impresa cosiddetta “capofila” o “capogruppodell’ATI riceva un “mandato collettivo speciale con rappresentanza” dagli altri membri dell’Associazione, affinché provveda a gestire i rapporti con la stazione appaltante ed ottemperare agli adempimenti per la partecipazione al bando di gara. Le imprese che partecipano all’ATI gestiscono autonomamente i propri rapporti interni, solitamente con separata contrattazione.

Il Codice dei contratti pubblici prevede, inoltre, che ogni partecipante conservi l’autonomia di gestione degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali onde evitare che l’ATI configuri letteralmente un fenomeno associativo.

Ai fini della costituzione dell’ATI è necessario un atto costitutivo stipulato almeno per scrittura privata autenticata da un notaio, che ne curerà anche la registrazione presso l’Agenzia delle Entrate.

La scelta del Governo nel c.d. Decreto MASE

Il Governo ha stanziato una serie di incentivi, con l’obiettivo di agevolare la creazione di impianti agrivoltaici. Gli incentivi si basano sull’utilizzo delle risorse previste dalla cosiddetta Missione 2” del PNRR, finalizzata alla transizione ecologica. Il Decreto ha predisposto, in particolare, un contributo in conto capitale, quindi a fondo perduto, fino al 40% dei “costi ammissibili, per la durata massima di 20 anni, considerato termine naturale di esercizio degli impianti agrivoltaici. Al fine di rendere l’offerta di energia elettrica, prodotta con l’agrivoltaico, più appetibile sul mercato, è altresì prevista una tariffa incentivante per l’energia immessa in rete con tali impianti, cumulabile con il contributo in conto capitale.

Il Decreto MASE ha individuato proprio nell’ATI la forma giuridica maggiormente adatta a raggiungere gli scopi del decreto stesso, tanto da rappresentare l’unica figura di associazionismo imprenditoriale, tra imprese agricole e imprese di produzione di energia, espressamente prevista dalla normativa.

Il Decreto non si preoccupa di definire ulteriormente la struttura dell’associazione, se orizzontale o verticale, ma pare evidente che quest’ultima debba essere la forma obbligata, alla luce della forte differenziazione delle attività fra le imprese partecipanti.

Le regole operative allegate al Decreto specificano, inoltre, che per le ATI fra operatori energetici e imprese agricole, il soggetto titolato ad effettuare la richiesta di incentivi debba essere il “soggetto produttore”, individuato appunto nell’impresa produttrice di energia elettrica; tale indicazione rende chiaro che, relativamente alle ATI finalizzate anche all’ottenimento degli incentivi di cui al Decreto MASE, la mandataria dovrà essere individuata nell’impresa comunque responsabile dell’impianto agrivoltaico, e non nell’impresa agricola.

A ciò si aggiunga che, nel caso di richiesta di incentivi avanzata direttamente dalle imprese agricole comunque costituite, queste possono essere sovvenzionate solo nel caso in cui l’impianto agrivoltaico abbia una potenza massima pari o inferiore ad 1 MW, mentre le ATI comprendenti un’impresa specializzata in energia solare possono realizzare progetti fino a 300 MW.

La scelta sembra valorizzare la differenza di intenti che sottendono la presentazione della richiesta di incentivo a seconda che il richiedente sia un’impresa agricola (eventualmente un consorzio di imprese agricole o addirittura un’ATI di sole imprese agricole), oppure un operatore energetico vero e proprio. Nel primo caso l’intento è quello di produrre autonomamente l’energia per i propri bisogni energetici, mentre nel secondo caso c’è una componente più imprenditoriale volta anche alla vendita a terzi dell’energia prodotta.

Perché l’ATI nell’Agrivoltaico

Le ragioni che possono spingere le imprese a costituire un’Associazione Temporanea di Imprese sono plurime, ma in linea di massima i motivi principali sono legati alle caratteristiche del progetto o delle imprese stesse.

Spesso, nel settore pubblico, la costituzione di un’ATI consente infatti ad imprese di piccole dimensioni di raggiungere il livello di produzione richiesto dal bando, ma non sono rari i casi in cui la costituzione di un’ATI è resa necessaria alla luce del know-how di cui dispongono determinate imprese.

Da un lato, l’alta specializzazione propria della tecnologia agrivoltaica richiede che l’operatore energetico curi interamente lo sviluppo dell’impianto, dall’altro la presenza dell’imprenditore agricolo è requisito necessario per poter qualificare l’impianto come agrivoltaico.

Tra l’altro, la costituzione del diritto di superficie, quale fattispecie più diffusa per la realizzazione di progetti agrivoltaici, non sarebbe facilmente conciliabile con altre forme di collaborazione, alternative all’ATI, come potrebbe essere il contratto di appalto.

In un contesto di questo genere, è ben più ragionevole che i rapporti tra operatore energetico ed impresa agricola siano stabiliti mediante accordi che, pur non rientrando all’interno di un accordo “associativo”, possono essere modellati sulle specifiche esigenze richieste dal bando di gara, assicurando che entrambe le parti tengano fede ai rispettivi compiti, a garanzia della prosecuzione del progetto per periodi di tempo molto lunghi.

Inoltre, essendo l’ATI sostanzialmente un accordo tra imprese, e non costituendo, dunque, un’entità giuridica autonoma rispetto ai partecipanti, non necessità di adempimenti quali la registrazione presso la Camera di Commercio, né di eccessivi costi per la costituzione, rimanendo un veicolo idoneo ad accompagnare il progetto agrivoltaico durante tutta la vita operativa dell’impianto, come già detto solitamente non inferiore a venti anni.

Certamente, quindi, possiamo affermare che l’ATI rappresenta uno dei veicoli preferibili per la creazione di progetti agrivoltaici, attraente per gli operatori energetici e per gli investitori nel settore.

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*Notai Giovannella Condò e Stefania Anzelini – Milano Notai

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