Civile

Aziende in salute se i flussi di cassa sono adeguati

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di Alessandro Galimberti

Se i debiti tributari delle aziende fallite (un milione circa nel decennio 2006/16, l’11% sfociato in procedure ) ammontano a 150 miliardi di euro il problema della crisi d'impresa esiste e va risolto. Se la riforma targata Rordorf sia la panacea lo dirà, come al solito, solo il tempo ma in attesa degli iter parlamentari, e della definitiva entrata in vigore, è giusto ripartire dalle riflessioni sul passato per evitare errori ciclici. «L’anatomia delle situazioni di crisi, caratteristiche, cause e sintomi di declino e crisi» è stata al centro del convegno di formazione per commercialisti e avvocati, con ospiti i magistrati, svolto ieri a Genova con la partnership del Sole 24 Ore e la folta partecipazione di professionisti locali.

Il merito della riforma non è solo quello di togliere lo stigma anche lessicale del fallimento, ma soprattutto di separare concettualmente le situazioni di insolvenza da quelle di crisi. I problemi però iniziano proprio qui, considerato che alle avvisaglie di crisi domani faranno da contraltare le procedure di alert sia endogene (i sindaci) sia esogene (gli enti e agenzie pubblici creditori), con i relativi problemi di riservatezza, cioè di reputazione e quindi di merito creditizio. In questo le norme, vecchie e nuove, non forniscono una guida “scientifica”; quindi, il tema è trovare una linea di indirizzo che tenga insieme le esigenze opposte della legge: sostenere la continuità aziendale senza riprodurre il disastro delle riforme di 15 anni fa, soprattutto sul versante dei concordati in bianco.

Secondo Marcello Pollio, consigliere dell'Odcec di Genova, il termometro della salute aziendale è dato dall'adeguatezza dei flussi di cassa analizzati in prospettiva: «Solo da qui capiamo se l’impresa può risanarsi o meno - ha detto Pollio -; nel qual caso abbiamo registrato anche indici temporali altissimi, con piani di rientro di 18 anni, ma purché alla base ci sia un corretto flusso finanziario. Il bilancio, invece, come report di dati statici, è del tutto inadatto a predire e prevedere». Per Alessandro Danovi, associato di Economia e gestione delle imprese dell'università di Bergamo, il bilancio delle riforme dei primi anni 2000 non è così negativo; tuttavia la congiuntura costringe a confrontarsi con una «controriforma» che riporta gran parte delle decisioni sotto l’ombrello giurisdizionale, e, lato azienda, nelle nuove procedure di governance che sono la vera sfida culturale del prossimo decennio.

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