Società

Abuso del diritto da valutare alla luce della ratio delle norme applicate

È quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 160 dello scorso 24 luglio

Nell’analisi della sussistenza dell’abuso del diritto, l’indebito vantaggio fiscale richiamato dall’art. 10-bis della Legge n. 212/2000 deve essere valutato in relazione alla ratio delle norme applicate. È quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 160 dello scorso 24 luglio.

Oggetto della Risposta è un’operazione di riorganizzazione caratterizzata da due conferimenti di partecipazioni eseguiti in successione. In particolare, i quattro soci di Alfa (società operativa e holding di numerose società in Italia e all’estero), che detenevano pariteticamente il 100% del capitale della società, avevano conferito la totalità delle partecipazioni della società Alfa in Beta, usufruendo del regime di realizzo controllato previsto dall’art. 177, comma 2, del TUIR. Successivamente, i soci hanno conferito le partecipazioni di Beta (ottenute in virtù del primo conferimento), pari al 25% ciascuno, in quattro holding unipersonali applicando il regime di realizzo controllato previsto dall’art. 177, comma 2-bis, del TUIR. Non era quindi emersa alcuna plusvalenza imponibile in capo ai soci per effetto di entrambi i conferimenti.

Le ragioni alla base della riorganizzazione oggetto della Risposta sono molteplici. Il forte sviluppo e i futuri piani di espansione del gruppo avevano reso necessario costituire Beta per attribuirle il ruolo di holding del gruppo, permettendo così ad Alfa di concentrarsi sul proprio core business. La costituzione di Beta rispondeva inoltre all’esigenza di assicurare una governance stabile alla società Alfa e di consentire l’ingresso di potenziali investitori (di minoranza) nel capitale di Alfa. Infine, la costituzione delle holding unipersonali permetterebbe ai soci di intraprendere nuove iniziative imprenditoriali in via autonoma, secondo gli specifici obiettivi di ciascuno di essi.

Come è consuetudine nei casi di interpelli anti-abuso, l’Agenzia delle Entrate nella Risposta ha dapprima descritto il processo logico da seguire nell’analizzare la presenza di abuso del diritto. In primo luogo, è necessario verificare se viene conseguito un vantaggio fiscale indebito, realizzato in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario. Successivamente, occorre accertare se l’operazione nel suo complesso sia priva di sostanza economica, tale da non produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Infine, si deve valutare l’essenzialità del conseguimento del vantaggio fiscale. In assenza di uno di tali presupposti non si può configurare un abuso del diritto; viceversa, qualora essi siano tutti verificati, l’abuso del diritto comunque non sussiste se esistono ragioni extrafiscali non marginali che giustificano la scelta del contribuente di optare per un determinato modus operandi.

Con apprezzabile risolutezza, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito in modo puntuale che l’analisi della sussistenza dell’abuso del diritto deve focalizzarsi sull’esistenza di una violazione della ratio delle norme fiscali applicate nel caso specifico, e non già (come talvolta emerso da talune posizioni dell’amministrazione finanziaria) delle norme che avrebbero potuto applicarsi qualora il contribuente avesse strutturato l’operazione in modo alternativo. In particolare, parrebbe che nella propria analisi l’Agenzia delle Entrate abbia valutato il rispetto della ratio dei commi 2 e 2-bis dell’art. 177 del TUIR laddove ha precisato che nel caso di specie “appaiono rispettate le differenti finalità di riorganizzazione cui rispondono i due regimi di realizzo controllato”. In particolare, l’Agenzia delle Entrate, concludendo per l’assenza di abuso nel caso che ci occupa, ha precisato che l’applicazione del regime previsto dal comma 2 al primo conferimento consente la riorganizzazione del gruppo, mentre l’applicazione del comma 2-bis risponde all’esigenza di consentire ai soci di riorganizzare il proprio patrimonio personale.

Il principio chiarito con la Risposta in esame si inserisce nel solco dell’interpretazione fornita dalla miglior dottrina (cfr., su tutti Assonime, Circolare n. 21/2016) che - fin dall’introduzione dell’art. 10-bis nel corpo della Legge n. 212/2000 – ha sostenuto che la ratio delle norme fiscali cui porre riferimento nella valutazione della presenza di un indebito vantaggio fiscale sia quella delle norme effettivamente applicate dal contribuente, e non invece di quelle applicabili qualora l’operazione fosse strutturata in modo alternativo. Questo, nel pieno rispetto della libertà del contribuente di perseguire un legittimo risparmio d’imposta scegliendo tra le operazioni fiscalmente meno onerose.

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*A cura di Andrea Basi, senior associate Chiomenti, Velio Alessandro Moretti, Assicurazioni Generali e Raul-Angelo Papotti, partner Chiomenti

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