Professione e Mercato

Avvocato e odontoiatra per passione, per il Cnf non è possibile

La sentenza n. 46/2023 conferma il provvedimento di cancellazione dall'albo preso dal Coa di Milano

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di Francesco Machina Grifeo

Avvocato e iscritto all'albo degli odontoiatri, asseritamente per ragioni di studio. Per il Cnf che ha cancellato il legale dall'albo dei difensori non è possibile. Secondo l'articolo 18 della legge professionale (n. 247/2012) infatti la professione di avvocato è incompatibile "con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l'esercizio dell'attività di notaio". Uniche eccezioni ammesse "l'iscrizione nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell'elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell'albo dei consulenti del lavoro". Si tratta però di un numerus clausus che dunque non può essere assoggettata ad interpretazione analogica, e ciò a prescindere dall'effettivo esercizio dell'attività incompatibile, essendo infatti sufficiente la sola l'iscrizione in un albo professionale, diverso da quelli esplicitamente elencati. Questo in sintesi il contenuto della sentenza n. 46 del 27 marzo scorso (resa nota in questi giorni) con cui il Consiglio nazionale forense ha confermato la decisione del Coa di Milano.

Secondo l'eclettico ricorrente (che però aveva commesso l'ingenuità di chiedere l'iscrizione all'Albo degli Odontoiatri di Torino, quale odontoiatra estero spagnolo, tramite la PEC dell'Ordine Avvocati Milano) la decisione delle Sezioni Unite (n. 26996/2016) su cui poggia la delibera di cancellazione, relativa al caso di contemporanea iscrizione nell'albo dei geometri, ha "forzato" il dato prescrittivo della legge professionale che si limita a prevedere l'incompatibilità della professione forense "con qualsiasi altra attività di lavoro" e, quindi, con l'effettivo esercizio di tale attività e non già, come ritenuto dalla Suprema Corte, con la mera iscrizione in altro albo. Tanto più, aggiunge, che il caso specifico riguardando l'arte medica rientrerebbe nelle "attività di carattere scientificoe culturale" ammesse ai sensi della prima parte della lettera a) dell'articolo 18, comma 1, della legge professionale. L'iscrizione del resto, conclude il ricorrente, sarebbe necessaria per "proseguire gli studi e la formazione in siffatto (diverso) ambito culturale e scientifico".

Di diverso avviso il Cnf che dopo aver richiamato il dato letterale afferma che la norma "fissando il regime delle incompatibilità ostative all'esercizio della professione di avvocato, esplicitamente tratteggia, per di più, le eccezioni, che, costituendo un numerus clausus, non sono assoggettate ad interpretazione analogica". "I soli casi - prosegue - nei quali è, quindi, consentita la coeva iscrizione sono quelli attinenti agli albi dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, dei consulenti del lavoro, all'elenco dei pubblicisti ed al registro dei revisori contabili". Esiste, di conseguenza, incompatibilità tra l'iscrizione all'albo degli Avvocati e quella degli Odontoiatri, "in quanto siffatta ipotesi non è annoverata tra quelle che rendono possibile la contemporanea iscrizione".

E siccome secondo la norma la sola simultanea iscrizione ad un altro albo professionale è ostativa di per sé, "non occorre neanche verificare la continuità dell'esercizio in concreto della professione ritenuta incompatibile"; essendo sufficiente la sola l'iscrizione in un albo professionale, diverso da quelli esplicitamente elencati, per poter determinare l'incompatibilità con quella nell'albo degli avvocati, non essendo necessario, affinché tale condizione si realizzi, che la differente attività di odontoiatra sia effettivamente esercitata. Inoltre, considerato che la disciplina dell'incompatibilità è volta ad assicurare la professionalità dell'avvocato e l'indipendente esercizio della sua attività, non ricorrono le condizioni per sollevare una questione di legittimità costituzionale, come richiesto dal ricorrente, nè sussistono dubbi di compatibilità con i principi dell'Unione Europea.

Bocciata anche la doglianza procedurale relativa al fatto che l'audizione dinanzi al COA si è tenuta in video-conferenza e dunque "con modalità lesive del suo diritto ad esporre compiutamente le proprie difese". Il Cnf ricorda che l'articolo 73 del Dl n. 18/2020 ha reso possibile, in via generale, in conseguenza dell'emergenza pandemica, le riunioni da remoto degli organismi collegiali di diritto pubblico che non sono affatto lesive del diritto di difesa che può essere validamente espletato anche attraverso l'audizione da remoto.

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