Civile

Cassazione, pace fiscale in base al valore del primo ricorso

Sanabili solo le controversie in cui il contribuente ha avuto ragione in entrambi i gradi di giudizio o almeno in parte. Si paga il 5 o il 20%

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Definizione delle liti tributarie pendenti in Cassazione solo per alcuni procedimenti al fine di deflazionare il carico delle cause giacenti presso la Suprema corte. Secondo i più recenti dati, il 42,6% delle controversie civili prendenti presso la Cassazione è di natura tributaria (47.364 su un totale di 111.241). Da qui la necessità di prevedere una sanatoria.

Gli atti definibili

Sono definibili su istanza del contribuente le controverse pendenti innanzi alla Cassazione al 15 luglio 2022. Per espressa previsione, il riferimento è alla notifica dell’impugnazione alla controparte entro tale data non essendo necessaria anche la costituzione in giudizio presso la Corte.

Sono escluse le liti instaurate dal contribuente allorché sia stato soccombente in entrambi i gradi di merito. Sono definibili, infatti, solo i procedimenti in cui il contribuente abbia avuto ragione:

1) nei due giudizi di merito;

2) almeno in parte in uno dei due giudizi.

Così il contribuente può definire le controversie in cui ha sempre vinto nei precedenti gradi, ma non quelle in cui sia risultato soccombente.

Da evidenziare che, se l’oggetto della definizione è strumentale all’alleggerimento del carico del contenzioso pendente presso la sezione tributaria, vuol dire che buona parte di esso è stato generato dall’agenzia delle Entrate (altrimenti non si giustificherebbe l’esclusione delle liti intraprese dal contribuente dopo la soccombenza in due gradi di merito). Tale circostanza dovrebbe far riflettere sulla opportunità che gli uffici, in futuro, si rivolgano sempre e comunque alla Cassazione, nonostante le precedenti soccombenze.

Il valore della causa

L’ulteriore singolare delimitazione è la previsione non solo di un valore delle cause definibili ma dalla differenziazione di tale valore a seconda che il contribuente abbia vinto in entrambi i gradi di giudizio o soltanto in parte.

Nel primo caso sono definibili le controversie fino a 100mila euro (previo pagamento del 5% del valore), nel secondo caso, invece, solo quelle non superiori a 50mila euro (previo pagamento del 20% del valore). Non si comprende tale distinzione che rischia di risultare una beffa per il contribuente, il quale ha più possibilità di definizione solo se ha avuto sempre ragione nei precedenti gradi, mentre ove sia risultato soccombente ha minori facoltà.

Da notare, peraltro, che tale valore è riferito all’atto introduttivo del giudizio di primo grado e non al ricorso per Cassazione con la conseguenza che a nulla rileva l’eventuale abbattimento della iniziale pretesa dell’ufficio nelle decisioni di merito.

Cause escluse

Sono escluse dalla definizione agevolata le controversie concernenti anche solo in parte:

– le risorse proprie tradizionali e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

– le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.

Le somme versate

Ai fini della definizione si tiene conto dei versamenti già effettuati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. Le somme versate, ove eccedenti rispetto a quanto dovuto, non sono rimborsabili.

Ciò comporta che se il contribuente sia stato soccombente in tutto o in parte in secondo grado, poiché l’ufficio procede alla riscossione di tutta la somma, comprese sanzioni e interessi, è verosimile che abbia già versato più di quanto dovuto per la definizione (20%) se non addirittura l’intera somma. Potrebbe, pertanto, non avere alcun interesse alla sanatoria.

I precedenti rifiuti

Un aspetto positivo sembra invece emergere dalla previsione della definizione di tutte le controversie pendenti (nei limiti indicati in precedenza) e non solo di quelle relative ad atti impositivi in senso stretto (come avvenuto in passato). Dovrebbero, quindi, rientrarvi anche le varie liti che, secondo gli uffici, non potevano essere sanate in precedenza (ad esempio cartelle di pagamento a seguito di attività di liquidazione) in quanto conseguenti non ad atti impositivi in senso tecnico, ma a meri atti di liquidazione.

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