Società

Accertamento della consecuzione di procedure concorsuali

La consecutività delle procedure di concordato preventivo e di fallimento può essere accertata dal Tribunale adito in sede di opposizione allo stato passivo fallimentare

di Rossana Mininno

La consecuzione tra procedure concorsuali è un «fenomeno generalissimo consistente nel collegamento tra procedure di qualsiasi tipo, volte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell'impresa» ( Cass. civ., Sez. I, 11 giugno 2019, n. 15724 ).

In virtù del meccanismo della consecutio - operante «soltanto nel caso di successione tra concordato preventivo e fallimento» ( Cass. civ., Sez. I, 6 giugno 2018, n. 14671 ) - taluni effetti propri del fallimento retroagiscono all'inizio del primo procedimento, ciò in deroga al principio secondo cui gli effetti del fallimento si producono dal giorno della relativa declaratoria.

Il presupposto oggettivo - imprescindibile al fine della configurabilità della consecuzione tra le procedure - è costituito dalla «mancanza di discontinuità dell'insolvenza» ( Cass. civ., Sez. I, 29 maggio 2019, n. 14713 ), «per essere la sentenza di fallimento l'atto terminale di un procedimento comunque sorretto dalla successivamente accertata insolvenza dell'imprenditore» ( Cass. civ., Sez. I, 14 dicembre 2016, n. 25728 ).

L'eventuale intervallo temporale intercorso tra la procedura minore e il successivo fallimento non comporta l'automatica esclusione della consecuzione tra le procedure, «purché si tratti di un intervallo di estensione non irragionevole, tale cioè da non costituire esso stesso elemento dimostrativo dell'intervenuta variazione dei presupposti delle due procedure» ( Cass. civ., Sez. I, 16 aprile 2018, n. 9290 ).

In altri termini, non può ravvisarsi la consecuzione se l'intervallo temporale sia stato di entità tale da far ritenere che la situazione di crisi che ha originato la seconda procedura non sia sovrapponibile alla precedente.

Il fenomeno della consecuzione rileva, in modo particolare, con riferimento alla prededucibilità dei crediti scaturenti da atti (legalmente) compiuti dall'imprenditore nel corso della precedente procedura concorsuale, nonché con riferimento alla delimitazione del periodo sospetto e al relativo computo al fine della esatta identificazione degli atti revocabili.

Per quanto attiene al primo dei due profili menzionati la consecuzione «funge da elemento di congiunzione fra procedure distinte e consente di traslare dall'una all'altra procedura la precedenza procedimentale in cui consiste la prededuzione, facendo sì che la stessa valga non solo nell'ambito procedurale in cui è maturata ma anche nell'altro che al primo sia conseguito» ( Cass. civ., Sez. I, 11 giugno 2019, n. 15724 ).

Per quanto attiene, invece, al secondo profilo il principio di consecuzione tra le procedure concorsuali è stato positivizzato dal secondo comma dell'articolo 69-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (comma introdotto dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134), il quale disciplina il particolare caso di consecuzione tra uno o più procedure minori e un fallimento finale ( Cass. civ., Sez. I, 14 dicembre 2016, n. 25728 ): la portata innovativa riconosciuta, a livello giurisprudenziale, alla disposizione de qua attiene alla modifica, dal punto di vista temporale, del dies a quo della retrodatazione del periodo sospetto, il quale non coincide più con quello dell'ammissione alla procedura, ma con quello della pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese (cfr. Cass. civ., Sez. I, 29 marzo 2016, n. 6045 ).

Con la recente ordinanza n. 24056 del 6 settembre 2021 i Giudici della Prima Sezione civile della Corte di cassazione si sono pronunciati su una particolare questione: se la consecutività delle procedure di concordato preventivo e di fallimento debba essere accertata necessariamente con la sentenza dichiarativa del fallimento o, in mancanza, se possa essere accertata dal Tribunale adito in sede di opposizione allo stato passivo.

I Supremi Giudici hanno in primis ribadito che in caso di successione del fallimento al concordato preventivo le due procedure risultano «originate da un medesimo unico presupposto» ovvero lo «stato d'insolvenza»: in virtù di tale «comunanza di presupposto oggettivo» i due procedimenti, «pur formalmente distinti, sul piano funzionale finiscono per essere strettamente collegati».

Il principio della consecuzione delle procedure concorsuali, in altri termini, «si sostanzia nella considerazione unitaria» della procedura di fallimento succeduta a quella di concordato preventivo: in tale ottica, l'unitarietà consente di rapportare il dissesto accertato con la dichiarazione di fallimento «alla data della prima procedura» in quanto «manifestazione di un'unica crisi d'impresa».

Dopo aver osservato che «nessuna disposizione prevede che l'accertamento della unitarietà dello stato di crisi e dello stato d'insolvenza debba avvenire sempre e solo con la sentenza dichiarativa di fallimento» e aver ricordato che quest'ultima «è tenuta ad accertare e ad argomentare circa i presupposti per la dichiarazione di fallimento, in primis sullo stato di insolvenza», i Giudici di legittimità hanno precisato che alla sentenza dichiarativa del fallimento «non è richiesto pure di accertare – per il caso di successione delle procedure – che il presupposto del concordato preventivo fosse già la medesima situazione di insolvenza poi riscontrata al momento dell'apertura del fallimento».

Ciò posto, i Giudici della Prima Sezione hanno ritenuto che nell'ipotesi di fallimento dichiarato in consecuzione di una procedura di concordato preventivo l'accertamento circa la «unitarietà della situazione di insolvenza» può essere effettuato dal Tribunale adito in sede di opposizione.

Hanno, quindi, enunciato il seguente principio di diritto: «non è precluso al giudice dell'opposizione allo stato passivo fallimentare, ai sensi dell'art. 98 l. fall., accertare, in concreto, la consecuzione di procedure tra il concordato preventivo ed il successivo fallimento, ai fini dell'ammissione del credito in via meramente chirografaria e non ipotecaria, non rilevando, in contrario, la circostanza che la sentenza dichiarativa di fallimento abbia accertato lo stato di insolvenza quale presupposto del medesimo, senza indagare, altresì, se esso preesistesse alla domanda di concordato preventivo, quale suo specifico presupposto».

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