Cancellato dall'albo l'avvocato che non comunica all'ordine il proprio domicilio
Per il CNF va disposta la cancellazione dall'albo nei confronti dell'avvocato che non comunica al COA il proprio domicilio professionale nel circondario
Rischia la cancellazione dall'albo l'avvocato che non comunica all'ordine il proprio domicilio professionale nel circondario. È quanto ha disposto il Consiglio Nazionale Forense nella recente sentenza n. 217/2021 confermando la sanzione della cancellazione nei confronti di un'avvocatessa che, dopo aver subito lo sfratto per morosità dal proprio precedente studio, aveva omesso di comunicare all'Ordine professionale il nuovo domicilio, risultando non solo priva di uno studio ma anche irreperibile alla propria residenza anagrafica.
Il ricorso al CNF
La legale impugna il provvedimento sostenendone l'illegittimità per tutta una serie di motivi: dalla nullità della notifica all'inapplicabilità della legge n. 247/2012, in quanto iscritta prima dell'entrata in vigore della stessa; sino al difetto di attribuzione della comunicazione di avvio del procedimento e alla violazione del Codice dell'amministrazione digitale.
La professionista sostiene, inoltre, la sufficienza della sua autocertificazione circa la residenza in Firenze e l'inesistenza del provvedimento di cancellazione, stante la mancata pubblicazione della delibera sul sito del COA.
Lamenta poi la violazione della legge 241/1990 e conseguente nullità per difetto di motivazione; trascrivendo una sentenza della Ccue la quale rileva che, per gli avvocati stranieri non vi è obbligo di residenza e solleva l'eccezione di legittimità costituzionale in relazione agli articoli 4 e 10 commi 1 e 2, nonché la violazione della privacy in ordine alla richiesta dell'indirizzo di Studio, ritenendo che il trattamento dei dati sia di competenza dello stato civile, non del COA, stante il rilevante interesse pubblico.
Alla luce di tutti i rilievi, la legale chiede la revoca, la declaratoria di nullità anche in azione di annullamento e inefficacia del provvedimento di cancellazione.
Le motivazioni del Consiglio dell'Ordine
Il COA di Firenze, dal canto suo, si costituisce e, dopo aver rilevato che il ricorso appare disorganico e confuso, assolutamente incomprensibile, ricostruisce l'intera vicenda del procedimento amministrativo che ha portato all'emanazione del provvedimento impugnato, doveroso per l'interesse pubblico posto a base della regolamentazione dell'esercizio della professione forense, con la necessaria applicazione della Legge Professionale, n. 247/2012.
L'ordine mette in rilievo l'assoluto rispetto del principio del contraddittorio e la massima tutela dei diritti della ricorrente, motiva, tra l'altro, la mancata pubblicazione della delibera sul sito del COA proprio per il doveroso rispetto della tutela dei dati sensibili della stessa e ricorda, in relazione alla motivazione del provvedimento di cancellazione che la ricorrente è stata sfrattata con l'assistenza della forza pubblica e che non ha più uno studio e non ha mai fornito indirizzi utili da poter pubblicare sull'Albo, pur potendo, eventualmente, farlo coincidere con la propria residenza anagrafica.
La decisione del CNF
Per il CNF, l'ordine ha perfettamente ragione e il ricorso dell'avvocatessa è inammissibile per assoluta genericità dei motivi, e comunque infondato, oltre che contenente vari e confusi rilievi tutti regolarmente confutati.
Corretta, in definitiva, da parte del COA la cancellazione della ricorrente dall'albo, in applicazione dell'articolo 17 della legge 247/2012, "doverosamente applicabile dal momento della sua entrata in vigore, per non aver voluto comunicare il suo nuovo domicilio professionale, una volta subito lo sfratto per morosità dal precedente studio, neppur volendo indicare, quale domicilio professionale, la residenza anagrafica in Firenze, risultando poi peraltro irreperibile come da certificazione del comune".