Penale

Colpa medica, l’infermiere di pronto soccorso deve monitorare il paziente in codice verde

Non basta la compilazione dei dati personali e la rilevazione dei parametri vitali, ma il paramedico deve ripetere l’osservazione del paziente posto in attesa dell’intervento medico e riportare i dati completi dei sintomi riferiti

di Paola Rossi

L’infermiere addetto all’accoglienza dei pazienti nel pronto soccorso non è certamente tenuto a procedere a una diagnosi, ma il suo compito non si limita alla mera rilevazione dei parametri vitali ai fini dell’attribuzione del codice d’urgenza o di differibilità dell’intervento del medico. Egli è tenuto, infatti, oltre a rilevare i dati del paziente anche a prestare attenzione agli elementi che emergono dall’osservazione di alcuni sintomi manifesti o riportati dallo stesso paziente o dai familiari accompagnatori o dai soccoritori.

La Corte di cassazione - con la sentenza n. 15076/2025 - ha riconosciuto la responsabilità dell’infermiere che non aveva valutato la crisi respiratoria in cui versava il paziente che aveva dichiarato di essere affetto da episodi gravi di asma e che poi era deceduto per arresto cardiaco a causa dell’inadeguatezza per intempestività dell’intervento del medico che invece di essere debitamente sollecitato con urgenza era stato ritardato a causa dell’attribuzione del codice verde al paziente sotto crisi asmatica. L’infermiere nel caso concreto aveva ad esempio mancato di acclarare se il soggetto dicharatamente asmatico fosse allergico, il che impone di intervenire con tempestività per il rischio di avvenuta assunzione di sostanze scatenanti l’allergia.

I giudici hanno ritenuto sussistente da parte dell’imputato infermiere la violazione delle linee guida per il triage adottate dalla conferenza Stato-Regioni del 25 ottobre 2021. In particolare era risultata non rispettata la prescrizione di doversi accertare dell’andamento dello stato di eventuale ingravescenza del sintomo manifestato o dichiarato dal paziente, durante la sua permanenza nell’area di pronto soccorso e anche successivamente ai primi rilievi fatti al momento dell’ingresso ospedaliero.

Nel caso si era verificata una lunga attesa di oltre tre quarti d’ora prima che il medico potesse intervenire in quanto impegnato in altra visita medica e non allertato dall’infermiere di essere in presenza di un necessario intervento d’urgenza. Urgenza sicuramente integrata da un evento di crisi respiratoria a carico di soggetto allergico. In effetti, l’infermiere - pur in presenza di una respirazione difficoltosa e connotata da sibili - si era attenuto nell’attribuire il codice verde alla rilevazione del dato dell’ossigenazione, che risultava appunto entro i parametri almeno al momento dell’ingresso nel pronto soccorso.

Quindi l’infermiere avrebbe potuto avvedersi dell’ingravescenza delle difficoltà respiratorie denunciate dal paziente deterioratesi in vera e propria crisi asmatica grave, se almeno lo avesse monitorato successivamente alla prima rilevazione dei dati che non è ciò in cui si esaurisce il proprio compito.

Seppure l’infermiere non sia tenuto a formulare una diagnosi, il suo compito in sede di triage cioè di valutazione dell’urgenza di somministrare al paziente le cure attraverso un sollecito intervento del medico, non si arresta alla misurazione dei parametri vitali, ma anche alla presa in considerazione delle dichiarazioni del paziente o di chi lo accompagna o l’ha soccorso e, soprattutto, a mantenere e ripetere l’osservazione delle condizioni del soggetto posto in attesa per l’attribuzione di un codice di non urgenza.

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