Professione e Mercato

Avvocato sospeso per non aver controllato la Pec nel corso del procedimento

Il Cnf respinge il ricorso del professionista messo panchina per otto mesi dal Cdd dopo che si era “perso” l’opposizione della controparte ad un decreto ingiuntivo per oltre 100mila euro

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di Francesco Machina Grifeo

Non verificare la PEC nella consapevolezza che possa maturare un’opposizione ad un decreto ingiuntivo, “è circostanza che di per sé denota negligenza con le dirette conseguenze in termini di configurabilità della violazione di cui all’art. 26 comma. 3”. E cioè “il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita”. Lo ha chiarito il Consiglio nazionale forense con la sentenza n. 134/2024, depositata nei giorni scorsi, che ha respinto il ricorso di un legale sospeso dalla professione per otto mesi, dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Brescia, per non essersi accorto della notifica PEC di una opposizione a decreto ingiuntivo, il cui giudizio si era poi concluso nella contumacia dell’opposto.

Il professionista si era difeso sostenendo, tra l’altro, che la mancata visione della PEC di notifica era stata una “mera svista”. Per il Collegio la definizione di mera “svista”, rappresenta soltanto “un artificio linguistico dietro cui celare il comportamento negligente, documentalmente provato”.

Inoltre, lo stesso ricorrente aveva negato più volte al proprio assistito l’esistenza di un giudizio di opposizione “così continuando a fornire una falsa rappresentazione della realtà fattuale, ma soprattutto dichiarando l’incapacità di assumersi la responsabilità della c.d. svista”.

Si tratta di una negligenza, prosegue la decisione, che nasce dal “disinteresse” nei confronti delle sorti del cliente, ed è certamente rilevante e si pone “al di sotto della diligenza media”, proprio perché al ricorrente era chiaro che si sarebbe potuto trovare innanzi ad una opposizione e dunque “avrebbe dovuto usare il massimo della diligenza nella verifica di eventuali PEC”.

Tale condotta configura anche la violazione degli articoli 9,10 e 12 del codice deontologico in quanto “il disvalore del comportamento negligente è fornito proprio dalla mancata costituzione nel giudizio di opposizione”. Infine, i “consigli” che il ricorrente ha veicolato nei confronti dell’assistito, sono tutti connessi al tentativo di celare le effettive responsabilità derivanti dalla “svista” ed appare incomprensibile, prosegue il Cnf, “l’insistere sull’idea che si possano fornire consigli frutto di confusione e ritenere che ammettere la confusione o la svista possa scriminare un comportamento negligente e superficiale”.

Mentre è corretta la determinazione della sanzione tenuto conto “anche e non solo dell’entità del danno, a nulla rilevando le scelte successive del difensore subentrante e la proposizione dell’appello con relativo esito”. È, infine, “incomprensibile appare il richiamo allo stato di insolvibilità del debitore”.

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