Cie, disapplicato il Dm che impone la dicitura padre e madre ai genitori omosessuali
La Cassazione ritiene legittimo adottare le indicazioni di genitore o di genitore/madre e genitore/padre per il rilascio del documento d’identità valido per l’espatrio del figlio adottato dalla compagna della madre naturale
La coppia omoaffettiva, di cui una delle due persone abbia adottato il figlio naturale dell’altra, ha diritto a che il minore sia dotato di un documento di identità esattamente rappresentativo della sua reale famiglia e di come essa sia composta. L’indicazione dei due componenti la coppia, richiesta dalla prassi amminstrativa per il rilascio della carta di identità elettronica del minore, esclusivamente come madre e padre - invece di genitore e genitore o madre/genitore e padre/genitore - non risponde a tale fedele rappresentazione del nucleo familiare cui appartiene il minore. Ciò viola il diritto dei figli adottivi che di fatto entrano a far parte anche della famiglia dell’adottante. Anche quando si tratti di adozione in casi particolari come previsto dalla legge del 1983 n. 184.
Come conferma la Corte di cassazione civile - con la sentenza n. 9216/2025 - è legittima in tali casi la disapplicazione del decreto del ministero dell’Interno che non consente altro che l’indicazione dei due genitori come padre e madre. Da cui il rigetto del ricorso del Ministero deciso dai giudici di legittimità, che hanno confermato l’ordine impartito dai giudici di merito affinché l’annotazione dei due genitori per il rilascio del doumento del loro figlio tenesse conto della loro appartenenza allo stesso sesso. La coppia in questione era formata da una madre naturale e da una madre adottiva. Ed essendo stata regolarmente annotata nei registri dello stato civile la sentenza di adozione le due donne, che avevano creato una famiglia attorno alla filiazione tanto naturale quanto adottiva e con tutte le conseguenze in termini di diritti e doveri di un genitore, chiedevano che tutte le documentazioni relative alla loro genitorialità fossero rappresentative della realtà del nucleo familiare in cui era legalmente e di fatto inserito il proprio figlio.
Come avevano affermato i giudici di merito di I e II grado, stando al Dm Interno si sarebbe creato un disallineamento - non fra la situazione di fatto e quella di diritto, giacché la sentenza di adozione era stata ritualmente annotata nell’atto di nascita del minore ex articolo 49, comma 1, lettera a) del Dpr 396/2000 - bensì fra la situazione di diritto emergente dagli atti dello stato civile e il contenuto della carta di identità rilasciata al minore.
La Cassazione conferma la legittimtà della decisione impugnata dove aveva ordinato al Ministero dell’Interno - previa disapplicazione per illegittimità del decreto ministeriale del 31 gennaio 2019 - di indicare sulla carta d’identità elettronica del minore la dicitura “genitore” o, in alternativa, “genitore/padre genitore/madre” in corrispondenza dei nomi delle due madri. Ciò non viola -come lamentato dal ministero - il concetto fondamentale della bigenitorialità che garantisce l’esercizio della potestà e delle prerogative discendenti dalla filiazione a entrambi i genitori.
Va invece condivisa, secondo la Cassazione, la posizione espressa in giudizio dalle due donne contro la prassi ministeriale secondo cui - per giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di legittimità - anche l’adozione del minore in casi particolari produce effetti pieni e fa nascere relazioni di parentela con i familiari dell’adottante tali che non è possibile stabilire delle regole in base alle quali sulla carta di identità possano essere indicati dati personali difformi dalle risultanze dei registri di stato civile da cui quei dati sono estratti. Inoltre, le due madri sostenevano che un documento così formato non avrebbe appieno consentito di recarsi all’estero col minore perché atto a creare discrasie tra lo status di figlio di entrambe e le indicazioni contenute nel documento, che esse chiedevano appunto fosse valido ai fini dell’espatrio e fruibile insieme o disgiuntamente da entrambe le richiedenti.
Quindi l’effetto finale, irragionevole e discriminatorio, applicando puntualmente il Dm al caso della coppia genitoriale omosessuale, sarebbe stato quello di precludere al minore di ottenere una carta d’identità valida per l’espatrio a causa delle deficitarie caratteristiche della stessa, solo perché questi era figlio - anche legalmente riconosciuto - di un genitore naturale e di uno adottivo dello stesso sesso.
In conclusione, una volta che il Legisatore ha previsto l’adozione in casi particolari, da cui può determinarsi la presenza di due genitori dello stesso sesso va affermato che le sole diciture madre e padre contemplate nei modelli ministeriali non sono realmente rappresentative di tutte le legittime conformazioni dei nuclei familiari e dei relativi rapporti di filiazione.